Il mese di aprile del 1896 Pietro Gori lo passa in centri minori dell'Arizona e New Mexico, sicuramente affascinato da paesaggi mozzafiato, che verranno immortalati dal cinema western degli anni successivi. Quel profondo sud degli Stati Uniti sospeso tra la cultura wasp, quella ispanica e un'ancora significativa componente di nativi americani.
Un mix di culture simili Pietro lo ritroverà due anni dopo, nel profondo sud ma questa volta dell'intero continente americano. L'idea di un viaggio in Argentina gli era maturata già dagli anni passati. I compagni italiani emigrati laggiù lo avevano più volte invitato nelle loro terre. Pietro era infatti conosciutissimo, anche nelle plaghe più remote, grazie alle numerose rappresentazioni del suo "Primo maggio", in lingua spagnola, che nel continente sudamericano, soprattutto Argentina e Brasile, stava spopolando tra gli anarchici. Nel 1896-97 i ripetuti solleciti gli avevano fatto rispondere per lettera: "Se la malvagia imbecillità dei governanti italiani non volesse trattenermi relegato in questo paese […] a quest’ora avrei già risposto, accettando gli urgenti e cordiali inviti per un pellegrinaggio per l’ideale attraverso le città e i paesi dell’Argentina".
Paradossalmente fu la stessa “malvagia imbecillità dei governanti italiani” che nel 1898 lo costrinse a lasciare l'Italia, in seguito alla violenta repressione scatenata contro la sinistra, dopo i tumulti sociali di quell'anno. Fingendosi turista inglese viaggiò, insieme alla sorella Bice, a quanto pare ispiratrice e organizzatrice della fuga, fino al confine italo-francese. Espatriato, raggiunse Marsiglia, dove si imbarcò sul piroscafo Italie. A parte una breve sosta a Madera, sbarcò a Santos, in Brasile, per transitare a Rio de Janeiro, e infine stabilirsi a Buenos Aires.
La sua attività fu intensa fin dai primissimi giorni. La prima conferenza argentina, il 26 giugno 1898, fu sul tema "La funzione storica del giornalismo nella società moderna", al Circolo della stampa. La seconda, partecipata da ben duemila persone, la tenne al teatro Doria. Vi furono anche momenti molto duri. È il caso di una conferenza organizzata da edili a Buenos Aires, in cui Pietro ribadiva la sua "morale della solidarietà" in contrasto con le tesi degli individualisti. La cosa scatenò la reazione di alcuni di questi esponenti, che salirono sul palco e tentarono di aggredirlo. Pietro non si fece intimorire, e anzi li invitò a un confronto. Questo si terrà il 21 agosto, nel teatro Iris di Barracas, e prenderà il titolo di "La morale solidaria nella lotta e nella vita sociale in opposizione al dogma individualista". Il 25 novembre 1900 affronterà il tema "La donna e la famiglia", in cui esporrà la sua teoria “femminista”: "le donne – negli usi e nelle leggi – sono asservite alla tirannia del sesso maschile", perciò "l’emancipazione della donna sarà sempre vacua affermazione verbale se ad essa non porrà mano la donna medesima". L'ultima conferenza, sempre affollatissima, la terrà appena due giorni prima del rientro in Italia, il 12 gennaio 1902, al teatro Victoria.
Il romanziere argentino Alberto Ghiraldo rimase affascinato da Pietro, tanto da immortalarlo in una sua opera, “Humano ardor”, con il nom de plume di Ruggero Aicardi: "Un uomo straordinario, propagandista di alte idee sociali, di un rivoluzionarismo allarmante, ma che era ascoltato con rispetto da tutti gli ambienti per l’ammirevole forma con cui le esprimeva. […] Figura superba, modi distinti, dialettica brillante e un’inflessibilità a tutta prova. Era un oratore, oratore per eccellenza; sentiva la voluttà della parola e viveva nella tribuna […]. Attore consumato, dominava ogni segreto dell’oratoria e i suoi discorsi erano affascinanti opere d’arte che egli levigava giornalmente con la passione dell’orafo".
Com'era sua consuetudine alternava alla militanza attiva la passione per la cultura. Gonzalo Zaragoza scriverà: "la voce di Gori si udì in tutti gli ambienti sociali e in tutti gli angoli dell’Argentina, sia in locali operai che in grandi teatri, in italiano o in spagnolo". Si dedicò anche alla prediletta professione di avvocato, gestendo un consultorio juridico con il collega anarchico Arturo Riva.
