Grazie ad un amico giornalista tunisino il Sig. Fadhel Mokrani vengo a conoscenza di questo articolo scritto dal Sig. Boubaker Ben Fraj, Esperto per lo Sviluppo Culturale e Gestione e Valorizzazione del Patrimonio e pubblicato in arabo nel numero di settembre 2020 nella rivista “Leaders Arabiya”,
il suo autore lo aveva già tradotto in francese per renderlo accessibile alle sue conoscenze internazionali. L’articolo ha per tema l’immigrazione italiana in Tunisia. L’Autore mi ha gentilmente dato il permesso di pubblicarlo in italiano.
Angela Galli
QUANDO LA TUNISIA ERA PER GLI ITALIANI UNA TERRA PROMESSA:
Dai tempi più lontani della sua storia fino alla metà del XX Secolo, non era mai successo che la Tunisia fosse stata da un punto di vista demografico un paese di partenza o di emigrazione di massa verso altre destinazioni geografiche. Ma al contrario, è sempre stata una destinazione molto attrattiva per molti gruppi umani venuti a stabilircisi in epoche diverse o simultaneamente, provenienti in particolare dai confini del Mediterraneo, dal Medio Oriente, dalla Penisola Arabica e dall'Africa subsahariana.
E anche se gli scopi e i fattori che avevano spinto questi gruppi umani a migrare verso le terre tunisine non erano sempre gli stessi, né, tantomeno, le diverse condizioni storiche nel cui ambito si sono verificate queste migrazioni, gli arrivati in Tunisia non hanno, generalmente, incontrato grossi ostacoli o barriere che avrebbero potuto impedire loro di adattarsi alla vita del paese e di acclimatarsi in seno alla sua atmosfera.
Al contrario, questi immigrati si erano spesso integrati nel tessuto sociale e culturale del Paese, al punto da diventare a loro volta e nel tempo, una componente a pieno titolo di questo tessuto, e una componente attiva che ha largamente favorito la fecondazione di civiltà e culture che hanno segnato la Tunisia nel corso della sua storia.
Per la sua vicinanza geografica, per l'importanza dei legami storici che l'hanno sempre legata alla Tunisia e date le particolari circostanze che ha attraversato nel suo passato, l'Italia è stata fin dall'antichità, uno dei principali paesi di emigrazione verso la Tunisia.
Per affrontare questo argomento in modo sintetico, abbiamo scelto di non tornare molto indietro nel tempo e di limitarci di seguito a ricordare alcune delle principali ondate di emigrazione di italiani verso il nostro Paese, che si sono verificate dalla fine del Medioevo alla metà del secolo scorso:
I GENOVESI DELL'ISOLA DI TABARKA
La colonia permanente istituita dai Genovesi a partire dal 1541 sull'isola situata al largo della cittadina di Tabarka e attualmente collegata da un istmo artificiale alla sua riva, può essere considerata una delle prime ondate di migrazione italiana verso la Tunisia all'inizio dell'Era Moderna.
Questa colonia fu fondata quando le due famiglie genovesi dei Lomellini e dei Grimaldi, che all'epoca godevano di una grande statura politica ed economica, avevano ottenuto il consenso e l'appoggio del Re di Spagna, Carlo V, per istituire un colonia genovese permanente su quest'isola.
Il primo obiettivo dell'istituzione di questa colonia, durata circa due secoli, era quello di sorvegliare le coste settentrionali della Tunisia e quelle dell'Algeria orientale per conto degli spagnoli. Per quanto riguarda le attività economiche, inizialmente erano limitate alla pesca altamente redditizia del corallo molto abbondante al largo delle coste di questa regione, prima di intraprendere il commercio di cereali e altri prodotti agricoli dell'entroterra Khemir e della valle Medjerda.
Per garantire un insediamento duraturo a questa piccola colonia isolana, centinaia di genovesi furono portati a stabilirsi lì, anche per costruire sui ripidi pendii dell'isola, una città a sé stante di circa duemila abitanti, le cui rovine sono ancora visibili ai piedi del forte genovese, che oggi costituisce un'imponente testimonianza lasciata da questa colonia effimera.
