“Mia buona amica [Maria Luisa]. [...] Sono qui in un eremo a 600 tese sul livello del mare, con la vista di tutto il Mediterraneo, in mezzo a una foresta di castagni”.
Nell'estate 1814 arrivava alla Madonna del Monte l'ospite più illustre. Sì, proprio quello di cui quest'anno si festeggia il bicentenario della morte. Qui è ricordato soprattutto per l'incontro con Maria Walewska. Al di là dell'importanza storica dei tre personaggi (nel conto c'è anche il di loro figlio Alexandre, all'epoca un bimbo di 4 anni, ma in futuro ministro degli esteri di Napoleone III), l'episodio non mi appassiona minimamente: forse fu decisivo per la Storia, ma non lo sapremo mai, mancando documenti e testimoni diretti. È stato raccontato fino alla nausea, con narrazioni quasi da romanzo d'appendice.
Permettetemi quindi di saltarlo in blocco. Annoto solamente che (pare) la scorta di Napoleone ebbe un bel daffare per scacciare i curiosi, che arrivavano a nascondersi tra le fronde degli alberi per spiare gli amanti, quasi come moderni paparazzi. Se all'epoca ci fossero state macchine fotografiche e telefonini, probabilmente avremmo il resoconto più documentato della storia elbana. E oggi anche numeri speciali di riviste tipo Chi e Novella 2000.
Vediamo invece che tipo di ospite passò parte di quell'estate alla Madonna del Monte, dal 23 agosto al 5 settembre. Inizialmente pare avesse intenzione di recarsi al santuario il 1° agosto, forse per restarci tutto il mese. Posticipò di ben tre settimane l'arrivo molto probabilmente per evitare i festeggiamenti ferragostani della Madonna assunta, che si sarebbero protratti per almeno una settimana, con la prevedibile grossa affluenza di fedeli.
I motivi del breve soggiorno erano, a detta dello stesso Bonaparte, le migliori condizioni ambientali del monte Giove, poiché a Portoferraio l'estate era afosa. Il trasferimento poteva essere dettato anche da un altro fattore: sapendo che la Walewska lo avrebbe raggiunto per una veloce visita, è possibile che il piccolo corso si sia spostato in un luogo fuori mano, lontano dai clamori e dalle orecchie indiscrete che pullulavano a Portoferraio.
Giunto al santuario, ordinò al fido Bertrand due lanterne e un fanale per la tenda da campo. Si lamentò invece per l'assenza di due imposte da tre finestre della sua camera. Dispose di portare uno dei tre letti di ferro a Marciana (dove alloggerà Madame Mere) e dichiarò essere sufficienti i quindici materassi con coperte presenti al suo arrivo. Alla fine il suo soggiorno alla Madonna del Monte costerà duemila franchi, come si evince da una nota spese sulle residenze elbane di Bonaparte, redatta da Bertrand.
Come detto la madre Letizia fu fatta alloggiare a Marciana, in una casa privata, quella del maire aggiunto (in pratica il vicesindaco) del paese Cerbone Vadi, dove vi giunse il 25 agosto. Fu preferita questa sistemazione per evitarle i disagi di un posto malamente raggiungibile e dagli edifici poco confortevoli come la Madonna del Monte.
Napoleone arrivò al santuario alle nove di mattina con tutto il suo seguito: a sua protezione c'erano 50 granatieri della guardia imperiale. Vincenzo Paoli scrive che il romitorio fu così occupato: “Destinò la prima [stanza] ad anticamera, la seconda a stazione dell'ufficiale, la terza a gabinetto di lavoro, la quarta a sua camera da letto, la quinta a dimora del gran maresciallo. Di un bugigattolo attiguo fece la cucina. Poco discosto costruì una piccola scuderia. E i due Romiti? Si rifugiarono in cantina”. Anche Enrico Lombardi vuole i due meschini romiti confinati nella stalla. Ma forse sono conclusioni un po' forzate. Premesso che i romiti normalmente non vivevano certo nel lusso, ma in modestissime stanze, è probabile che non fossero disturbati più di tanto, e tantomeno sbattuti in cantina o nella stalla, anche se è vero che una parte del romitorio fu utilizzata dal Bonaparte e il suo cospicuo seguito. Tra l'altro il contegno di Napoleone nei confronti dei romiti degli altri santuari elbani che visitava sembra sempre improntato dalla cortesia e l'affabilità: non si vede perché avrebbe dovuto essere irrispettoso nei confronti di quelli della Madonna del Monte.
