Sarà stata una giornata di cielo cupo, col mare gonfio che ribolliva e spruzzava acqua sugli scogli bianchi di granito che a volte, nella luce livida, sembrano di ghiaccio. Al paese si poteva arrivare via mare o tramite due terrificanti sentieri che conducevano a Marciana, passando dai precipizi marini di Campo allo Feno o dal santuario della Vergine del Monte.
Le case di Chiessi, quel giorno, si erano svegliate come sempre; qualcuno arrivava dal pauroso sentiero dello Scarubbato, con lo zoccolo del somaro che faceva rotolare i sassi verso lo sprofondo di Punta Nera, qualcun altro si era terrorizzato, nella notte, vedendo inspiegabili «croci illuminate», come raccontavano in tanti, lungo il percorso.
Ma in paese c’era qualcuno che aveva la mente piena di fantasmi e di tristezza. Quelle giornate, passate col marito nelle vigne, erano le stesse da anni; il rumore continuo della risacca la innervosiva, ora come non mai.
Sarebbe stata tutta così, la sua vita? E i suoi due piccoli figli che futuro avrebbero avuto? Prese con sé le due creature, si diresse verso sud, verso i Caloni, verso quelle meravigliose insenature create dal granito che si tuffa in mare.
Ancora una volta la risacca. Non vuole smetterla di rimbombare nella testa. È un rumore che fa impazzire. Basta saltare e non la senti più, la risacca. Poco dopo, una piccola folla grida verso il cielo di piombo; sono tutti lì, affacciati su quello che poi sarebbe diventato il «Calone della povera Lola».
Silvestre Ferruzzi