Un esempio virtuoso di rapporto tra uomo e ambiente naturale valorizzato grazie alla ricerca scientifica e alla passione per l’innovazione di un viticoltore elbano, diventato testimonial della secolare tradizione enologica elbana, riconosciuta già all’epoca di Plinio il Vecchio: “Isola feconda di vino” e confermata anche i tempi nostri con molti produttori elbani di livello eccellente.
La protagonista di questa storia è l’Azienda agricola Arrighi di Porto Azzurro che ha fatto un esperimento per produrre il vino marino, frutto di una ricerca in campo enologico, realizzata all’isola d’Elba in collaborazione con il Professor Attilio Scienza, Ordinario di Viticoltura dell’Università degli Studi di Milano e Angela Zinnai e Francesca Venturi del corso di Viticoltura ed Enologia dell’Università di Pisa.
Antonio Arrighi, viticoltore dell’isola, con una superficie di 15 ettari, tutti all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, da oltre dieci anni sperimentava e vinificava nelle anfore di terracotta di Impruneta. Con l’Ansonica in anfora, tra l’altro, Arrighi aveva partecipato nel giugno 2019, all’ evento organizzato dal Comitato MAB Nazionale per presentare i migliori prodotti agroalimentari della rete delle Riserva delle Biosfera Italiane a Parigi alla sede UNESCO. https://www.isoleditoscanamabunesco.it/le-isole-di-toscana-al-mab-icc-a-parigi/
Arrighi conosce il Professor Scienza che gli parla della sua ricerca sul vino dell’isola di Chio. Si appassiona e decide di accettare la sfida di ripercorrere dopo 2500 anni, sulle tracce di un mito, le varie fasi della produzione di un vino antico. Nessuno gli garantiva che l’esperimento sarebbe riuscito, ma decise di provarci. Il vino di Chio aveva qualcosa che gli altri vini non avevano, un segreto che i produttori di questa isola dell’Egeo custodivano gelosamente e che rendeva questo vino particolare: la presenza nel vino, del sale derivante dalla pratica dell’immersione dell’uva chiusa in ceste, nel mare, con lo scopo di togliere la pruina dalla buccia ed accelerare così l’appassimento al sole, preservando in questo modo l’aroma del vitigno.
Il sale marino durante i giorni di immersione, per “osmosi” penetra anche all’interno, senza danneggiare l’acino. Il successivo passaggio delle uve avviene in anfore di terracotta. La presenza di sale nell’uva, con effetto antiossidante e disinfettante, ha permesso di provare a non utilizzare i solfiti, arrivando a produrre, dopo un anno in affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale, molto simile a quello prodotto 2500 anni fa, che ha fatto notizia
(https://www.facebook.com/watch/?v=174600163957439)
Dal progetto è nato anche un video realizzato e prodotto da Stefano Muti dal titolo “Vinum Insulae”, (https://fb.watch/2qUoEGz08I/) che ha vinto come miglior cortometraggio al 26esimo Festival International Œnovidéo di Marsiglia 2019 prestigioso evento che raccoglie film e fotografie sulla viticoltura da tutto il mondo
Anche Giulia Arrighi, figlia del titolare Antonio, sta studiando proprio in questo campo e ha seguito l’esperimento con il corso di Viticoltura e Enologia dell’Università degli Studi di Firenze. Giulia nel 2020 si è aggiudicata l’Oscar Green della Coldiretti Giovani, (https://youtu.be/_m27_v-bFjY ) sezione Creatività, per Nesos, un “vino marino”. Giulia sostiene che nel suo lavoro : «Innovare significa spesso saper recuperare il meglio della tradizione».
Foto: PG De Cecco per Arrighi