Il suo impegno politico, che attrasse all'ideale anarchico molte persone di diversa estrazione sociale e culturale, fu il motore per la fondazione della Federacion obrera argentina, nel maggio 1901, una delle più importanti associazioni sindacali del paese. Con esso impresse alla lotta sindacale il concetto di una "lucha de transacciones continuas" e intese distinguere nettamente il piano dei principi anarchici da quello dell’attività rivendicativa quotidiana. Per questo introdusse nel sindacato argentino alcune basi in cui credeva, come la mozione, approvata a maggioranza, che si riservava di accettare, in particolari casi, il "juicio arbitral"; o come i documenti in favore di una "energica agitación" per la protezione del lavoro femminile e minorile; e infine sullo sciopero generale che, pur "base suprema de la lucha economica entre capital y trabajo", rimane una delle possibili e non immediate opzioni.
Dall'altro lato, molto apprezzati a Buenos Aires furono i suoi studi di sociologia criminale, tanto da valergli una cattedra all'università cittadina, come racconterà in un'intervista a Sandro Foresi; e soprattutto spronandolo a fondare e dirigere, nel novembre 1898, il giornale "Criminologia moderna", in cui espose la sua teoria “ambientale” del delitto, e che si avvalse della collaborazione di alcuni dei più illustri giuristi europei e sudamericani: Cesare Lombroso, Enrico Ferri, Adolfo Zerboglio, Guglielmo Ferrero, Scipio Sighele, Napoleone Colajanni, solo per citare gli italiani. Furono editi venti numeri, fino al giugno 1900. Pubblicò articoli anche sul "Ciencia social", una rivista culturale e scientifica che raccoglieva le firme più prestigiose del movimento libertario, e su "L'avvenire", dove scrisse articoli su diversi argomenti: da analisi sulla condizione del proletariato europeo a polemiche con individualisti e socialisti, da poesie e canzoni a opere teatrali.
Nell'intervista sopra detta rivelerà anche: "chiesi la cattedra di letteratura italiana [all'università di Buenos Aires], per quanto dalla Commissione classificato sobresaliente su 27 concorrenti, seppi dal Presidente Ropa, mio amico personale, che aveva firmato il decreto con cui nominava professore d'italiano l'argentino Martinez essendo il mio nome sgradito... alla Consulta".
Come nel precedente soggiorno nord-americano, non volle mettere radici nella capitale argentina, ma piuttosto conoscere i diversi aspetti dell'America latina e dei suoi popoli, portando ancora una volta in tournée l'idea. Nel 1899 lo troviamo così in un giro per l'Argentina, ma anche in Uruguay e Brasile, mentre nel 1901 è la volta di Patagonia, Cile – da esso rientrerà in Argentina attraversando la Cordigliera – e Paraguay.
Intanto, per il suo impegno culturale, la Società scientifica argentina gli aveva affidato la missione di raccogliere notizie sull'estrema punta meridionale del continente. Si imbarcò dunque sulle navi di stato insieme al pittore Angelo Tommasi alla volta della Terra del Fuoco. Nel corso della visita fotografava e annotava tutto ciò che apprendeva. Un secondo viaggio, questa volta accompagnato per breve tratto da Cesare Pascarella, lo intraprese lungo i fiumi Paranà e Alto Paranà, fino alle regioni del Ciaco e dell'Ignassa, raccogliendo note e stabilendo contatti con gli indios, a cui pare volle illustrare le sue idee libertarie.
Il ritorno in Italia fu avvelenato negli anni seguenti da un'insinuazione ridicola. Nel 1905 la polemica esplose duramente. Il socialista Adriano Patroni l'accusò, come ricorda lo stesso Gori, “colla debole e stupida invenzione di un incarico che mi avrebbe dato il governo Argentino per promuovere una corrente emigratoria per quel paese”. Pietro rigettò l'accusa: “né ora, né in passato, per principio e per carattere, volli accettare missioni, anche le più austeramente scientifiche, da governi, qualunque essi fossero”; e contrattaccava invitando il rivale “alla prima occasione che gli si presenti d'obbligare questo birbone farabutto a dire in che luogo e quando – pubblicamente e in mia presenza – è disposto a provarmi che io ho preso questo impegno col governo Argentino”. Ezio Bartalini ricorda che Pietro “invocò subito un giurì d'onore, nominando me, socialista, a suo rappresentante. L'accusatore, dal canto suo indicò l'on. Giuseppe Canepa, che fu d'accordo con me nel designare, come terzo membro del giurì l'on. Angiolo Cabrini. Così Gori fu giudicato da tre socialisti, che naturalmente pronunciarono un verdetto d'assoluta incolpabilità”. Pietro raccolse anche le scuse dei giornalisti che con poco buon senso avevano dato credito alle falsità.
L'8 maggio Pietro è di nuovo a Kansas City, dove tiene altre conferenze, tra cui quella intitolata “Il presente disordine sociale e l'anarchia”. Inoltre vi mette in scena il “Primo maggio”.
Andrea Galassi