Non posso non dire nulla di Italo, ora che purtroppo ha chiuso con la vita terrena. Con lui ho condiviso lunghi periodi di impegno negli anni 80/90 nel tentativo di rinforzare e animare ulteriormente il suo Giardino dell'arte di San Martino e di scrivere anche una sua biografia. Poi, non ricordo nemmeno più come e perché, ci siamo persi, anche perché si trasferì a Prato. Ma periodicamente ci siamo sempre sentiti. Italo ha dovuto arrendersi al male, come capita a tutti prima o poi.
L'ho conosciuto come vicino di casa, quando stavo in via delle Galeazze negli anni '80 a Portoferraio e ammiravo il suo appartamento, nel quale realizzò arredi in legno tali da riprodurre un ambiente simile all'interno di un vascello. Era spesso tormentato come tutti gli artisti, sempre in subbuglio alla ricerca di ideali elevati da inseguire e che cozzavano spesso con la realtà materiale di una società consumistica e del profitto. E dei suoi tormenti si dovrà ancora parlare, perché mi chiese più volte di esternarli con alcuni articoli e ora che tace forzatamente, proseguo nel mio servizio per lui.
Iniziarono in gioventù le sue beghe perché intorno a lui nacquero malumori; era "colpevole" di aver tradito la tradizione post macchiaiola della maggioranza dei pittori elbani. Lui voleva essere moderno, attuale, al passo coi tempi, con il suo espressionismo astratto, con la sua action painting in grado di rappresentare un meraviglioso Gesù crocifisso con cinque pennellate frenetiche in nero, rosso e blu.
Sempre in tema di malumori, c'è da ricordare il suo eterno appello alla comunità portoferraiese ed isolana, affinché il suo Open Air Museum di San Martino diventasse di tutti, quale centro di incontro culturale, artistico, permanentemente aperto ai giovani, i primi da coinvolgere per far scoprire l'arte quale mezzo di espressione libera e potente.
Poi i suoi appelli reiterati per sviluppare il suo Museo dell'arte diffuso nelle varie parti dell'Elba, sperando che le sue opere, esposte in ogni comune, fossero tutelate e ben mantenute. Un caso eclatante in negativo fu la ceramica del Mare Nostrum. Era stata malamente appoggiata sul porto di Portoferraio, davanti al molo Massimo e una forte sciroccata la distrusse, sparì un messaggio artistico d'accoglienza per i visitatori.
Un altro caso particolare è quello del grande Napoleone in vetro Dallas, ancora appoggiato nel giardino dell'hotel Airone, mentre una passata amministrazione comunale aveva promesso a Italo che sarebbe stato collocato anch'esso sul porto. Sono anni che lo spostamento non avviene.
Da completare anche il suo museo al Forte Falcone; il professore d'arte ha donato decine di opere, stante la sua generosità, il suo amore e il suo attaccamento allo Scoglio.
Tornando ai suoi tormenti mi raccontò come in gioventù, deluso da certe sue opere e dall'esistenza in generale, in un momento di sconforto gettò in mare, da una barca, numerosi suoi dipinti ora custoditi dai fondali e dai pesci.
Infine qualche mio ricordo: il suo impegno per il “mio” circolo Pertini per il quale realizzò una ceramica, che ancora è posta accanto alla Torre medicea della Linguella, ceramica dedicata allo statista che fu recluso politico nel maniero, sotto il fascismo nel 1933.
Poi i suoi incontri con i ragazzi del campo profughi di Kutina, in Croazia. Grazie ad un'attività formativa della scuola media Pascoli arrivarono 20 ragazzi, nel 1993/94 e famiglie portoferraiesi generose li ospitarono e così frequentarono per un mese la scuola di viale Elba. Due di loro si fecero elbani per sempre, Jiuliana nel marcianese e Mirko che giocava a basket con mio figlio Guido. Li ospitò ovviamente anche Italo nel giardino dell'arte di San Martino, facendo loro apprezzare l'arte e insieme a loro realizzò, in un parcheggio di Carpani, un murale inneggiante la libertà e il No alla guerra. Forse è ancora visibile se ha resistito alle intemperie.
In allegato una foto di un altro murale che quei ragazzi fecero, con la professoressa Giovanna Emo, alla scuola media Pascoli che li accolse. Io ebbi il compito di coordinare questa esperienza unica, dopo aver avviato i contatti con la Croazia, e nell'impegno coinvolsi anche la compianta Paola Berti, allora docente di matematica e presidente del Comitato solidarietà dell'istituto.
Ricordi su ricordi che Italo suscita grazie ai suoi 60 anni e oltre di impegni artistici e sociali, regalati all'isola facendo vivere esperienze indimenticabili. Sua moglie, Alessandra Ribaldone, senza dubbio saprà coltivare tutto ciò creando una fondazione a lui intitolata. Mercoledì 30 le ceneri di Italo saranno provvisoriamente poste al cimitero monumentale della Misericordia, alle ore 11. Lo saluterò anch'io insieme a tutti gli altri che gli hanno voluto bene o che in ogni caso hanno ammirato il suo impegno totale per l'arte e la sua isola.
“Dormirò due ore a notte” mi disse un giorno, mentre ero da lui a San Martino- devo fare tutto da solo e per fortuna ora c'è Alessandra che mi aiuta in molte cose. Stanotte ho riparato un tetto di una delle aule dove sono esposte le mie pitture. Ho fatto la calcina, mi sono arrampicato, ma comincio a essere vecchio. Questo luogo prima era il campo del mio povero babbo. Ho concentrato qui tutta la mia vita, il mio impegno. Ho bussato 100 volte le porte dei politici dei comuni isolani per farmi ascoltare. Non si può vivere senza l'arte, la vita non avrebbe senso. E io ho lavorato tanto, ma tanto”. Quest'ultima parte della frase l’ha ripetuta poco prima di spirare, dolcemente, come mi ha detto Alessandra, mentre lei gli teneva la mano. Italo riposa in pace; non ti conviene essere ancora tormentato.
Stefano Bramanti