La storia di Maria la Vivandiera........ Maria Santelli era nata a San Piero in Campo nel 1772. All'età di 16 anni era andata in isposa ad un contadino della piana, Giuseppe Dini; aveva avuto in breve tempo quattro figli, dei quali due erano morti piccoli. Dai documenti ancora conservati presso la Chiesa Parrocchiale di San Piero risulta che la famiglia abitasse in una casa colonica in una località chiamata Gli Alzi. Fatto abbastanza inconsueto a quell'epoca, sia accanto al nome della donna che dell'uomo compare una lettera L maiuscola, che e l'abbreviazione della parola latina Litteratus. Vuol dire che entrambi sapevano leggere e scrivere.
Mia madre mi raccontava che all'età di 4 o 5 anni mia nonna la metteva già ai fornelli. A fare delle cose semplici, ma ai fornelli. Cuocere un uovo, scaldare della verdura; e s'era nel 1937 o 38. Maria dovevano avercela messa ancora prima; già da ragazzina era, si dice, celebre nel paese per come era brava a far da mangiare. Allora era un tesoro, significava per lo meno un buon matrimonio; e il Dini aveva la casa, la terra, la vigna, le bestie e una barca con le reti che però dava in prestito a dei pomontinchi. In cambio gli portavano il pesce.
Non ci è dato di sapere di più dai documenti della Parrocchia, anche se si chiamavano Giuseppe e Maria come il padre e la madre di Nostro Signore. In quel pezzo di carta c'è tutto quel che si doveva sapere di quell'uomo e di quella donna: l'anno e il luogo di nascita, il battesimo, la comunione, la cresima, il matrimonio. La nascita dei figli, la L, qualche annotazione personale dei parroci. Uno dei quali, Don Ovidio Fulceri da Livorno, aveva annotato (poco prima che la fanciulla andasse a nozze): "Ella è stimata la miglior cuciniera del paese".
Chiudo gli occhi e mi vedo le schiacce briache, i corolli, la minestra di lumache e timo, gli strùffoli,il sugo di làmpate, i migliacci. E invece quelli erano gran piatti. Chissà che tirava fuori dalle sue mani, tutti i giorni. Chissà che infilava nel paiolo, tra un pezzo di legno a bruciare ed un figlio che nasceva o moriva. Nel 1811 le morì anche il marito, all'età di 44 anni non ancor fatti; era nella vigna quando si sentì male. Il documento della parrocchia parla di "subitanea ed accidental morte"; la sua tomba non c'è più al cimitero del Paese, qualche volta l'ho cercata ma dev'essere stata smantellata chissà quando. M'immagino una lapide con quei testi funebri dettati dal maestro; il dì XXVI del mese di marzo dell'anno MDCCCXI fu crudelmente rapito a' suoi figli e alla sposa diletta Dini Giuseppe di anni XLVI, padre e marito esemplare...
E così, a 39 anni, Maria rimase vedova. Con i due figli sopravvissuti, una casa, una vigna e un po' di terra. La barca la dovette vendere; la vita la si doveva accettare com'era. Il Signore ne' Cieli aveva stabilito così; ma stava per arrivare all'Isola un Signore terreno, il cui potere era immenso, il cui nome era di bocca in bocca in tutto il mondo. Era nato in un'altra isola che dall'Elba si vede bene, nei giorni limpidi.
Napoleone Bonaparte, Imperatore de' Francesi, fu ricevuto nel 1814 a Portoferraio dal sindaco Giuseppe Traditi. Esiliato in quello scoglio, era pur sempre l'Aquila Imperiale; e anche se le porte delle mura medicee dell'antica Cosmòpoli se ne stavano belle aperte a chiunque, il sindaco volle consegnargli lo stesso le chiavi della città. Il bello è che non c'erano; gli toccò farne forgiare un paio, du' patacconi di mezzo metro l'una. Napoleone se le prese e andò alla Villa dei Mulini, che non era certo le Tuileries ma era pur sempre una reggia. Con sé aveva il suo seguito; dopo un po' arrivò anche la sua amante, la nobildonna polacca Maria Walewska.
