La storia dei cavatori è chiaramente una storia tutta al maschile, ma come abbiamo visto nei capitoli precedenti le donne talvolta entrano in scena. D'altra parte quegli uomini avevano anche mogli, madri, figlie e sorelle con cui condividere il loro ruolo di ultimi. Ma considerare le donne in quest'epica solo in veste ancillare è un errore. Spesso anzi diventano protagoniste.
Il mestiere di cavatore sarebbe massacrante per una donna, eppure esistevano anche lavori in miniera che potevano essere alla sua portata, se lo erano a quella di ragazzini, come vedremo meglio nel prossimo capitolo. Inoltre nelle miniere esisteva anche un settore impiegatizio, e una donna aveva quindi tutte le carte in regola per potervi accedere. Ma consideriamo questo semplice dato: nel 1901 gli impiegati nelle miniere della società Elba erano 93, di cui solo due donne. È evidente che quel mondo era estremamente maschilista, e per conquistarlo una donna doveva sgomitare e godere di solidi puntelli.
Ma le donne diventano protagoniste, in quella società, nelle lotte e le rivendicazioni. Lo faranno per tutto il quarantennio dei grandi scioperi. Le loro lotte le pagavano anche col sangue. Sappiamo infatti che durante uno sciopero del luglio 1919, a Rio Marina, morì una quindicenne, per un colpo di moschetto sparato dai carabinieri.
Chi meglio di una donna, una delle più appassionate osservatrici dell'Elba, può descrivere efficacemente una di quelle prime agitazioni, negli anni '80 dell'Ottocento. Ecco a voi Gin Racheli: “La popolazione manifestò violentemente nelle strade, guidata dalle donne particolarmente combattive. Abbiamo avuto dalla signorina Daniela Chionsini di Rio, sensibile studiosa della storia della sua terra, il testo inedito di una canzone che le donne riesi spavaldamente cantavano in quei giorni: Bandiera in mano / camicia rossa / donna riese / sublime indossa. / A quelle vesti / treman le genti / tinte nel sangue / dei prepotenti. / Con schioppo carico / invitta e forte / donna riese / sfida la morte. / Banda e campana / suona a distesa / uomini e donne / pronti in difesa. / Valore costanza / han dimostrato / ogni periglio / hanno affrontato. / Gioisci Rio / che i figli tuoi / son prodi figli, / son veri eroi”. (“Le isole del ferro”, Milano, 1987, pag. 360).
Un episodio minore, ma altrettanto esemplificativo, non se lo lascia scappare neanche Henky Hentschel, nel suo “Capoliveri Ritratto di un amico difficile” (München, 1982). Il cavatore Lando racconta all'autore: “Mia madre pesava 115 chili ed era alta un metro e ottanta e le sue braccia erano come due coscie. Allora si picchiavano ogni sera sulla piazza a causa della crisi e della politica. Se in mezzo si trovava uno della famiglia mia madre scendeva in piazza e lo aiutava liberandolo. Tutti temevano mia madre. Picchiava come un uomo. […] Una volta si scioperava nelle miniere. C'erano cinque o sei crumiri e i crumiri presero la via lungo il mare, dato che la strada delle miniere era occupata dagli operai. Appena mia madre ebbe notizia di ciò scese subito laggiù. Alla Madonna delle Grazie incontrò questi sei, li aggiustò ben bene e li rimandò a casa loro. Questa era mia madre, capisci?”
A tratti si nota che le donne superano in risolutezza e spirito battagliero gli uomini, durante le lotte. Forse la ragione va spiegata proprio nel loro ruolo in quella società. Durante le agitazioni gli operai avevano una spada di Damocle sulla testa. Essendo tutti dipendenti delle miniere e gli altiforni, se eccedevano nelle proteste, si trovavano sotto molteplici ricatti da parte dei padroni: il licenziamento, la denuncia penale e talvolta (non raramente) pesanti umiliazioni da resa dei conti, in caso di sconfitta dello sciopero. Ricatti a cui invece le donne non sottostavano: potevano beccarsi una denuncia penale, ma era ben poca cosa per chi era già stata condannata a un'irrilevanza di genere. Quando una donna scendeva in piazza poteva solo migliorare la sua condizione, non certo peggiorarla. Quindi, che lotta si volesse? E allora lotta dura si ottenesse.
C'è un'altra cosa interessante da rilevare, che mostra come l'Elba avesse già nella seconda metà dell'Ottocento una straordinaria modernità. Mentre in altre parti d'Europa le donne, perlopiù di condizione borghese, stavano lottando per ottenere pari diritti, in questa estrema periferia del mondo, donne proletarie, e talvolta sottoproletarie, protestavano energicamente, sfidavano pallottole e sciabolate, menavano le mani, cantavano inni battaglieri, reclamavano una società più giusta. Be', se non è la quintessenza dell'epica degli ultimi, questa...
Andrea Galassi