Al centro del vangelo di questa domenica ci sono le Beatitudini che vengono normalmente definite il “manifesto di Gesù e del cristiano”. A differenza di altri maestri, Gesù nel proclamarle ha di mira non tanto il fare quanto l'essere. Beata è la creatura che si lascia trasformare da quell'energia vitale che è l'amore divino (lo Spirito). Solo da questo rinnovamento profondo scaturisce un “fare” nuovo, creativo, trasformativo del presente. Il vero beato è Gesù: povero, affamato, afflitto, odiato, bandito, insultato, respinto. Una beatitudine che è condivisione della sorte dei “crocifissi” della storia, è stare dalla parte degli esclusi e dei deboli, è sostare nei luoghi dell'abbandono e del disagio. Partecipare alla beatitudine di Cristo vuol dire stare con lui dove lui sta. Una scelta non apprezzata dalla “società”che anzi contrasterà etichettando in vario modo: senza buon senso, pazzo, presuntuoso, asociale, anticonformista, rivoluzionario, disadattato. Fino a giungere alla soluzione estrema: la decisione di togliere di mezzo chi contraddice lo stile di vita dominante.
La parola di Gesù esprime il senso dell'autentica felicità (beatitudine) dell'uomo, nel presente e per il futuro: il dono di sé, il prendersi cura degli altri in quella fraternità concreta che si estende all'intero creato, in unione con il Maestro. Si comprende, così, il senso dei quattro “guai” opposti ai quattro “beati”. Non si tratta di un grido di vittoria e di rivalsa, ma del lamento di dolore con cui Gesù, compassionevole, avvisa di un male di cui non hanno cognizione (alcuni traducono il greco ούαι non con “guai” ma con “ahimè”). La “febbre” dell'egoismo (alternativo all'amore-dono) “trasforma in poveri insoddisfatti che vogliono avere tutto e provare tutto” (papa Francesco).
E' doveroso ricordare che l'opposizione ricco/povero non è riducibile alla pur necessaria lettura sociale. L'opposizione è all'interno di ciascun uomo, dove male e bene si scontrano attraverso le scelte. L'ascolto (non superficiale) delle parole di Cristo aiuta a discernere per incarnarle nella vita quotidiana e, come dice Francesco, “ci faranno bene, ci renderanno genuinamente felici”. Perciò, permettiamo a Cristo di “provocarci, di richiamarci a un reale cambiamento di vita”.
(13 febbraio 2022 – 6a domenica tempo ordinario)
PS - “Potremmo pensare che diamo gloria a Dio solo con il culto e la preghiera, o unicamente osservando alcune norme etiche – è vero che il primato spetta alla relazione con Dio –, e dimentichiamo che il criterio per valutare la nostra vita è anzitutto ciò che abbiamo fatto agli altri. La preghiera è preziosa se alimenta una donazione quotidiana d’amore.” - “Chi desidera veramente dare gloria a Dio con la propria vita, (...) è chiamato a tormentarsi, spendersi e stancarsi cercando di vivere le opere di misericordia.” (Francesco, Gaudete et exultate, nn. 104 e 107)
Nunzio Marotti
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