Napoleone era una persona seria. Ridotto ad esser l'imperatore d'uno scoglio, volle pur sempre occuparsene. Fece costruire strade, ponti, due scuole ed un asilo per orfani; e girava di continuo. La leggenda vuole che da uno sperone di roccia a strapiombo sul mare, fra Pomonte e Chiessi, proprio davanti alla Corsica, s'andasse spesso a sedere per scrutare la sua terra. Ancor oggi quello sperone si chiama Sedia di Napoleone. Andava a bere l'acqua de' colli del Poggio, che viene giù diritta dal Capanne, e girava, girava, girava. Dovette capitare vicino agli Alzi, e farmarvisi a mangiare un boccone da una contadina vedova con due figli; la stessa contadina Maria Santelli vedova Dini che poco dopo fu presa al servizio di Sua Maestà Imperiale Napoleone Bonaparte come cuoca. "Ella è la miglior cuciniera del paese". Forse lo era anche di tutta l'Isola, e Napoleone non se la fece scappare.
Una manna dal cielo. Cuoca dell'Imperatore. Alloggiata alla villa dei Mulini prima, e a quella di San Martino poi. Ora si poteva sfogare, la Maria, con le prelibatezze che aveva a disposizione, con degli ospiti di così alto rango. Ma durò poco. Napoleone aveva altri progetti, le Aquile debbono volare. Dopo soli sei mesi la Francia lo richiamò, c'era una guerra e c'era un destino da compiersi. I Cento Giorni.
Ma anche durante i Cento Giorni si doveva pur mangiare; e Napoleone non volle privarsi della Maria. Quando la nave che riportava il Bonaparte in Francia salpò da Portoferraio, a bordo c'era anche lei con i suoi figli. Fu un lungo viaggio. L'Isola non l'avrebbe mai più rivista.
Cento giorni duran poco; l'Inghilterra e la Germania muovon guerra, la Francia s'affida al suo Imperatore. Si va alla battaglia. Alla Battaglia. Una piana delle Fiandre sembra fatta apposta, il cui nome suona d'acquitrinio nella nostra lingua e di Waterloo in quella del posto. Le truppe francesi accorrono per ispezionare e montare gli accampamenti e le fortificazioni; e tutti hanno bisogno di mangiare. Senza mangiare e bere non si fa battaglia. La Maria è cuoca, e diventa vivandiera militare; viene aggregata ad un reggimento di borgognoni, e mi piace immaginare l'incontro tra la cucina della mia Isola e quella d'una delle zone gastronomiche più rinomate della Francia. A qualche borgognone avrà fatto pur assaggiare uno strùffolo o un corollo.
Il 18 giugno 1815 Maria ha 43 anni. Non è più una ragazzina, i suoi figli sono stati mandati in un collegio di Pontoise. Chissà che aveva cucinato la sera prima; chissà che facevano a San Piero. Tempo di mietitura del grano, tempo di ramare la vigna; lì era tempo di far battaglia.
All'alba comincia; piove. Sarà un fattore decisivo per la sconfitta di Napoleone, le truppe vengono rallentate nella marcia perché gli stivali affondano nel fango. Siamo in un waterloo, in un pantano; ma prima che faccia giorno si comincia a sparare.
Chi l'avrà sparato il primo colpo, non si sa. Si sa però chi lo prese: Maria Santelli da San Piero in Campo. In pieno viso, diritto. Non si sa che cosa stava facendo in quel momento, e perché il destino l'aveva fatta trovare su quella prima traiettoria. Nel punto dove cadde, dieci secondi dopo l'inizio della battaglia, avevano messo una piccola lapide con il suo nome, sbagliandolo. Ora è nel Museo dei cimeli.
C'è scritto quanto segue:
MARIE SANTELLY
NÉE A L'ÎLE D'ELBE
VIVANDIÈRE DU XVI REGIMENT DE BORGOGNE
PREMIÈRE VICTIME DE LA BATAILLE
Riccardo Venturi