Il “carta da zucchero” ai più richiama un colore. A me viene subito in mente la carta, di quel colore, con cui Morando (qualcuno lo ricorda?) avvolgeva, oltre che lo zucchero, anche la pasta sfusa (spaghetti e rigatoni) che prendeva dai cassettoni vetrati del suo negozio in piazza a Portoferraio (poi occupato dal Kursaal bar). Sullo stesso fronte si trovavano il “Quarantotto”, dove si trovava di tutto, e la tabaccheria dello Zuccotti. Davanti allo storico Castagnacciaio c’era Tullia, con la mescita del latte, dove si andava con le onnipresenti “bombole” di alluminio da uno o da due litri. Sempre in via del Mercato Vecchio, sull’angolo opposto rispetto al polpaioBacocco, c’era il macellaio Virgilio e, poco più in là, il “Norcino”. La mia famiglia comprava la carne “dal Calistri”, la cui grande fama era legata alle sue origini da Montecatini. Per il pesce c’era la barca di Giulio Grieco. Tutte queste persone, ognuna a suo modo, avevano una competenza variegata. Che cosa li univa? Un aggettivo: nostrale. È nostrale? Sono nostrali? Queste domande, pronunciate dalla mia mamma e dalle mie nonne con un tono che dava per scontata una risposta affermativa, sono rimaste scolpite nello scorrere della mia infanzia. Mi rendo conto di appartenere all’ultima generazione che è nata e cresciuta in un posto piccolo quanto si vuole ma capace di una quasi totale indipendenza agro-alimentare. Del resto, l’Elba ha goduto per millenni di questa autosufficienza ed è stata questa, più che il ferro, a fare la sua fortuna.
Non vi preoccupate, non vi sto proponendo di tornare ai durissimi anni ’50. Però un qualche ragionamento lo possiamo fare, lo dobbiamo fare.
La pandemia e la crisi economica che verrà hanno impietosamente messo a nudo le nostre debolezze, locali e globali. Su quelle globali non ho titolo né competenze per parlare ma su quelle locali un modesto parere “archeologico” lo posso dare. Anche se non possiamo, né vogliamo né dobbiamo, tornare ai ’50, qualcosa di utile, da quel mondo lo possiamo recuperare e restaurare, magari buttando via qualcosa del nostro tempo. Che cosa? Per esempio, alcune false presunzioni di libertà: il fatto che si debba trovare tutto tutti i giorni, non solo i pomodori a gennaio o i totani a luglio ma anche “i biscotti del mulino rosso per babbo, quelli del mulino verde per il bimbo” e così via, in una dimensione ormai stravolta dove non ci sono più prodotti ma solo merci e sono le merci a scegliere noi e non viceversa.
Proviamo a tornare a produrre beni primari. Non sto dicendo che bisogna ripristinare la pasta sfusa di Morando o le bombole del latte di Tullia ma possiamo, però, ampliare i seminativi e gli ortivi. Avremo prodotti che costano un po’ di più, questo sarà quasi inevitabile, ma possiamo risparmiare consumando meno carne (la cui produzione ha, peraltro, forti impatti ambientali oltre che economici). Possiamo incentivare la produzione di olio, anche di qualità. Possiamo incentivare la produzione di frutta (le pesche del Pisaroni a Schiopparello…) e farne un attrattore, anche dal punto di vista turistico.
Tutto questo può diventare ancora più importante ove si pensi che alcuni esperti stanno cercando di definire i problemi legati allo scoppio della cosiddetta “bolla gastronomica” (per saperne di più, leggete l’articolo pubblicato sul sito della Accademia dei Georgofili; il link lo trovate in calce). Paradossalmente, abbiamo troppa produzione alimentare e poca agricoltura, consumiamo troppi cibi ma di scarsa qualità. La mia domanda, da profano, è: possiamo provare a restituire a quest’isola una sua specificità agricola, che la protegga dai tempi duri e che al tempo stesso le dia anche degli attrattori che ne valorizzano l’immagine? Possiamo provare ad avere agronomi, vitivinicoltori, imprenditori e ristoratori che siano anche gli ambasciatori di una nuova civiltà dei consumi e di un nuovo stile di vita?
Tutto questo, opportunamente coniugato con gli enormi valori storico-culturali, con le risorse dei quadri ambientali e con il restauro della qualità delle vacanze, può portare lontano. Cerchiamo, anche, di suggerire alla classe politica e amministrativa, nuovi indirizzi e invitiamoli a reperire finanziamenti e risorse.
A questo punto, la parola passa a… tutti quegli ottimi amici, agricoltori, vitivinicoltori, imprenditori e ristoratori, ai quali, in privato, chiederò di intervenire.
Franco Cambi
http://www.georgofili.info/contenuti/la-bolla-gastronomica-che-sta-per-scoppiare-a-causa-del-coronavirus/14959?fbclid=IwAR2LlnkP7QTeamO3rvynBGh8H3PsJUJCUasG4S8DHNht_VkPgJGYljW7ZYM#.Xp_y905M6dg.facebook