Quando l'imperatore nel 1557 affidò Portoferraio al duca Cosimo (e restituì agli Appiani il resto dell'Elba) non credo avesse pensato, neppure per un istante, alle conseguenze che questo avrebbe comportato nei rapporti fra gli Elbani. La delimitazione della Cosmopoli medicea rompeva antiche relazioni e secolari abitudini fra gli abitanti dell'isola.
Alcuni dei problemi che da subito emersero furono quelli del pascolo del bestiame, della raccolta di legna e della caccia che gli abitanti di Rio esercitavano da ”tempo immemorabile” nei boschi e nei pascoli ora finiti all'interno della giurisdizione di Portoferraio. I bandi granducali parlavano chiaro: chi superava il confine con le bestie o per legnatico o per caccia era punibile con pene severissime, dal sequestro del bestiame a “strappate” di fune in pubblico, fino alla galera.
“Prima che Portoferraio cadesse nelle mani delli duchi fiorentini, le bestie di Rio pascolavano in tali luoghi e mai sono state rimosse” scrissero un gruppo di anziani di Rio al principe di Piombino per protestare contro i divieti granducali. E per finire: “Se alli ducali non vien posto un freno di stare nel loro, col corso del tempo ci caveranno anche da Rio”.
Eh già, perché al diritto di libero pascolo si univa la certezza che il confine di Portoferraio nella loro zona fosse abusivo. Era opinione comune fra i Riesi che il Termine, cioè il cippo in pietra che indicava il passaggio del confine, murato dai granducali sul Monte Castello andasse collocato altrove. Messo lì, infatti, privava i Riesi di una vasta zona che comprendeva pascoli e boschi chiamati Lecceta, Leccetella, Campo alla Valle, Fonte al Lentisco e Cava dell'Oro. Era per questo che ogni tanto quel Termine spariva...
La ricollocazione di un termine, o, come si diceva, la riapposizione, presupponeva non pochi sforzi, perché occorreva trovare l'accordo fra le parti, controllare i vecchi contratti, far intervenire all'operazione di muratura del cippo i rappresentanti degli stati confinanti, i testimoni, i cancellieri, i notai... Il Termine di Monte Castello fu trovato divelto durante la visita del confine condotta da Giuseppe Bonaventura del Teglia - un pezzo da novanta della magistratura dei Nove Conservatori del Dominio e della Giurisdizione fiorentina, cancelliere e conservatore dell'archivio - fatta ai primi di ottobre del 1685.
Rimesso al suo posto a fine ottobre 1689, il 20 febbraio dello stesso anno (ricordiamo che l'anno cambiava il 25 marzo), in seguito ad un ispezione condotta dal capitano Antonio Sarri, risultò di nuovo scomparso. La trattativa per addivenire alla sua riapposizione, condotta dal governatore Mario Tornaquinci, fu lunga e tormentata. I Piombinesi la tirarono per le lunghe, avanzando scuse su scuse, fra cui anche la malattia della moglie del governatore. Fino a quando fu finalmente ricollocato nel luglio 1690. Tacciamo, per non annoiare, sulle altre sparizioni.
Un motivo di particolare accanimento dei Riesi contro il confine granducale consisteva nel fatto che i terreni su cui usavano pascolare e cacciare prima dei divieti granducali appartenevano a dei loro concittadini e in gran parte alla loro confraternita del Corpus Domini. C'era dunque una comprensibile ritrosia a ubbidire a leggi che riguardavano zone di proprietà della comunità. Fu per questa ragione che, per cercare di evitare problemi, i granduchi iniziarono ad acquistare i terreni finiti entro la loro giurisdizione, come quello venduto da un certo Galeazzi nel 1674.
Ma dove erano collocati questi terreni? La zona è quella del versante ovest di Cima del Monte (chiamato all'epoca Monte della Scoperta) fin sotto al Volterraio. Alcune terre eran situate nella parte alta della Valle dei Mulini. Qui, come dice il nome, vi erano i tre mulini granducali, detti “degli Alberi”, che servivano all'approvvigionamento di farina per Portoferraio. Il loro lavoro affiancava quello dei mulini a vento e delle macine a mano o a trazione animale della città, oltre a quello del mulino di Torre Nuova, sulla costa. I Mulini degli Alberi già a fine Cinquecento erano funzionanti, seppur bisognosi di qualche miglioria, soprattutto quello più alto, situato “a pié del Volterraio”. Furono visitati anche dal Buontalenti, mentre era alle prese con le fortificazioni della città granducale.
Per inciso, due di questi sono oggi trasformati in abitazioni, ma il terzo, quello più a monte, è rimasto tale e quale: è un interessante rudere nella macchia. L'alta Valle dei Mulini era una zona delicata: da lì vari rivoli si univano per formare il Rio dei Mulini che alimentava i bottacci granducali. Le bestie vaccine dei Riesi erano accusate di distruggere questo delicato sistema ed era uno dei motivi della perseveranza granducale nel bandire il pascolo.
Un altro problema che indispettiva i Riesi era quello dell'estensione della loro parrocchia, ora finita in parte nella giurisdizione medicea. E con essa anche la piccola chiesa di San Leonardo, ai piedi del Volterraio. Con non pochi sacrifici ma con ostinazione i Riesi facevan di tutto perché si mantenesse attiva questa chiesetta, per paura che una volta lasciata a se stessa venisse definitivamente fatta propria dai granducali. Nella sua “Descrizione delle terre castelli ed'altri luoghi del Principato di Piombino nell'Isola d'Elba” (1778) il tenente piombinese Giacomo Benassi scriveva: “La comunità di Rio ha il patronato sulla chiesa di San Leonardo situata sopra detta torre del Volterraio. Per mantenere vigente il suo diritto manda ogni mese un sacerdote a celebrare la messa, e nel dì sei di novembre vi fa la festa del santo, in tal giorno il proposto curato di Rio va col suo clero processionalmente in detta chiesa, canta messa solenne, e di poi celebra l'esequie, memore del diritto parrocchiale, che esercitava già prima dello smembramento di Portoferraio dal principato di Piombino mediante i capitoli di Londra dell'anno 1557”.
Che ne è oggi del cippo confinario di Monte Castello? Sparito... naturalmente. Non è nemmeno presente sulla cartografia del vecchio catasto ottocentesco, dove invece figurano altri cippi oggi scomparsi: quelli di Acquaviva, di Bagnaia e delle Panche.
Fabrizio Fiaschi
Bibliografia
BENASSI G., Descrizione delle terre castelli ed'altri luoghi del Prtincipato di Piombino nell'Isola d'Elba, manoscritto, Archivio Segreto Vaticano, Archivio Buoncompagni Ludovisi, 392, fasc. 1.
CORESI DEL BRUNO G.V., Zibaldone di memorie, Biblioteca Marucelliana MS C XXX.
FASANO GUARINI E., VOLPINI P. (a cura di), Frontiere di terra frontiere di mare, Milano2008.
FIASCHI F. (a cura di), Capitano Antonio Sarri. Isola del'Elba, Un manoscritto del XVIII secolo, Capoliveri 2019.
FIASCHI F., I confini di Cosmopoli. Storie e percorsi intorno a Portoferraio, Isola d'Elba, Firenze 2019.
Nella foto: La cima di Monte Castello con un piccolo cippo moderno.