Una tempesta si abbatté sulla nave. Alex non sapeva cosa fare, era in un angolo della sua cabina, con il suo cane Billy e sentiva i marinai gridare. Rimpiangeva di essere partito con suo padre, il quale in quel momento si trovava ad urlare numerosi ordini ai marinai tenendo a stento il timone. Alex sognava di essere come lui che sapeva mantenere la calma in ogni situazione critica. Invece lui stava lì, in quel buio angoletto della cabina, rannicchiato mentre stringeva il suo fidato amico peloso. Entrambi erano terrorizzati. Ad un certo punto sentì i tuoni provocati dalla burrasca rimbombare profondi, udì i marinai gridare cose incomprensibili, una voce colpì il ragazzo il quale iniziò a gridare paralizzato dal-la paura. La nave stava affondando. Si trovò con la faccia contro la porta, riuscì a stento ad aprirla e si trovò sul ponte con Billy al suo fianco. Dopo quel momento la scena gli sembrò di andare al rallentatore con suo padre che gli stava venendo incontro cercando di afferrarlo, era spaventato e gridava il suo nome. Quello fu il suo ultimo ricordo. Si svegliò, sentì la sabbia tra le dita, il rumore delle onde che si infrangevano sulla riva della spiaggia e il melodioso cinguettio degli uccellini. Alzò a fatica la testa, ma sentì un forte dolore spargersi per tutto il cor-po. Si mise, con molta fatica, a sedere. La vista si stava pian piano facendo più nitida. Vide il pastore tedesco giocare con un rametto e sorrise vedendo la spensiera-tezza del cane. Riuscì ad alzarsi e decise di andare ad esplorare l'isola
“Magari c'è qualche marinaio sopravvissuto, oppure papà”
pensò. Si diresse su un sentiero che si addentrava nella giungla. Billy lo seguì scodinzolante, con in bocca il bastoncino. Riuscì, dopo mezz'ora di camminata, a scorgere una capanna e un vecchio signore seduto su una sedia davanti ad essa. Il vecchietto sembrava essere un po' basso e con una discreta pancia. I capelli erano pochi e biancastri, il na-so era appuntito e le labbra gli conferivano un'aria imbronciata. La cosa che colpì Alex furono le grandi sopracciglia grigiastre, aggrottate in un'espressione arrabbiata. Indossava dei pantaloni, se così si potevano chiamare, e un paio di sandali entrambi in pelle. Aveva numerosi tatuaggi, collane e teneva gli occhi chiusi mentre fumava una pipa.
“Buongiorno”
esclamò timidamente il ragazzo. Il vecchio aprì un occhio
“Che vuoi moccioso?”
chiese con voce roca e scontrosa.
“Avete per caso visto qualche uomo in giro?” balbettò un po' spaventato.
“No! Adesso levati dai piedi!”
rispose sputacchiando.
“Ma...”
“Vattene, ho detto!”
Rispose il vecchio urlando. Alex scappò impaurito, con Billy al seguito. Corse più lontano possibile da quel vecchio. Finché non si fermò esausto in una piccola radura. Improvvisamente il ca-ne, che era stato zitto fino a quel momento, iniziò ad abbaiare furioso verso un punto impreciso tra gli alberi.
“Chiunque tu sia vieni fuori!”
gridò Alex. Sentì una risata che gli fece raggelare il sangue. Avvertì un leggero tocco sulla sua spalla destra, si girò e per poco non inciampò addosso a Billy. Una ragazza poco più bassa di lui era a pochi centimetri dal suo viso. Aveva lunghi capelli verdastri e arruffati. Gli occhi grigi erano semiaperti, la pelle era pallida e un largo sorriso agghiacciante solcava il suo volto. Indossava una strana tunica color porpora con un cappuccio dota-to di quelle che sembravano essere delle orecchie e gli arti visibili erano avvolti in una gran quantità di bianche bende.
“Ti sei perso?”
chiese inclinando leggermente il capo. Alex annuì incerto, non sapendo se fidarsi o meno di lei. Anche se il suo aspetto era strano gli era stato sempre detto di non giudicare dalle apparenze, quindi decise di affidarsi a lei, anche perché non voleva tornare dal vecchietto.
“Se vuoi ti mostro il nostro villaggio, potresti riposare lì stanotte.”
Alex accettò e seguì la ragazza.
“Posso sapere il tuo nome?” chiese.
“Eto” rispose lei.
“Piacere io sono Alex, mentre lui è Billy”.