Dopo la ripresa di quest'isola da parte del Bey di Tunisi Ali Pasha nel 1741, i suoi abitanti furono costretti a lasciarla e si re-insediaronoi in Sardegna, in Corsica e nella piccola isola di Tabarca al largo della Spagna. Dove ora si trovano, i loro discendenti si attribuiscono ancora il nome dei loro avi: “I Tabarchini”
I LIVORNESI O GLI EBREI GRANA
Dall'inizio del XVIImo Secolo, la Tunisia ha ricevuto delle ondate successive di immigranti provenienti dalla città italiana di Livorno. Questi israeliti italiani preferirono venire a stabilirsi in Tunisia dopo aver soggiornato per generazioni nel grande porto toscano dalla loro deportazione dalla penisola iberica dopo la Riconquista cristiana.
Questa ricca comunità denominata dei Grana, in riferimento alle sue origini livornesi, si era stabilita definitivamente nella città di Tunisi per ampliare le aree delle sue proficue attività commerciali e industriali, beneficiando al contempo della benevolenza e dei favori dei Bey delle due dinastie successive i Mouraditi e gli Hussaïniti, e successivamente di quelli delle autorità francesi del Protettorato.
Nella stessa epoca, altre comunità italiane formate da ricchi mercanti originari di Genova e della regione Toscana, da ex prigionieri liberati e da missionari religiosi, si erano insediate a Tunisi e nelle principali città portuali del Paese. Alcuni di loro hanno potuto beneficiare dei favori dei Bey e della loro fiducia, come il ricco conte Giuseppe Raffo (1795-1862), al quale i due successivi Bey Ahmed e Mohamed avevano affidato l'incarico di dirigere gli affari esteri del Beylik, oltre alla concessione esclusiva per la pesca del tonno al largo della costa settentrionale di Cap-Bon.
SICILIANI, SARDI E MERIDIONALI
Tuttavia, le più grandi ondate di immigrazione italiana in Tunisia durante la sua storia moderna si sono verificate dalla seconda metà del XIX Secolo.
In quel periodo il Mezzogiorno italiano, formato dal Sud della penisola e dalle due isole di Sicilia e Sardegna, affrontava condizioni economiche e sociali difficili, e occasionalmente soffriva delle gravi convulsioni politiche che avevano accompagnato il doloroso parto dell'Italia unificata.
In queste circostanze, la Tunisia era diventata una delle principali destinazioni dell'emigrazione degli italiani del Sud, costretti dalle loro precarie condizioni di vita, dagli abusi subiti dai grandi latifondiari rurali e dall'ampia diffusione della malaria, a fuggire in massa dal proprio paese per stabilirsi altrove.
l'emigrazione di questi meridionali verso la Tunisia fu incoraggiata, sia dalla promulgazione del Patto Fondamentale nel 1857, che garantiva i diritti degli stranieri residenti nel Paese, sia dall'accordo concluso nel 1868 tra Mohamed Sadok Bey e il Re d'Italia, che accordava agli italiani varie agevolazioni ed in particolare un relativo margine di autonomia nella gestione degli affari della comunità.
Per questi italiani spesso indigenti, la Tunisia non era solo la destinazione meno distante, meno avventurosa e meno costosa, ma era anche quella che differiva meno dal loro ambiente di origine e dal loro modo di vivere.
I flussi quasi giornalieri di immigrati che lasciavano i porti di Palermo, Trapani, Agrigento, Mazara Del Vallo, Cagliari, Pantelleria, o delle regioni Calabria e Campania hanno attraversato il Canale di Sicilia in imbarcazioni spesso casuali, prima di attraccare al porto di La Goulette o in altri porti e spiagge della costa tunisina.
Lasciavano l'Italia senza alcuna intenzione di tornare, accompagnati dai membri delle loro famiglie con i pochi modesti effetti che potevano portare con sé nei loro viaggi. Quello che infatti portavano con sé, o meglio in sé, di più prezioso era la speranza di fondare in Tunisia una vita nuova, più dignitosa e più promettente, tanto per loro quanto per i loro discendenti.
E anche quando l'istituzione del Protettorato francese abrogò l'accordo tunisino-italiano del 1868, questo atto politico non impedì al ritmo dell'immigrazione italiana di accelerare fino a raggiungere il suo apice con più di seimila arrivi all'anno nei primi anni del XX Secolo; che fece aumentare il numero totale di italiani residenti in Tunisia da circa 2.000 nel 1866 a oltre 102.000 nel 1909.
Inoltre, gli italiani erano diventati la più numerosa comunità straniera del paese, il che non era molto rassicurante per le autorità del Protettorato francese, che sospettavano l'Italia in quel momento e non senza fondamento, di avere segrete mire colonialiste sulla Tunisia.
