Si avvicina il Natale. Anche quest'anno. Il nostro mondo, occidentale, deve - non per scelta - inventarsi nuovi modi per celebrarlo. Tutti, che si sia religiosamente credenti, diversamente credenti o non credenti.
Da sempre ci viene insegnato che ogni tempo e ogni situazione racchiude opportunità.
Pensando ad una proposta di riflessione per i miei studenti, nell'ultima lezione prenatalizia (quella degli auguri, per intenderci), ho pensato a Pirandello.
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1) Perché Pirandello? Forse perché, a maggio del prossimo anno, ricorre il centenario della prima rappresentazione al Teatro Valle di Roma dell'opera <<Sei personaggi in cerca d'autore>>. Del capolavoro dell'autore siciliano colgo il tema del rapporto fra vita e forma. E mi pare adatto per questo tempo, che tanto sembra accomunarci al "figlio del Caos" (come lui stesso si definiva, riferendosi alla contrada del paese di nascita), con le nostre ricorrenti confusioni e incertezze, e al vitalismo, spesso sconfinato eppure per certi versi necessariamente regolato.
2) Tra le novelle di Pirandello ne troviamo alcune sul Natale. Fra queste <<Sogno di Natale>> (pubblicata il 27 dicembre del 1896). Scetticismo e disinganno caratterizzano lo sguardo di Pirandello sull'esistenza. In alcuni testi, però, troviamo riferimenti al sacro e al rapporto con il divino. In <<Sogno di Natale>>, l'Autore sogna che la vigilia di Natale, Gesù vaga per le vie di una città ricca di luminarie; cerca un’anima dentro la quale rifugiarsi per rivivere la notte di Natale; ma è triste perché non la trova.
Qui il testo completo di <<Sogno di Natale>>
3) Duemila anni fa, una mangiatoia è stata la prima casa di Gesù. Dopo di allora, in ogni tempo e luogo, a Natale (ma il cristiano sa che è ogni giorno) si rischia di preparare e vivere una festa dimenticandosi però del festeggiato. Poeta e mistico tedesco del Seicento, Angelo Silesio ha scritto: <<Anche se Cristo nascesse mille e diecimila volte a Betlemme, a nulla ti gioverà se non nasce almeno una volta nel tuo cuore>>.
La novella di Pirandello si conclude appunto con l'invito personale: è interpellato direttamente da Gesù e non può sottrarsi a questa interrogazione. E ciò vale per ognuno, senza esoneri perché anche non rispondere è una risposta che segna l'esistenza.
<<Gesù, ritornato innanzi a me come prima posandomi una mano sul petto riprese:
- Cerco un'anima, in cui rivivere. Tu vedi ch'ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l'anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un'anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d'ogn'altro di buona volontà.
- La città, Gesù? - io risposi sgomento. - E la casa e i miei cari e i miei sogni?
- Otterresti da me cento volte quel che perderai – ripeté Egli levando la mano dal mio petto e guardandomi fisso con quegli occhi profondi e chiari.
- Ah! io non posso, Gesù... - feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sulla persona.>>
4) Tempo opportuno, il mio e nostro, per riconsiderare la vita, i riferimenti, i beni (materiali e immateriali) con cui la riempiamo e a cui ci affidiamo. Per fare i conti con una persona concreta ma di valore e significato universale, portatrice di una pretesa che va oltre ogni ragionamento umano ma che con esso incrocia, che vuole essere risposta alla domanda di senso. E soprattutto con l'esperienza vitale di un incontro d'amore che riempia di infinito il finito, di eternità il tempo, di speranza il cammino umano in cui <<gioia e dolore hanno il confine incerto>>.
Nunzio Marotti