Il vangelo di questa domenica, presentando l'ultimo dei profeti dell'Antico Testamento, dice che Giovanni Battista “evangelizzava”, vale a dire annunciava a tutti la buona notizia (= vangelo, cioè il Cristo).
Proviamo ad entrare nei significati e individuare possibili riferimenti per l'oggi.
Giovanni battezza con acqua: un modo per dire che ognuno riconosce la propria creaturalità, cioè il proprio valore e l'essere limitato e relativo ad altro, al Creatore, e agli altri. E di conseguenza esorta a praticare la giustizia, nel distacco dal possesso e nella condivisione. Questo è l'insegnamento dell'Antico Testamento. Giovanni apre però una prospettiva nuova e indica Qualcuno che è “più forte” di lui e “battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. Ed è questa la buona notizia: l'Atteso, il Cristo verrà e immergerà (= battezzare) nella realtà di Dio (= Spirito Santo), e dal fuoco dell'amore farà rinascere una creatura nuova capace di amare. E' questa l'opera divina che è narrata nel Nuovo Testamento.
Il piano della giustizia (Giovanni) è necessario ma imperfetto: occorre percorrerlo per potersi aprire al piano dell'amore (Gesù), che è una giustizia nuova, che non abolisce la prima, anzi la comprende e la supera in qualcosa di superiore. Infatti, il regno di Dio richiede una giustizia “eccessiva” (Matteo 5,20.47), un amore che giunge a perdonare i propri nemici (cioè coloro che ci considerano nemici, giacché appare assurdo che il cristiano si senta nemico di qualcuno), addirittura giunge a poter rinunciare ai propri diritti (per esempio la vita) per la difesa dell'altro e dei suoi diritti.
Questa è la giustizia nuova, quella dei figli del Padre divino che sono fratelli di Cristo e di ogni uomo (e di ogni essere del creato, secondo l'insegnamento di san Francesco e della Laudato Si').
A che punto siamo? Siamo ancora fermi alla prima giustizia. Certamente utile, ma non sufficiente affinché il Cristianesimo esplichi nella storia la sua forza rivoluzionaria.
Forse, più correttamente, la storia e l'attualità ci mostrano che questa prima giustizia fa addirittura fatica.
Ci si chiede allora: in questo tempo, che cosa dobbiamo fare?
Ricorro alla sintesi di Bonhoeffer, teologo protestante martirizzato dal nazismo: “pregare e operare ciò che è giusto tra gli uomini”.
Pregare: è la relazione vitale e personale con Dio (l'Assoluto, il Fondamento dell'essere), attraverso una conoscenza esperienziale, oltre che mentale. Va riscoperta la dimensione mistica dell'esistenza. Facendo tesoro delle tante strade meditative e contemplative, religiose e sapienziali, che immettono nell'unica Via del Silenzio. Una dimensione che rende consapevoli della grandezza di ognuno e del comune legame nella famiglia umana e nel suo habitat. Come dice L. Freeman, “Nella meditazione, non solo approfondiamo la pace con la quale possiamo affrontare l’impermanenza delle cose e il caos del cambiamento. Ci uniamo anche a coloro che soffrono come, o anche probabilmente più, di noi stessi.”
Operare la giustizia: riscoprire la dignità di ogni essere umano, minacciata dalle varie forme di violenza che originano dalla brama di possesso dell'altro e dei beni comuni. In particolare, prendersi cura del pianeta malato per le disuguaglianze socioeconomiche e la crisi climatica. Quest'ultima ci obbliga a cambiare rotta urgentemente, per evitare che nel giro di pochissimi anni (dieci o poco più, secondo gli scienziati) il pianeta raggiunga un tale stato di instabilità che non sarà più possibile governarlo. La riscoperta della fraternità universale apre prospettive nuove e speranze per il futuro.
(12 dicembre 2021 – terza domenica di Avvento)
Nunzio Marotti
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