LE PICCOLE SICILIE E ALTRE COMUNITÀ ITALIANE
Mentre la maggior parte di questi immigrati si stabilì nella capitale, nei suoi sobborghi e nella città di La Goulette in particolare, molti scelsero di vivere e lavorare nelle città dell'interno come Sousse, Sfax, Bizerte e Menzel Bourguiba, Béja, Jendouba tra le altre. Molti di loro andarono a vivere e lavorare nelle nuove località nate intorno ai bacini minerari della regione di Gafsa, Kalaa Jarda (oggi Kalaa Khasba) e Jerissa ... Immediatamente si formarono quartieri prevalentemente italiani in queste città e alcune di esse portano ancora nomi significativi come La Piccola Sicilia e il quartiere La Calabria nella capitale, quello di Capadji a Sousse, e la Piccola Sicilia a La Goulette. Ma quasi il 20% tra loro (14.500 persone) preferì stabilirsi in campagna e lavorare nell'agricoltura; la maggior parte di loro come mezzadri o semplici lavoratori tra i coloni francesi. I più determinati riuscirono comunque ad acquisire piccole proprietà, raramente superiori a pochi ettari, in cui faticosamente impiantarono vigneti, praticando arboricoltura, colture stagionali e allevamento.
QUESTIONI DI APPARTENENZA E IDENTITÀ
La comunità italiana stabilita in Tunisia era tutt'altro che omogenea. A differenza di una minoranza appartenente alle categorie imprenditoriali e alle funzioni liberali che non nascondeva la sua prosperità, la grande maggioranza degli italiani in Tunisia apparteneva a modesti gruppi sociali.
L'élite italiana fortemente attiva, ha contribuito a creare un ambiente culturale, sociale e politico a beneficio della comunità più ampia, in modo da preservare le sue specificità italiane pur mantenendo legami di filiazione con la madrepatria. A tal fine furono create molte scuole italiane e nel 1930 erano 23 distribuite tra Tunisi e altre città con un'iscrizione di diecimila studenti. Allo stesso modo, gli italiani della Tunisia costruirono il loro ospedale (oggi Habib Thameur), il loro teatro d’opera Rossini che presentava regolarmente spettacoli italiani di qualità; e per fornire un buon supporto alla comunità, fu creata una fitta e molto attiva rete di organizzazioni e associazioni culturali (Dante Alighieri), di beneficenza, sportive e giovanili. A ciò si aggiunge la pubblicazione in italiano di diverse dozzine di titoli di giornali il cui scopo era quello di documentare principalmente la vita della comunità.
Dopo l'ascesa al potere di Mussolini nel 1922, il numero delle associazioni italiane aumentò, il loro sostegno e finanziamento da Roma si incrementò e le loro attività si intensificarono. Durante il periodo tra le due Guerre mondiali, diverse organizzazioni italiane in Tunisia presero un chiaro orientamento nazionalista fascista, contribuendo a creare serie divisioni in questa comunità tra coloro che da un lato sposarono la dottrina fascista e ne adottarono gli slogan, e dall'altro chi preferì adeguarsi al sistema del Protettorato, ottenere la nazionalità francese e, allo stesso tempo, frequentare le scuole del colono per imparare la sua lingua, immergersi nella sua cultura e aderire alle organizzazioni politiche. e sindacati coloniali.
Comunque sia, la sconfitta dell'Italia alla fine della Seconda Guerra Mondiale fu una svolta catastrofica per la comunità italiana di Tunisia: dal 1943 le autorità del Protettorato decisero di espellere migliaia di Italiani accusati di aver collaborato con i paesi dell'Asse, tutte le scuole italiane furono chiuse, i giornali banditi e a chi mantenne la nazionalità italiana fu impedito di ricoprire cariche elevate nell'amministrazione o addirittura di esercitare determinate professioni liberali.
IN CONCLUSIONE
Indubbiamente, l'immigrazione degli italiani in Tunisia rappresenta una parte inseparabile della storia e della cultura moderna del nostro Paese. Questi immigrati che si erano a lungo mescolati con i tunisini durante il periodo del loro insediamento tra noi, hanno lasciato impronte profonde; tracce indelebili che ritroviamo ancora oggi nel nostro dialetto tunisino, nel vocabolario della nostra architettura, nella ricchezza della nostra cucina, nei saperi dei nostri artigiani, in quello dei nostri contadini, dei nostri marinai, dei nostri muratori, e in tanti altri aspetti distintivi della nostra società e della nostra cultura.