Il 18 marzo 1896 troviamo Pietro Gori a Los Angeles (California). Qui tiene le conferenze “Il presente e l'avvenire dei lavoratori”, “La nostra patria e la nostra religione”, “I diritti della donna e la famiglia nell'avvenire”. Nel suo tour californiano, terra di grandissima presenza di immigrati italiani, dovrà anche affrontare la componente socialista della classe lavoratrice, e confrontarsi con essa in contraddittori.
Il rapporto tra Pietro e i socialisti ha avuto due fasi: la prima di buoni rapporti e lotte comuni, la seconda, soprattutto dopo il congresso di Genova del 1892, di scontri anche molto duri. Come abbiamo visto nella precedente tappa, a detta di Virgilio Mazzoni, la prima conversione a sinistra del liceale Gori fu proprio verso il socialismo, assistendo ai comizi di Ezio Foraboschi. In seguito troverà la sua collocazione nel panorama anarchico, mantenendo però un ottimo rapporto con i socialisti. Strinse anche amicizia con il loro leader Filippo Turati, anch'egli avvocato, che lo aveva aiutato nel preparare la tesi di laurea di sociologia criminale, intitolata “La miseria e il delitto”. Inoltre fu grazie a lui se nel 1891, appena trasferito a Milano, potrà entrare nell'albo degli avvocati. Infatti il consiglio dell'ordine milanese, in gran parte orientato verso l'area reazionaria, fece di tutto per ostacolare l'iscrizione di Gori. Il professor Luigi Maino e appunto Turati si mossero energicamente fino a fargli ottenere l'iscrizione.
Ma sul fronte politico, nello stesso 1891, iniziarono i primi scontri tra le due anime della sinistra italiana. Dal 4 al 6 gennaio Gori partecipò al congresso internazionale libertario di Capolago, all'osteria dell'Ancora, insieme ai massimi esponenti dell'anarchismo italiano: Francesco Saverio Merlino, Amilcare Cipriani, Errico Malatesta. Fu proprio come aderente alla corrente del terzo che si presentò Gori. L'incontro fu l'occasione per porre le basi di un nuovo movimento politico, dopo i duri colpi assestati ai suoi membri dall'autorità poliziesca, che si dimostrasse più in sintonia con le spinte sociali di quanto non lo fosse la vecchia Internazionale, e che cercasse di attenuare le divisioni fra l'ala collettivista e quella individualista.
Il movimento si riunì nuovamente il 12 aprile al teatro della Cannobiana, per il Comizio internazionale per i diritti dei lavoratori. La partecipazione fu notevole per numero di associazioni e adesione di importanti libertari esteri, quali Pëtr Kropotkin ed Elisée Reclus. I socialisti invece non gradiranno, manifestando una volta di più l'insofferenza per il movimento anarchico. Gli interventi dei due massimi esponenti, Gori e Galleani, muoveranno gli organizzatori a sottoscrivere una mozione finale, in cui molte delle loro istanze trovarono spazio.
Infaticabile, troviamo Pietro in agosto al congresso operaio di Milano, in rappresentanza della federazione dei cappellai del lago Maggiore. I convenuti si ponevano il proposito di creare un partito di ispirazione marxista che rappresentasse il proletariato italiano. Venne subito alla luce la spaccatura tra l'ala legalitaria, capeggiata da Turati, e la componente rivoluzionaria, guidata da Gori. Sarà la prima a dimostrarsi più organizzata, delineando l'indirizzo del partito socialista nei primi anni della sua vita. A ciò si aggiunse la traduzione di Pietro di un'edizione francese del “Manifesto del partito comunista” di Karl Marx e Friedich Engels, che scatenò le critiche di Turati.
Lo scontro duro però si consumò l'anno seguente. Il leit motiv era lo stesso: la contrapposizione fra le due anime della sinistra. La prima occasione di confronto a cui Pietro partecipò, capeggiando le istanze rivoluzionarie, fu il convegno “Socialismo legalitario e socialismo anarchico”, nella sede del consolato operaio di Milano, il 4 aprile 1892. L'avvocato espose le tesi anarchiche, soprattutto quella che “l'emancipazione della classe operaia deve essere opera dei lavoratori stessi”, senza capi o intermediari di sorta. Attaccò poi i riformisti, accusandoli di essere autoritari e parlamentaristi, se non addirittura borghesi e opportunisti. Tutto ciò, secondo lui, degenerava in “mostruosità” quale quella “che si chiama socialismo di stato, e che può fare il paio con quell'altra turlupinatura che ha nome socialismo cristiano”. Per Pietro non può esserci via legislativa, ma solo la critica al potere e all'autorità. Fu l'antipasto del congresso di Genova e una rottura politica ormai definitiva con il collega Turati che non sarà più sanabile.
