Il nostro viaggio nei toponimi elbani oggi si alza decisamente di quota. Percorreremo dunque i crinali che formano l'ossatura dell'isola.
Come non iniziare con la vetta maggiore dell'isola, il monte Capanne. Un toponimo più arduo da decifrare di quanto si pensi. In passato si trova anche al singolare, monte della Capanna, e non sembrerebbe essere un toponimo molto antico: le prime attestazioni non vanno oltre la seconda metà del Settecento. Questo farebbe decadere l'ipotesi di Michelangelo Zecchini di farlo derivare da un termine etrusco: capne o càpane. Silvestre Ferruzzi (“Signum”, Isola d'Elba, 2010, pag. 13, nota 74) riporta l'origine “alla presenza dei tipici domoliti pastorali elbani in pietra (capanne)”. Tuttavia è ormai accertato che essi sono stati realizzati in tempi molto recenti, attestabili alla prima metà del XX secolo (cfr. l'articolo del 2016 dello stesso Ferruzzi, che si può leggere qui). Tuttavia non è detto che l'ipotesi decada del tutto: non si tratterebbe delle capanne in pietra, ma potrebbe trattarsi di più antiche, semplici capanne pastorali di legno, anch'esse sparse sulle pendici.
È interessante notare che toponimi simili ricorrono sull'isola in altre due località, e forse non a caso due alture: il monte Capannello, sopra Rio, e il monte Mar di Capanna, sopra Porto Azzurro. Zone anche queste in passato dedicate alla pastorizia. La forma al singolare che in tutti e tre casi ricorre o ricorreva però potrebbe far davvero pensare a una capanna impiantata sulla cima. Si potrebbe dunque fare un'altra ipotesi: che su tutte e tre le vette fossero installate postazioni militari di vigilanza costiera, appunto in forma di semplice capanna, di cui oggi non resterebbero più tracce.
Il massiccio occidentale presenta altre cime dagli interessanti nomi. Sul versante ovest si trova il monte Giove, toponimo che ricorre anche sul crinale nord-orientale dell'isola, deriva da “iugum”, per la conformazione della vetta. Il monte Schiappone, 296 metri sopra Pomonte: esattamente come le località costiere di Schioppo, Schiappino e Schiopparello, deriva dal latino “scopulus”, stavolta inteso come rupe. Interessante è il monte Orlano, forse anch'esso derivante da un termine latino, “orulus”, inteso come margine, stante a indicare l'estremità del crinale sud-occidentale del monte Cenno. Quello che oggi è detto colle di Tutti si trova in passato come Dutti, e potrebbe derivare da “ductus”, inteso come fosso, per i numerosi corsi d'acqua che solcano le sue pendici.
Un bel toponimo purtroppo decaduto è il poggio della Pinocchia, ovvero l'altura di 602 metri, su cui sorgono i resti del semaforo di Campo alle Serre, superbo punto panoramico: molto probabilmente deriva dal soprannome di un'antica possidente (una località Pinocchiello è anche a Capoliveri). Il Troppolo, altura occidentale del massiccio, da cui si ha un altro splendido affaccio sulla Corsica, è un vernacolo dei vignaioli elbani che indica un elemento squadrato di legno impiegato per la spremitura del vino, probabilmente assimilato alla forma della cote che caratterizza la zona.
A proposito di affacci, è da rilevare che su ogni versante del massiccio sono distribuiti ben 7 toponimi che derivano dal verbo comune a Corsica ed Elba occidentale “affaccà”: tre Affaccatoio, un Affacciatoio, un'Affaccata, un Facciale e una Facciatoia. Tutti nomi che indicano luoghi aperti e panoramici in entrambe le isole. È significativa questa comunanza, già rilevata da Romualdo Cardarelli (“Comunanza etnica degli elbani e dei corsi”, Livorno, 1934, pag. 16), che scrive: “Trova senza dubbio il suo corrispondente toscano in Bellavista e Belvedere, molto frequenti”. Infatti mentre Belvedere è un toponimo distribuito su tutta l'isola, i derivati da “affaccà” sono esclusivi dell'Elba occidentale, non a caso quella dall'antica parlata più simile al corso.
Sul crinale del massiccio, su cui oggi corre l'unico sentiero dell'isola per esperti alpinisti, raramente scadente sotto i 900 metri di quota, si trova una serie di nomi riferiti alle caratteristiche orografiche: Tabella e Tavola, Stretta e Malpasso, i monti Cote e Corto, le Calanche. I più interessanti sono però Filicaie, derivante dal latino “filicarium”, ovvero felceto, facendo riferimento alle ampie praterie formate da Pteridium aquilinum; e il Passo di Bergo, che potrebbe derivare dal germanico “berg” (altura) o da “berga”, ovvero rifugio, forse inteso come grotta. Ma soprattutto Galera: questo toponimo ricorre almeno 6 volte sull'isola, equamente ripartite tra località collinari e costiere. In questo caso l'associazione al tipo di nave antica è preferibile (forse per casi di naufragi o incidenti in prossimità di esse). Per i luoghi in pendice invece si deve molto probabilmente parlare di strutture chiuse e dagli alti muri a secco, di uso pastorale o agricolo.
Dai crinali orientali del massiccio si scende attraverso il monte Maolo, che secondo Remigio Sabbadini farebbe riferimento a un nome romano (Marius o Mariolus), ma è più condivisibile la tesi di Ferruzzi, che derivi da “maior”, ovvero vetta maggiore, forse perché tale sembrava rispetto alle altre, vista dal basso; mentre Perone è molto probabilmente una corruzione di Serrone. Inizia quindi la vertiginosa discesa verso il poggio San Prospero, dove forse in passato si trovava una cappella intitolata al santo e oggi si trova il casotto della presa del vecchio acquedotto che nel secolo scorso riforniva Portoferraio, come ricorda la lapide marmorea su di esso affissa. La Pietra Acuta, con la svettante cote panoramica. Colle Reciso, omonimo di quello portoferraiese. E infine monte Castello, con i resti del villaggio fortificato etrusco, che fa quasi da ponte per le alture dell'Elba centrale. Ma questa sarà la prossima escursione virtuale.
Andrea Galassi