Addio, Monica! Te ne sei andata anche te, e ben poco rimane ormai della mia giovinezza. La memoria delle serate romane, negli anni cinquanta del secolo scorso, ci avevano legati con il loro buonumore, gli scherzi e le battute, ma soprattutto per la reciproca stima e affetto. Ci si sentiva di rado, fino a quando sei caduta in una nuvola di nebbia che ti concedeva pochi sprazzi di luce.
Unica femmina, ti accodavi talvolta alla nostra schiera di vagabondi notturni formata da Elio Filippo Accrocca, Raffaello Brignetti, Piero Turchetti, Massimo Franciosa e altri poeti, scrittori vicini al Maestro Ungaretti. Voglio ricordare quel che accadde una sera quando, dopo una ribotta, si arrivò in Piazza Navona dove le nostre voci, prendendo forza grazie al vuoto, si facevano più alte. Le risate risuonavano becere e gagliarde.
Su una panchina, vicino alla fontana del Bernini, la luce fioca dei fanali illuminava un voluminoso fagotto di panno nero, il quale d'un tratto si aprì, lasciando scoperta la testa di un uomo infuriato. Nel buio pareva un guerriero pericoloso: Villani! ci gridò, è questa l'ora di far tanto baccano, di rompere le scatole a chi riposa? Abbiate un pò di riguardo, per Dio! Vergognatevi, mascalzoni!... Mi disse Accrocca: Avvicinati, Manrico, vatti a scusare. Per scherzo sussurrai: E se è armato? Ma l'uomo si era seduto, intabarrato in un mantello a ruota, con la testa un pò bassa. Si era quasi calmato. Di malavoglia chiesi scusa per tutti. Si sieda, si sieda! mi disse. ... Feci una lunga chiacchierata con quello che consideravo un barbone di buona cultura. Si parlò di Pasquino e del Belli, di irriverenza e di gioco. Dopo un poco, però, mi accorsi che il volto di quell'uomo somigliava come una goccia d'acqua a un noto poeta. Non potei trattenermi dal chiedere: Ma Lei, è Quasimodo? Al che il personaggio recuperò tutta la furia di prima. Mi alzai subito. Se ne vada, se ne vada!, mi urlò, e con scatto ... fu di nuovo un grosso fagotto di panno nero. Dopo qualche anno, in un incontro a un caffè di Piazza Navona, fosti tu, Monica, a confermare che si trattò proprio di Quasimodo e mi dicesti anche la ragione del suo dormire là, non lontano da casa, sulla panchina. Ma per rispetto a Quasimodo, che poi ho frequentato senza che mai ricordasse quell'incontro notturno, non riporto il pettegolezzo che mi raccontasti, e ci procurò un'altra delle fantastiche risate delle quali godemmo ai nostri incontri.
Triste salutarti, Monica, mentre ti lascio entrare nel mio cuore come memoria di allegria intelligente.
Manrico Murzi