Apostolo dell'anarchia. Tra le tante definizioni affibbiate a Pietro Gori c'è anche questa. Un modo per ammantare la sua figura di una santità laica. Che la dice lunga su quanto egli, forse ancora in vita, non venisse più percepito nella sua dimensione umana, ma in qualcosa di superiore. Per quanto possa sembrare un'altra vuota etichetta, sotto certi aspetti la sua vita ha effettivamente qualcosa di ascetico, tutta votata com'era all'Ideale. Tanto da sacrificare un elemento fondamentale nell'esistenza di un uomo: quello sentimentale. Pietro non ebbe una moglie, non gli si conoscono relazioni stabili o importanti. Eppure le donne furono indubbiamente importanti nella sua vita.
Per esempio la madre. Giulia Lusoni era così descritta: […] attendeva alla casa e viveva riservatamente, molto riservatamente peraltro gentilissima e affabile con tutti, caratteristica, questa, che indubbiamente, in un paesello piccolo e semplice come Sant'Ilario, la faceva distinguere. Nel piccolo borgo elbano, tra l'altro, la signora Giulia nutrì un particolare affetto per un ragazzino che farà molto parlare di sé in futuro e incrocerà la sua vita con quella di Pietro: Giuseppe Pietri.
Pietro non verrà mai meno alla profonda adorazione per la madre. Lo dimostrano diversi suoi scritti, sia in forma poetica che epistolare. Nelle poche liriche dedicate a persone care, nessuna supera in intensità quelle composte per la madre. Il ricordo di lei è specialmente doloroso nei momenti passati in cella. Per tutti valgano questi stralci da due poesie: Su, manette e gendarmi preparate / ch'io non protesto e non m'adiro più: / eccolo il malfattor, via condannate! / Mi basta, o mamma, che m'assolva tu. Il secondo: Dicon ch'io son cattivo, e faccio odiare!... / Dì! Non è falso tutto questo? / Baciami, o mamma, e non ti vergognare; / io sono sempre onesto.
Ecco invece cosa scriveva in una lettera all'amico Ezio Bartalini: Caro Bartalini. Mia Madre, la luce stellare, che sorrise, anche da lontano, alla mia vita randagia e procellosa, è morta, senza ch'io potessi darle l'ultimo bacio. Mentre ella moriva, io parlavo inconsapevole di simile colpo di fulmine sul mio capo, dei diritti operai e delle lotte sociali nella Camera del Lavoro di Vicenza. Che il lettori della “Pace” sappiano dalla tua penna, che si batte prodemente contro le spade, benedetta dai cuori materni, che pure quel cuore soavissimo, su cui i violenti dell'ordine versarono tanto dolore, odiava l'odio e si batteva per l'amore, quell'amore vittorioso su tutte le guerre umane, che fiorirà una primavera di bellezza e di bontà su tutti i figli dell'uomo, sbocciata su dal seno delle madri, come la mia, morta di quella maternità traboccante, che abbraccia tutta la prole del dolore e della speranza.
Completamente diverso fu il rapporto con l'unica sorella, Berenice, detta Bice, più giovane di tre anni. Intanto ella condivideva le idee e la lotta politica di Pietro, e svolse anche un ruolo attivo in favore dell'Idea. In molti momenti difficili gli fu accanto, sia in entrambe le fughe del 1894 e del 1898, sia nella malattia. Negli ultimi momenti della sua vita soprattutto mostrò tutto il suo attaccamento a Pietro. E così sarà dopo la morte del fratello, quando non lascerà cadere nell'oblio il ricordo, anche in tempi bui e difficili. Racconta Sandro Foresi: Era accanto a lui sempre, di giorno e di notte, amica confortatrice, segretaria, infermiera instancabile, diligente, premurosa, la sorella Bice, della quale può forse trovarsi chi la uguagli nell'abilità costituita d'affetto nell'assistere un infermo, ma non è possibile che vi sia chi la superi. Sarà proprio lei l'ultima persona che Pietro vedrà prima di spirare.
Un altro aspetto dell'amore fraterno che li legava lo racconta Pietro stesso in due lettere allo stesso Foresi. Nella prima lo informava: Anche Bice, la mia insostituibile infermiera, è in letto per atroci dolori addominali, dovuti alle ansie e alle fatiche tollerate durante questi tre mesi del mio inferno. In seguito, il 31 maggio 1908, da Rosignano, scriverà: a pena ora conosco il grave pericolo scampato dalla mia buona Bice. A pena adesso Ceci mi informa che l'operazione di lei, durata oltre tre ore, fu una delle più rischiose e difficili ch'egli abbia mai eseguito, in quel genere di affezioni. E malgrado tutto egli assicura che Bice sta tornando più sana e più forte di prima. Ciò mi ritempra alquanto della enorme depressione seguita alla tensione nervosa dei giorni d'ansia.