Peraltro Napoleone doveva trascorrere pochissimo tempo all'interno del romitorio, forse al massimo per dormirci, le cui stanze erano probabilmente troppo buie e umide. Preferiva la sua inseparabile tenda da campo di 6 metri per 4, montata nel piazzale del santuario. Gloria Peria aggiunge: “In prossimità delle fontane aveva fatto preparare la cucina, nel retro della chiesa, a ridosso del monte, la scuderia e, nel piazzale sottostante il romitorio, aveva fatto disporre l'accampamento”. Anche da ciò si vede che alla Madonna del Monte si respirasse più un'aria da acquartieramento militare che da occupazione proterva di spazi sacri o altrui.
Una pianta della dislocazione dell'accampamento si trova proprio nel libro di Paoli (Napoleone I all'Elba, Catania, 1928). A questo proposito va notata una cosa: meno male che questa pianta non è stata vista da qualche speculatore turistico del dopoguerra, quando c'era un'autentica fregola di promozione associata al Bonaparte, altrimenti probabilmente questi splendidi posti sarebbero stati deturpati da un tetro “camping Napoleone”.
Dopo cinque ore dal suo arrivo impartì una battuta di caccia. Questo era uno pochi svaghi che si concederà durante la “vacanza”. Infatti anche alla Madonna del Monte non perse l'abitudine di dare disposizioni amministrative e progettare opere pubbliche per il suo piccolo dominio. Tra esse sono da segnalare le intenzioni di popolamento, organizzazione amministrativa ed economica per l'isola di Pianosa; ma soprattutto si concentrò sulla prospettiva di un impianto siderurgico sull'isola. Questo pensiero fu quasi una fissazione, tanto da chiedere sovente pareri e preventivi all'altro fido generale Drouot.
Oltre alla caccia, i suoi momenti di relax erano costituiti dalle passeggiate col suo cavallo Libertin, di razza corsa e di pelo bianco. Pare che quasi ogni giorno scendesse a Marciana per visitare la madre, e poi l'accompagnasse nel percorso di andata e ritorno al santuario, lei in lettiga e lui a piedi. Per il resto condusse una vita sobria, come si conveniva al luogo. Da una lettera al solito Bertrand sembra di capire che avesse trovato anche qualche giornata di brutto tempo: “Tanto il soggiorno alla Madonna è gradevole quando è caldo, così è scomodo quando è cattivo tempo”.
Poteva mancare l'aneddoto napoleonico legato alla Madonna del Monte? No, non poteva. In questo caso vediamo Bonaparte nella veste di difensore della morale religiosa. Il giorno dopo il suo arrivo sorprese un ufficiale del suo seguito, il marcianese Bernotti, che si radeva in chiesa, con uno specchio appeso a una colonna. Seccato dall'impudicizia, Napoleone lo rampognò: “Bernotti, chi non rispetta le chiese non può essere un buon soldato!” E quando il peccatore cercò di giustificarsi, il piccolo corso tagliò corto: “Niente scuse, pensate a quello che vi ho detto”.
A questo punto mi va di aprire una piccola parentesi. Fateci caso, tutte le frasi che attribuiscono a Napoleone durante l'esilio elbano non sono certo memorabili o di grande originalità, però chissà perché vengono raccontate come qualcosa da tramandare...
La tradizione ci racconta di un uomo triste, seduto mestamente sulle coti di Serraventosa a osservare il tramonto sulla sua Corsica, con nostalgia per la terra natale. Scusate se rovino il romanticismo, ma ci credo poco. Fino al 1793 Napoleone era orgoglioso della sua origine corsa e Pasquale Paoli era un eroe anche per lui, come per i suoi conterranei. Ma in quell'anno ci fu lo strappo tra Paoli, nominato governatore dell'isola due anni prima da Luigi XVI, e Parigi. Paoli chiamò alle armi i corsi contro i francesi. Non solo Napoleone, ma l'intera famiglia Bonaparte, gli voltò le spalle, tanto che furono costretti a fuggire dagli indipendentisti inferociti, che gliela giurarono di morte anche quando diventò famiglia imperiale. Da allora fu solo odio, tanto che arrivò a definire con disprezzo la sua isola un fastidio per la Francia.
Chissà che dalla Madonna del Monte non la vedesse squadernata davanti come uno sberleffo alla sua smisurata ambizione.
Andrea Galassi