Il 14 agosto nella città ligure si riunirono le società operaie di tutta Italia per confrontarsi e dare il battesimo al nuovo soggetto politico. A dar voce all'ala legalitaria ci sono Turati e Prampolini su tutti. Lo schieramento rivoluzionario era orfano di Malatesta e Merlino, in esilio, ma poteva contare su oratori del calibro di Gori, Galleani e Casati. La vittoria andò, come da previsione, ai riformisti: dei circa quattrocento delegati, solo 84 erano di area anarchica. Lo scontro però fu aspro e la frattura insanabile. Ciò sancì la separazione definitiva tra le due componenti, e quella riformista andò avanti da sola nella sua strada di costituzione del Partito dei lavoratori italiani, poi divenuto Partito socialista.
Gori ricorda alcuni particolari di quel giorno, per esempio come Turati definì i dissidenti: “cassandre anarchiche”. Tra l'altro Pietro e l'avvocato socialista animarono lo scontro verbale con questo scambio di battute. All'esternazione di Turati: “Voi non ci seguirete. Noi non vi metteremo alla porta. Soltanto noi siamo stanchi di voi e ci separiamo”; Gori rispose: “Perché ci mettete alla porta? Dove voi sarete là vi seguiremo”.
Nel 1893 si hanno ulteriori scontri. Il 5 giugno partecipò a una conferenza ad Ancona, “Obbiezioni all'anarchia”. Nel suo intervento dichiarò che il vero socialismo era rappresentato dal comunismo anarchico. Nell'agosto dello stesso anno venne espulso dal congresso socialista di Zurigo insieme ad Amilcare Cipriani. Il 1° novembre lo troviamo all'anfiteatro Virgiliano di Mantova, dove tiene la conferenza Uguaglianza e libertà, in cui associa la prima al socialismo e la seconda all'anarchia. Inoltre questa è vista come vita e un procedere incessante.
Un altro scontro durissimo è il 2 agosto 1896 al congresso della Seconda Internazionale, a Londra. Anche qui i socialisti ebbero la maggioranza e gran parte degli anarchici fu espulsa. Quelli che rimasero (oltre a Pietro, Errico Malatesta, Francesco Cini, Fernad Pelloutier), redassero un documento di protesta nel quale si denunciava “il tentativo di monopolizzazione del movimento operaio internazionale da parte dei socialdemocratici”.
Tuttavia va detto che quando la lotta lo richiedeva, Pietro era disposto a mettere da parte le polemiche con gli avversari. Nel maggio 1901, in Argentina, fondò la Federacion obrera, un sindacato che si ritaglierà uno spazio importante nella società sudamericana. Nello stilare il programma Pietro cercò di coniugare le istanze riformiste socialiste con quelle radicali anarchiche, per esempio distinguendo nettamente il piano dei principi anarchici da quello dell’attività rivendicativa quotidiana. Ciò gli attirò le accuse di eccessiva moderazione da parte dei compagni, ma questa politica si rivelò vincente: nel settembre seguente, lo sciopero dei ferrovieri del Ferrocarril Sud si concluse con successo, con la Federacion, rappresentata da Gori e Montesano, che strappò l'accordo con il direttore inglese e il mediatore del governo.
Alla morte di Pietro, il cordoglio degli avversari socialisti fu sincero e unanime. Tra gli altri, il direttore della “Lotta di classe”, il 15 gennaio 1911, scrisse: “Per cinque anni quest'uomo ha continuato ad agitare infaticabilmente le masse. Ecco l'opera! Non una defezione. Non un giorno di riposo. Ecco l'uomo!” Sono le parole del giovane socialista Benito Mussolini. I cui sgherri, negli anni seguenti, commetteranno le peggiori nefandezze contro la memoria di Pietro.
Andrea Galassi