"I giovani Erasmus (...) sono diventati protagonisti di esperienze di vita, oltre che di studio. Esperienze che hanno reso forte la loro consapevolezza di essere anche cittadini europei. Hanno avuto prova di un ethos condiviso e lo hanno incrementato nel dialogo, nell’amicizia, nello studio comune".
Sono parole che il Presidente Mattarella ha pronunciato all'Università di Parma il 4 ottobre scorso.
Oggi più che mai, c'è necessità di un dialogo sereno, autentico e costruttivo. Ma questo dialogo ha bisogno di essere promosso e praticato. E la scuola, come l'università, è uno dei luoghi in cui questo è possibile.
Il tema del dialogo è richiamato in questi giorni dal messaggio che annualmente, in occasione delle iscrizioni a scuola, i vescovi italiani rivolgono a studenti e famiglie per ricordare il valore di una materia, l'insegnamento della religione, che è parte del curricolo scolastico.
Si tratta, si legge nella Nota, di "una materia che, per sua natura, favorisce il dialogo e il confronto tra persone ed esperienze diverse". E' quanto ordinariamente sperimentano coloro che se ne avvalgono. Ed è quanto è previsto dalle Indicazioni nazionali. Per esempio, quelle per l'Infanzia (“sviluppare un positivo senso di sé e sperimentare relazioni serene con gli altri, anche appartenenti a differenti tradizioni culturali e religiose”) e per i Licei (“l’IRC, nell’attuale contesto multiculturale, mediante la propria proposta, promuove tra gli studenti la partecipazione ad un dialogo autentico e costruttivo, educando all’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace”).
Vale la pena ampliare un po' la riflessione, sottolineando che l'educazione al dialogo costituisce una sfida per il presente e il futuro. Nella società e nel mondo intero si confrontano interessi e aspettative. La globalizzazione ha prodotto populismi e nazionalismi, chiusure e arroccamenti. I conflitti, inevitabili, possono essere affrontati con modalità violente o nonviolente. Il dialogo, una delle armi della nonviolenza, parte dalla conoscenza e dal riconoscimento reciproci, dal rispetto delle diversità, dal confronto pacifico delle idee e dall'individuazione di soluzioni che non prevedano l'umiliazione dell'altro (alcuni parlano di terza "verità" fra le due in conflitto, o di sintesi cha va oltre). Il riconoscimento dell'altro, dell'identità altrui, non vuol dire rinuncia alla propria, ma co-costruzione di un'identità arricchita, perché le identità sono dinamiche (aperte al futuro più che bloccate nel passato).
L'ambiente scolastico ben si presta a mettere in atto una educazione al dialogo. Un dialogo all'interno della classe, fra docente e alunni e fra coetanei. Ma dialogo anche fra le diverse componenti, sia attraverso il sistema della rappresentanza che attraverso momenti assembleari. Dialogo fra docenti e con il dirigente scolastico. Non mancano gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione. In realtà, ogni momento, ogni incontro anche occasionale può divenire opportunità di conoscenza e crescita attraverso il dialogo. Insomma, in questo senso l'ambiente scolastico è vera palestra di dialogo e di democrazia.
Certamente non è facile. Nelle classi, talvolta, può capitare che qualcuno o un piccolo gruppo consideri se stesso con senso di (ingiustificata) superiorità. Potrebbe capitare che il rapporto, necessariamente asimmetrico, tra docente e alunni si basi sulla reciproca consapevolezza di chi abbia il famigerato "coltello dalla parte del manico". In entrambi i casi, si potrebbero notare prevaricazioni, pressioni e, non sia mai, ricatti. Psicologici, naturalmente.
La conoscenza sincera di sé e dell'altro costituiscono una precondizione per un dialogo fruttuoso. Ciascuna persona fa i conti con il proprio vissuto, fatto anche di ferite e criticità, ed è impegnato nel difficile "mestiere di vivere". Al fondo di ognuno, però, c'è una bellezza che vuole emergere e cerca solo una feritoia attraverso la quale liberarsi. Ricoprire un ruolo sociale, come quello di insegnante o studente, può ostacolare questo disvelamento. Ma è proprio all'interno delle relazioni, anche quelle scolastiche, che ognuno ha la possibilità di riscoprire se stesso, riconoscere l'altro e avvertire una reciproca appartenenza.
Sul piano della concretezza e della semplicità, possono tornare utili sette verbi. Li prendo in prestito da papa Francesco, che li usa per aprire il sesto capitolo dell'enciclica "Fratelli tutti", intitolato "Dialogo e amicizia sociale". Questi i verbi: avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto. Immaginiamo una loro applicazione nelle concrete relazioni scolastiche. Studenti che si guardano come se fosse la prima volta, desiderosi di carpire il bello che è l'altro, fino a percepire quell' "essenziale (che) è invisibile agli occhi"; e sperimentare, così, il desiderio di aprirsi, di raccontarsi con fiducia. E pensiamo a un adulto che si sforza di "praticare" queste azioni con i suoi alunni, considerato ciascuno nella sua unicità e capacità relazionale.
Sì, la scuola è una grande occasione per crescere insieme, anche in questo tempo di normative sanitarie. Sì, perché sempre la creatività dettata dall'amore per la cultura e, quindi, per l'uomo può inventare modalità per un "proficuo dialogo educativo".
Nunzio Marotti
[dal sito ilregnodiaslan.it]