E adesso parliamo un po' di futuro, facendo tesoro del viaggio appena trascorso. Si può provare a prefigurare l'avvenire distinguendo due piani e stabilendo dei punti fermi.
Il primo piano è quello del turismo in generale. E il primo punto fermo è che il turismo, essendo un fenomeno di massa, ha dinamiche ampie e sovranazionali. Da questo punto di vista un territorio circoscritto come l'Elba può fare pochissimo. Per esempio, l'enorme interesse per il turismo escursionistico è un fenomeno internazionale, non certo influenzato dall'Elba. L'isola può solo registrare il fenomeno e inserirsi in esso, magari con un impegno mirato verso questo tipo di turisti (e va riconosciuto che lo sta facendo). Da questo punto di vista dunque l'Elba può solo intercettare tutte le possibili forme di turismo che propone il mercato mondiale, e, compatibilmente con la sua natura, senza che esse la snaturino, diventare attrattiva per chi le pratica.
Per le stesse ragioni un grosso peso nell'andamento turistico lo hanno le crisi, in tutte le loro forme (economiche, belliche, sanitarie). Sono discorsi oziosi (e a me personalmente hanno stufato) quelli che vogliono un buon risultato di una stagione come frutto di queste crisi, che dirottano all'Elba i vacanzieri. Tutti gli aspetti della nostra vita, non solo il turismo, sono più o meno condizionati anche da crisi di tale natura, come dimostra benissimo la corrente pandemia. È oltretutto irritante pensare che crisi, che comportano un doloroso carico di morti, spesso a poche centinaia di chilometri da noi, diventino cogenti per il bilancio di una stagione turistica e ininfluenti per il portato della tragedia stessa. Ci sarebbe da riflettere su questo.
Il secondo punto fermo è che il turismo di massa, per sua natura, è composto da tutto e il suo contrario: c'è il visitatore colto e raffinato e quello casinista e volgare; chi viene per scoprire i gioielli ambientali e storici e chi viene solo per andare tutto il giorno in spiaggia e per mercatini; chi ha rispetto della fragilità dell'isola e chi se ne fotte come fosse qualcosa da usare e buttare. Essendo ormai l'Elba in questa dimensione, ci dobbiamo beccare di tutto, vantaggi e svantaggi, dall'alta classe del concerto di un virtuoso della musica classica agli sciamannati urlanti e ubriachi della dozzinale notte bianca. L'unica alternativa è uscire dalla dimensione di turismo di massa: un'ipotesi che a formularla in pubblico si rischia la camicia di forza.
Allora dobbiamo accettare passivamente questa situazione? No, perché si passa al secondo piano, quello puramente locale. Qui sì che le cose possono cambiare e migliorare. I danni che sono stati fatti al territorio e talvolta alla società, che abbiamo visto nei capitoli precedenti, sono di insegnamento: quello che viene fatto in nome, come scriveva Gin Racheli, di una malintesa vocazione turistica (mero profitto, speculazione, carpe diem economico) comporta una devastazione spesso irreversibile. Per evitarlo in futuro, le scelte a ogni livello non devono essere fatte in funzione esclusiva del turismo (che poi sarebbe meglio dire del profitto), ma facendo in modo che il turismo si integri con la nostra realtà.
Quindi si può tornare a valorizzare la nostra storia, recuperare tutto il patrimonio culturale perso frettolosamente e snobisticamente in passato, mettere al centro il valore dell'ambiente e delle biodiversità dell'isola.
Tutto questo perché lo richiede il turismo?
No. Assolutamente no.
Tutto questo per riaffermare l'unicità, la specificità, la cultura, il patrimonio, che rendono l'Elba speciale. Per riconciliarci con il nostro passato e aver rispetto del territorio dove viviamo tutto l'anno. Per non omologarsi a centinaia di luoghi di vacanza, che non hanno mai avuto un'anima. E non lo dobbiamo fare in nome del turismo, ma di noi stessi.
Faccio due esempi pratici. Non si devono fare le aree marine protette per compiacere il turismo, ma per salvaguardare il nostro mare; non si deve organizzare l'evento culturale in funzione del gusto o del numero di visitatori, ma in rispetto della cultura stessa. Solo in funzione accessoria queste due cose possono inserirsi e integrarsi con l'offerta turistica.
In conclusione, è il turismo che deve conciliarsi con l'unicità dell'Elba, con la sua fragilità ambientale, con i limiti naturali di un'isola. Sono pronto a scommettere che la maggioranza dei turisti sarebbe pronta a stringere il patto.
E allora, sì, potremmo veramente parlare di matrimonio riuscito.
p.s. Ci tengo molto a questo post scriptum. Per tre ragioni. La prima è per ringraziare tutti i lettori per avermi fatto compagnia in questo viaggio.
La seconda è perché per la prima volta ho scritto una storia dell'Elba dove sono direttamente coinvolto, sia come testimone diretto dell'ultimo quarantennio, sia per il vissuto famigliare, che ha attraversato quasi tutta la storia turistica dell'isola. Tutte le luci e ombre descritte sono anche una sorta di racconto famigliare, con momenti a tratti belli a tratti dolorosi. Il mio pessimismo pasoliniano per la borghesia non mi fa dimenticare (come non lo faceva dimenticare allo stesso Pasolini) che anch'io appartengo a questa classe, sebbene spesso abbia vissuto la cosa come una camicia di forza, e abbia tutt'ora insofferenza per l'a-culturazione di molti (troppi) suoi appartenenti.
La terza ragione è perché, credo per la prima volta, la storia turistica elbana viene raccontata a 360°, anche nelle sue pieghe meno nobili. Non perché sono il più bravo, ma perché mi sono stufato di narrazioni dove si mostrano solo le parti in chiaro e scintillanti. L'unica che ha rotto questo schema perfettino è stata Gin Racheli, non a caso citata più volte. Ma Gin, nei suoi anni, descriveva il fenomeno in presa diretta. Da ora in avanti penso che occorra storicizzarlo, e quindi raccontarlo nella sua complessità. Spero che altri lo facciano ancora meglio di me.
Andrea Galassi
Termina (al momento) la lunga riflessione di Andrea, che abbiamo somministrato ai nostri lettori nell'arco di una settimana settembrina di una "stagione", che si sta chiudendo, per una serie di concause, in maniera - almeno economicamente - assai proficua per l'Elba.
Per dovere di cronaca segnaliamo di aver già registrato molti e diversi apprezzamenti sul lavoro di Galassi: giudicato dai più come serio, acuto e documentato. In più di un caso è arrivata all'autore la richiesta di riprendere l'argomento per estendere ed approfondire la sua interessante analisi.
Se ci sarà, da parte dell'autore di questi 6 interventi, la disponibilità a riprendere il filo del discorso e proseguirlo, il supporto di Elbareport non mancherà.
s.r.