Lei annuì continuando a sorridere in quello strano modo mentre saltellava per quel viottolo sterrato sul quale lo stava conducendo. In poco tempo arrivarono nei pressi di un monte, o meglio di un vulcano. Eto si avvicinò alla parete rocciosa e inserì una chiave in una crepa. Un suono come di una serratura risuonò nel silenzio creatosi in quel momento. Con una lieve pressione, la ragazza, aprì una porta facendo segno ad Alex di seguirlo. Scesero una scalinata scolpita nella pietra e sotto di loro si aprì un villaggio formato sia da capanne che da qualche struttura più complessa. Al centro c'era una piazza con una statua che raffigurava un ragazzo con il pugno destro all'altezza del cuore mentre l'altro braccio era piegato dietro la schiena. L'illuminazione era fornita dalle numerose fiaccole e anche da alcune vasche contenenti della lava. Il villaggio era interamente costruito dentro il vulcano e per fermare la lava, sul soffitto, c'era una ramificazione di tentacoli di pietra. Alex sentì alcuni tamburi suonare, ad intervalli regolari, alternati da colpi. Eto percorse le stradine fino ad arrivare ad una capanna, preparata per lui. Lo salutò e andò via saltellando. Dai numerosi buchi e crepe capì che ormai era giunta la notte. I tentacoli che stavano bloccando la lava iniziarono a sbiadirsi finché non divennero completamente trasparenti. Sopra di essi però non vi era affatto lava ma un cielo nero, privo di stelle; l'unica cosa che illuminava quel luogo era la luce della luna piena. Gli abitanti ad un tratto si trasformarono in strani mostri, dall'aspetto umano ma privi della consistenza tipica di un organismo. Leggeri come l'aria e trasparenti come un velo. Parlavano, ridevano tra loro, sembravano pacifici abitanti di un villaggio, ma quando alzavano lo sguardo due occhi viola sembravano trafiggere chi li guardava. Alex era immobilizzato dalla paura. Iniziò a gridare, si mise a correre a più non posso, attraversando anche quei mostri. Salì la scalinata più velocemente possibile con Billy che lo precedeva. Corse fino alla spiaggia, cercando di allontanarsi da quegli strani individui. Crollò privo di forze sulla sabbia, chiedendosi perché proprio lui stesse vivendo quest'incubo. Iniziò a piangere, desiderando di riabbracciare suo pa-dre e tornare alla sua villa di Londra dove sua madre attendeva il loro ritorno. Pianse. Pianse a più non posso.
“Perché...Perché mi è successo tutto questo?”
sussurrò tra i singhiozzi. Si mise seduto e si strinse tra le ginocchia, quando sen-tì il tocco di una mano sulla sua spalla. Alzò gli occhi e riconobbe quel vecchio dall'aria burbera che aveva incontrato la mattina stessa, seduto davanti alla capanna. Nonostante avesse anche lui quell'aspetto sinistro, riconobbe una persona a lui familiare. Lo condusse al villaggio e lo fece entrare nella sua umile dimora, vicino alla piazza. Era di dimensioni modeste, né troppo grande né troppo piccola, interamente in legno. Aveva due stanze, una utilizzata durante la giornata mentre nell'altra vi era la camera. Nella sala principale c'era una piccola cucina, un tavolo in legno scuro con qualche sedia attorno e un piccolo divanetto adornato con la pelle di alcuni animali. Su una parete erano appesi alcuni utensili arcaici per cacciare, qualche vestito e una giacca bordeaux logora. Alex si avvicinò al tavolo inspirando l'aria stantia e afosa presente nella casa; poggiò una mano sulla superficie ruvida del mobile scorgendo una bussola e un cannocchiale entrambi d'oro. Li prese in mano e sulla superficie ammaccata vide che era forgiato un marchio, lo stesso presente sulla nave. Ebbe un tuffo al cuore capendo la situazione. Si girò di scatto verso il vecchio e questi gli sorrise. Com'era possibile? Alex abbracciò l'uomo, piangendo calde lacrime di gioia. Una volta che si calmò gli venne spiegato tutto.
Quel signore era il suo amato genitore che si era trasformato in un essere diverso dal solito e che la sera, al tramonto, assumeva quell'aspetto. Lo stesso accadeva agli abitanti del villaggio che purtroppo riconobbe essere i marinai della sua nave. Lo strano incantesimo a cui erano soggetti era opera della maga Eto, la padrona dell'isola, che alla luce del sole altri non era che la bellissima ragazza da lui conosciuta. Alex abbassò tristemente lo sguardo, quando sentì un oggetto cadere. La bussola che aveva tenuto in mano fino a quel momento era caduta al suolo. Il giovane si guardò le mani, stavano luccicando. Si accorse di non riuscire ad afferrare gli oggetti con le sue mani. Il suo corpo risplendeva ai raggi lunari e percepì la trasparenza che avevano gli altri individui. Anche lui era stato vittima di un incantesimo che nessuno sarebbe riuscito mai a sciogliere.
Ginevra Perez