In questi giorni si è ripreso a parlare di scuola anche all'Elba.
Alcuni genitori di Portoferraio hanno manifestato davanti alle scuole primarie chiedendo scuola <<normale>> per i figli. Gli studenti più grandi (Forum giovanile) hanno espresso riserve sulla didattica a distanza e auspicato un ritorno alla didattica in presenza.
Nel frattempo, in tutti i comuni dell'isola è stato ricordato Gianni Rodari, insegnante e scrittore, con flash mob nel rispetto delle norme dei sicurezza. La Conferenza di zona dell'istruzione ha promosso e realizzato, con la collaborazione di altri soggetti, <<letture animate, musicate, disegnate, reinventate sulle più belle spiagge dell'Isola d'Elba, al tramonto, nell'ora perfetta per raccogliersi e sognare>>. Il flash mob <<è stato pensato e organizzato per dare un segno tangibile e un messaggio chiaro: ripartiamo dai bambini, diamo spazio alla cultura, promuoviamo la lettura e l'educazione dei ragazzi, combattiamo insieme la povertà educativa minorile, rimettiamo al centro dei nostri interessi la cura dei giovani>>.
Ritengo che questi e simili eventi stiano facendo emergere il volto meno visibile dell'Elba, ma non di minore importanza. E Rodari anche in questo può offrire elementi di riflessione.
In una delle tantissime favole (<<Tonino l'invisibile>>, riportata integralmente in fondo a questo post) mette in luce proprio il dramma dell'invisibilità. E insieme quello della solidarietà verso chi è invisibile. E' la pedagogia del riconoscimento dell'altro. Sì, perché chi non è amato e non è accolto da nessuno, non esiste, è invisibile.
Oltre alla vulnerabilità e alla fragilità, la pandemia ci ha mostrato la realtà insopprimibile dei legami e della comune appartenenza all'umanità e alla sua sorte (<<siamo tutti sulla stessa barca>>).
Rodari scrisse la <<Filastrocca dell'Amicizia>> con cui demitizzava i vecchio proverbi:
Dice un proverbio dei tempi andati:
“Meglio soli che male accompagnati”.
Io ne so uno più bello assai:
“In compagnia lontano vai”.
Dice un proverbio, chissà perché,
“Chi fa da sé fa per tre”.
Da questo orecchio io non ci sento:
“Chi ha cento amici fa per cento”.
Dice un proverbio con la muffa:
“Chi sta da solo non fa baruffa”.
Questa io dico, è una bugia:
“Se siamo in tanti, si fa allegria”.
Non è facile contrastare l'individualismo attraverso il riconoscimento dell'altro, di chiunque altro.
Non è facile prendersi cura degli altri, sapendo che ciò non mi depotenzia, non mi impoverisce.
Non è facile vincere l'andazzo generalizzato dell'egopatia e costruire solidarietà e amicizia, e quindi allegria e gioia.
Non è facile ma è possibile.
Occorre immaginazione, bisogna sperare l'insperabile per osare scelte umanizzanti per tutti.
Bisogna credere in se stessi. E negli altri. Sembra ricordarcelo Rodari con l'omino dei sogni che a ognuno sussurra <<Vola>>.
Tonino l'invisibile (di Gianni Rodari)
Una volta un ragazzo di nome Tonino andava scuola che non sapeva la lezione ed era molto preoccupato al pensiero che il maestro lo interrogasse. «Ah, – diceva tra sé, – se potessi diventare invisibile...» Il maestro fece l’appello, e quando arrivò al nome di Tonino, il ragazzo rispose: Presente!, ma nessuno lo sentì e il maestro disse: – Peccato che Tonino non sia venuto, avevo giusto pensato di interrogarlo. Se è ammalato, speriamo che non sia niente di grave. Così Tonino comprese di essere diventato invisibile, come aveva desiderato. Per la gioia spiccò un salto dal suo banco e andò a finire nel cestino della carta straccia. Si rialzò e si aggirò qua e là per la classe, tirando i capelli a questo e a quello e rovesciando i calamai. Nascevano rumorose proteste, litigi a non finire. Gli scolari si accusavano l’un l’altro di quei dispetti, e non potevano sospettare che la colpa era invece di Tonino l’invisibile. Quando si fu stancato di quel gioco Tonino uscì dalla scuola e salì su un filobus […]. Tonino […] si avviò verso la scuola, per assistere all'uscita dei suoi compagni. Difatti li vide uscire, anzi, rotolare giù a valanga dai gradini della scuola, ma essi non lo videro affatto. Tonino si affannava invano a rincorrere questo e quello, a tirare i capelli al suo amico Roberto, a offrire un lecca-lecca al suo amico Guiscardo. Non lo vedevano, non gli davano retta per nulla, i loro sguardi lo trapassavano come se fosse stato di vetro. Stanco e un po’ scoraggiato Tonino rincasò. Sua madre era al balcone ad aspettarlo. – Sono qui, mamma! – gridò Tonino. Ma essa non lo vide e non lo udí, e continuava a scrutare ansiosamente la strada alle sue spalle. – Eccomi, papà, – esclamò Tonino, quando fu in casa, sedendosi a tavola al suo solito posto. Ma il babbo mormorava, inquieto: – Chissà perché Tonino tarda tanto. Non gli sarà mica successa qualche disgrazia? – Ma sono qui, sono qui! Mamma, papà! – gridava Tonino. Ma essi non udivano la sua voce. Tonino ormai piangeva, ma a che servono le lagrime, se nessuno può vederle? – Non voglio più essere invisibile, – si lamentava Tonino, col cuore in pezzi. – Voglio che mio padre mi veda, che mia madre mi sgridi, che il maestro mi interroghi! Voglio giocare con i miei amici! È brutto essere invisibili, è brutto star soli. Uscì sulle scale e scese lentamente in cortile. – Perché piangi? – gli domandò un vecchietto, seduto a prendere il sole su una panchina. – Ma lei mi vede? – domandò Tonino, pieno d’ansia. – Ti vedo sì. Ti vedo tutti i giorni andare e tornare da scuola. – Ma io non l’ho mai visto, lei. – Eh, lo so. Di me non si accorge nessuno. Un vecchio pensionato, tutto solo, perché mai i ragazzi dovrebbero guardarlo? Io per voi sono proprio come l’uomo invisibile. – Tonino! – gridò in quel momento la mamma dal balcone. – Mamma, mi vedi? – Ah, non dovrei vederti, magari. Vieni, vieni su e sentirai il babbo. – Vengo subito, mamma, – gridò Tonino pieno di gioia. – Non ti fanno paura gli sculaccioni? – rise il vecchietto. Tonino gli volò al collo e gli diede un bacio. – Lei mi ha salvato, – disse. – Eh, che esagerazione, – disse il vecchietto.