La parola “Monte” sta per capitale ed è chiamato “di pietà” o anche “pio” in quanto il capitale è stato “instituito per il comodo de’ più poveri”.
Il monte di pietà è un'istituzione finanziaria senza scopo di lucro, di origini tardo-medievali, sorta in Italia nella seconda metà del XV secolo su iniziativa di alcuni frati francescani, allo scopo di erogare prestiti di limitata entità (microcredito) a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato. L'erogazione finanziaria avveniva in cambio di un pegno: i clienti, a garanzia del prestito, dovevano presentare un pegno che valesse almeno un terzo in più della somma che si voleva fosse concessa in prestito. La durata del prestito, di solito, era di circa un anno; trascorso il periodo del prestito, se la somma non era restituita il pegno veniva venduto all’asta.
I Monti di Pietà per l’attività finanziaria e bancaria svolta sono precursori delle casse di Risparmio.
Dopo l’unità d’Italia furono trasformati in Opere Pie.
Come sopra accennato, in Italia sono sorti nel secolo XV.
Prima di quell’epoca, si possono individuare quali loro predecessori le fondazioni religiose cristiane medioevali, ad esempio i Templari,che avevano avviato la prima attività bancaria dell’occidente.
Il Monte di Pietà sorto in Italia ad opera dei francescani come istituto di credito su pegno divenne poi una magistratura cittadina e finì per erogare prestiti con interesse.
Anche a Portoferraio sorse il Monte di Pietà nel 1699
Vincenzo degli Alberti nel 1766 nella sua relazione manoscritta così scrive sul Monte di Pietà a Portoferraio
“Relazione di Portoferraio fatta a Sua Altezza Reale dal Conte Vincenzo degli Alberti suo Consigliere di Stato” così scrive sul Monte Pio a Portoferraio:
“Per quel che riguarda infine quel Monte Pio ho ritrovato che questo fu stabilito col fondo di pezze 1500 da otto reali somministrato dall’Abbondanza che fu poi aumentato a Pezze 2000 di cui ne ritira la stessa Abbondanza l’interesse alla ragione del tre per cento l’anno finchè non sia restituito il capitale.
Dalla Memoria che è qui segnata al N. 13 che mi hanno data quei Ministri di detto Monte si rileva che detti fondi sono aomentati presentemente fino a pezze 6000 che fano lire 34500,capitale che stimo sufficiente per supplire ai pegni che i Poveri di Portoferraio sono in necessità di fare di tempo in tempo ma perché è necessario di dar più attività a detti capitali quali ho trovati incagliati in pegni assai antichi sarebbe bene che i detti pegni dopo quattordici mesi (giacchè portano così le costitizioni de Monti) o si riscuotessero dai proprietari o si riconducessero col pagamento degli interessi scaduti o si vendessero all’asta pubblica, che ho partecipata alla Deputazione de Monti Pii perché dalla medesima sia esaminata ,si propone di tenere aperto due volte la settimana il Monte per comodo di ricondurre i Pegni e che ogni giorno di festa quelli che non sono ricondotti venghino posti all’incanto e quando in Portoferraio manchino compratori siano mandati a vendersi a Livorno.
Importerebbe anche molto per il vantaggio di detto Monte che non fosse permesso ai Ministri di dar maggior somma di lire 35 sopra qualunque pegno poiché essendo il detto Monte instituito per il comodo dei più poveri è giusto che loro abbino la preferenza sopra gli altri che sono più comodi”
(“Relazione di Portoferraio fatta a Sua Altezza Reale dal Conte Vincenzo degli Alberti suo Consigliere di Stato”. Pagina 43. Manoscritto del 1766.Vincenzo degli Alberti. Biblioteca comunale. Portoferraio)
Marcello Camici
Nell'immagine di copertina: Anonimo. Olio su tela. Veduta di Portoferraio intorno al 1705