Anche nelle testimonianze degli elbani che conobbero Pietro e Bice, raccolte nel libro È tornato Pietro Gori (di Patrizia Piscitello e Sergio Rossi, Portoferraio, 2008), viene rimarcato l'attaccamento dei due fratelli. Io, io so che stava sempre con la sorella, con Bice, e per lui la sorella era … il su' dio, ecco! Ma tutti, anche quelli (soprattutto quelle) che non amavano particolarmente Bice, non fanno a meno di notare la differenza di carattere tra i due. Ecco un esempio lampante: La sorella non era di una gentilezza, di una bontà d'animo come poteva essere l'avvocato suo fratello, la sorella era piuttosto un tipo altera, una bellissima donna di facile parola, ma non certo aveva la bontà che aveva l'avvocato Gori.
Negli anni della militanza attiva Bice viveva nella casa di famiglia a Rosignano, anziché con i genitori a Sant'Ilario. Infatti dal continente poteva seguire gli eventi politici con più attenzione che non sull'isola. D'altra parte i due fratelli facevano ritorno all'Elba solo per prendersi un po' di riposo ed evitavano accuratamente di parlare di politica, sia per non angustiare i genitori, sia per rilassarsi dai guai che la lotta procurava loro.
Suo fidanzato era Luigitto Mori, che Pietro aveva conosciuto all'università e probabilmente presentato alla sorella. Nato in America, ma da genitori di Marciana Marina, lo si trova spesso citato nel volume Prigioni, soprattutto nella poesia Intermezzo funebre, dedicata alla prematura scomparsa dell'uomo, che aveva sposato Bice sul letto di morte.
Un'altra donna che ebbe un ruolo importante nella sua vita fu Louise Michel. Ella gli fu sempre sincera amica, e probabilmente lo considerò quasi un figlio, tanto da assisterlo nei momenti drammatici della malattia, quando Pietro fu ricoverato al National hospital di Londra, nel 1896. E anche l'avvocato provò una grande simpatia per quella vecchia pur tanto nella sua bruttezza bella di gioventù ideale, coi capelli grigi svolazzanti, su cui era passato il soffio tragico della rivoluzione parigina. Le dedicò anche la poesia Tempesta di maggio. L'immagine che ne dà nei suoi scritti unisce la donna agli immancabili simbolismi della sua poetica: Due occhi grigi pieni d'infinita dolcezza anche tra i lampi di sdegno umano, stavan fissi, mentr'ella parlava, e come irradiati dalla luce trionfale d'un meriggio lontano. […] “È Luisa...”. Così la chiamava semplicemente il popolo d'ogni paese che la sentiva sorella.
Un'importante testimonianza, anch'essa raccolta nel citato libro di Piscitello e Rossi, la fornisce Giovanna Saladino, moglie di Giuseppe Pietri, che conosceva Pietro piuttosto bene: Ha mai sentito dire di rapporti di Pietro Gori con qualche ragazza? Oh! Una cosa che ho domandato tante volte a mio marito e lui non sapeva assolutamente niente. È una cosa misteriosa della sua vita... ho domandato spesso: ma lui un'innamorata, un'amante non ce l'aveva? Forse l'avrà avuta fuori, chi lo sa? Forse questa sua vita impegnata...
Eppure qualche amore fugace Pietro lo lasciò trasparire dai suoi scritti. Per esempio in una lettera a Edoardo Milano, da Amsterdam, nel luglio 1895, scrive tra parentesi: c'è stata, figurati, anche una pagina d'amore. Quel figurati pesa molto: come se una pagina d'amore rappresentasse per Pietro solo un'evasione dalla sua “missione”. D'altra parte questo sentimento sembra esplicitarlo meglio in una poesia, Amore libero, che dedica a una misteriosa Olga, i cui toni piuttosto appassionati – Ecco l'amor […]: accarezzo le tue carni e disprezzo ogni legge del mondo – sono destinati a naufragare con la chiusa: All'amore tuo, fanciulla, altro amore io preferia: è un Ideal l'amante mia, a cui detti braccio e cor.
p.s. Buon compleanno, Pietro.
Andrea Galassi