Nel 1947 fu cancellato con un tratto di penna (Decreto del Capo Provvisorio dello Stato Enrico de Nicola, del 6 maggio 1947; una copia si può vedere in VALDO VADI, “Porto Azzurro Nascita, vita e vicende”, Torino, 1986) uno dei toponimi più antichi dell'Elba: Porto Longone. Oltretutto per cambiarlo con un non esaltante Porto Azzurro. Tra parentesi, c'è voluto anche un po' di sadismo a trovare una parola con la doppia erre, data la renitenza degli elbani a pronunciarla: così nella parlata comune tutti diranno sempre Portazzuro. Altra nota divertente è la denominazione burocratica degli abitanti: portoazzurrini. Senza esagerare, nel mio quasi mezzo secolo di vita, avrò sentito definire i longonesi quali portoazzurrini non più volte di quante se ne contino su una mano. Al più portazzuresi. Ma mai quanto longonesi, appunto, o vaporini.
Il nobile toponimo Porto Longone, o più semplicemente Longone, si trova nella forma Portus Longe già nella Tabula Peutingeriana, una mappa medievale, copia di un viario militare di epoca romana. È molto probabile che la radice sia il latino “longus”, a sottolineare la lunghezza della baia di Mola, la più incuneata dell'isola, da sempre sicuro approdo, tanto che i suoi fondali hanno restituito cospicui resti di carichi di navi romane.
Spigoliamo un po' tra le località principali. Mola è un altro toponimo che fa riferimento a un approdo, in latino “moles”. Reale è una derivazione di rio o riale, quindi il fosso che forma la sua ampia vallata. Due altre derivazioni di corso d'acqua sono anche Buraccio e Botro. C'è voluta molto probabilmente una leggenda o diceria per dedicare una spiaggia al comandante Barbarossa, terrore dell'Elba alla metà del Cinquecento: ma è tutto da vedere se il celebre kapdan i-derya sia realmente sbarcato su questo incantevole arenile.
Nell'attuale area urbana si trovano interessanti toponimi. Nel pieno centro moderno, lungo il centralissimo viale Italia, si trovavano gli Orti, oggi vivi solo nella mappa catastale ottocentesca. Pieno centro è anche l'interessante Piano delle Anime, un toponimo ricorre almeno altre 3 volte all'isola. Lasciando perdere l'improbabile ipotesi che derivi da una radice etrusca Ani/Anie, è certo in due casi che faccia riferimento a luoghi di culto dedicati alle anime del purgatorio, ovvero quei defunti che i credenti, nel rispetto della carità cristiana, ritenevano essere gravi peccatori ma comunque degni di una futura ascesa al paradiso. Potrebbe benissimo essere il caso longonese, poiché in questo piano sorgeva in passato il camposanto dei detenuti del forte. Altri luoghi che fanno riferimento all'aspetto religioso sono il Calvario e il Santissimo.
Al forte spagnolo sono legati diversi toponimi, tra cui la significativa punta dello Stendardo, su cui sorge, e la Guardiola, in pieno centro. Vincenzo Mellini (“I francesi all'Elba”, Livorno, 1890, pagg. 62-63) ci tramanda anche i nomi dei bastioni difensivi del forte, la cui origine è però spesso difficile da spiegare: Castiglione (da Castellon de la Plana, città catalana, forse di origine di un governatore o del costruttore), Medina (da Medina del Campo, altra città spagnola), Toledo, San Rocco, Zunica (il nome di un governatore o del costruttore, in realtà Zuňiga), Granatieri, Tedeschi e Sangue (questi ultimi tre riferiti molto probabilmente ad assedi, soprattutto quello del 1708).
Ancora pezzi di Spagna sono ravvisabili nell'interessante Cariglio, che potrebbe essere l'italianizzazione di un cognome spagnolo, Carrillo, antico possidente della zona; e nella fonte Pinella, uno degli approvvigionamenti idrici del forte, che potrebbe derivare dal nome di un governatore, Pinel.
Nella zona di Terranera si trova le Serecchie, vernacolo elbano che indica l'Ampelodesmus mauritanicus, pianta che soprattutto nell'Elba nord-orientale forma ampie praterie, colonizzando intere pendici collinari. Alla vegetazione della zona è da riportare anche Namia, poco sotto San Felo: Sabbadini vorrebbe una derivazione dal nome romano Amius o Ammius, ma vale di più il vernacolo elbano “lamaia” (o “lammia”), cioè roveto. L'ampia vallata dell'Acquaviva era tradizionalmente zona agricola, ma anche d'allevamento, così da trovare una località Porcile. A un passato agricolo fanno riferimento i Piani di Masseria, dietro Barbarossa, derivante da “massa”, ovvero possessione, a cui però Remigio Sabbadini dà un'improbabile origine longobarda.
Misteriosa è la spiegazione di Poraso, forse irrimediabilmente corrotto con il tempo. Sabbadini lo fa risalire al nome longobardo Peradeo. Volendo azzardare un'altra ipotesi, si potrebbe cercare una radice latina in “porus”, ovvero roccia chiara. Al colore delle rocce sono senza dubbio riferiti i Sassi Turchini. Un altro interessante toponimo è Palidari, nella zona del Pontecchio: potrebbe derivare dal latino “paritorium”, inteso come luogo franoso. Lo stesso Pontecchio forse fa riferimento a un piccolo ponte, dato che questa era un'area di importanti collegamenti. Mataresa è fatto originare da Sabbadini dal nome romano Materius: l'ipotesi del nome di un antico possidente è plausibile, anche se forse non dobbiamo spingerci fino all'epoca romana. Altro toponimo interessante è Travaglio, che potrebbe essere una corruzione di “tra le valli”, essendo un crinale.
Nel longonese si trovano infine due casi interessanti: Mar di Capanna e Mar di Carpisi. È un'unicità all'Elba trovare due valli nella forma “mar”. Per Sabbadini si tratta di una storpiatura ma non di valle, bensì “è un'estratto di meridiare e meriare; corrisponde a Solana e significa aria aperta”. Volendo provare a formulare un'altra derivazione si può azzardare la radice latina “macer”, cioè terreno arido. Tuttavia, proprio perché un'unicità di una parte dell'Elba tradizionalmente legata alla Spagna, si potrebbe battere la strada di un termine introdotto dagli iberici. L'ipotesi che si avvicina di più è il termine spagnolo “maraňa”, ovvero sterpaio. Ma è un'ipotesi a tentoni, in quanto il termine “mar” è riferito sicuramente a un'espressione comune di una parlata locale antica e ormai perduta. Un altro affascinante mistero da esplorare.
Andrea Galassi