Gesù aveva inviato i suoi amici, a due a due, a mostrare la via dell'amore fraterno e delle beatitudini. Nel vangelo di oggi leggiamo che il Maestro li invita a stare con lui in disparte, per riposare un poco. Si tratta di riposo fisico ma anche della pace del cuore. Nel primo testamento biblico, il profeta Osea (2,14) presenta il Dio che parla al cuore di ogni uomo. E' la necessità di una relazione amorosa, di un dialogare pacato e ricco di significati, portatore di istanze e possibilità di trasformazione.
Ma come lasciarsi incontrare da Colui che incessantemente cerca la sua creatura?
Da tempo, la nostra cultura enfatizza il fare, l'azione. Ultimamente, è addirittura cresciuta – soprattutto in Occidente – la sfiducia nei confronti dell'efficacia dell'azione. E' forse il tempo propizio per “riposare” un poco, per riscoprire l'interiorità, per ritrovarsi oltre ogni immagine che ci siamo costruiti, identificandoci con il fare, con il ruolo sociale, con concetti e idee.
La tradizione cristiana ha sempre sottolineato questa esigenza, più o meno accolta: trovare del tempo per distaccarsi dagli impegni quotidiani, fermarsi a riconsiderare le ragioni profonde della vita e del proprio occuparsi delle necessità e dei bisogni. Pregare non è fuga dalle responsabilità. Al contrario, è rafforzare il senso di responsabilità dell'impegno, perché si va alla sorgente dell'agire, a quei valori che lo motivano, anzi al Valore per eccellenza, l'Assoluto, l'artefice della vita e il trasformatore della realtà.
Il modo di vivere, accelerato, è determinato quasi totalmente da ritmi sociali. Non è superfluo considerare il grado di libertà rispetto a bisogni indotti e al desiderio di accumulazione. Probabilmente, fermarsi può far considerare qualche cambiamento nello stile di vita, magari rinunciando a qualcosa per crescere in qualità di vita.
Talvolta l'iperattivismo (compreso quello virtuale) e la ricerca compulsiva di “divertimento” nascondono le domande profonde. Il concedersi ai dominanti modelli di “felicità” (giovane, ricco, bello e sano) può portare a crisi nel caso di perdita di uno o più di questi criteri-idoli. E spesso, mancano reti di protezione sociale o prossimi, per la difficoltà ad essere attenti alla unicità e al vissuto di ogni persona.
Lo stare di disparte (in preghiera o meditazione, anche areligiosa) può rappresentare la via per riprendere le redini della propria esistenza, il suo valore e senso, riscoprendo potenzialità inedite.
E dalla sosta, necessaria soprattutto quando ci sentiamo come mangiati dalle attività e dagli altri, può scaturire la commozione (compassione) per la folla che, racconta il vangelo, è come pecora senza pastore e ha bisogno di nutrimento, di ragioni di speranza.
(18 luglio 2021 – domenica 16 Ordinario)
PS - “Per cambiare, è essenziale conoscere se stessi; senza la conoscenza di quel che si è, manca una base su cui possa fondarsi il retto pensiero, e senza l'autoconoscenza non può esserci trasformazione. Bisogna conoscersi per quel che si è, non per come si desidera essere. (…) La rivoluzione deve avere inizio dentro di noi. (…) allora vedremo sopraggiungere una tranquillità che non è un prodotto della mente, una tranquillità che non è né immaginata, né coltivata; e solo in tale stato di tranquillità può esserci creatività” (J. Krishnamurti, filosofo indiano).
Nunzio Marotti
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