Talvolta pensiamo al Battesimo come una sorta di assicurazione sulla vita: incorporati a Cristo siamo protetti da situazioni sgradevoli e problematiche della vita. E' proprio Gesù, nel vangelo di oggi, a farci comprendere che non è così. Infatti, non veniamo preservati dal piacevole e dallo spiacevole che la vita quotidiana ci presenta. Piuttosto, veniamo inseriti in una vita nuova, che vuol dire prima di tutto un modo nuovo di “vedere” e di “relazionarsi”. Subito dopo il battesimo, Gesù viene portato dallo Spirito Santo (dall'Amore) nel deserto (la vita), dove si compie il confronto fra due logiche: quella di Dio e quella del nemico. La lotta è dura e, inoltre, non è limitata ad un particolare momento dell'esistenza. Emerge con forza la capacità di Cristo di pronunciare dei “no” che sono altrettanti “sì”: no alla logica mondana che si basa sul possesso, sul potere e sull'orgoglio; sì alla via divina e umanizzante dell'amore fondata sulla povertà, il servizio e la fede. Solo quest'ultima è la modalità esistenziale che rende signori, sovrani, liberi: in una parola figli di Dio e fratelli di tutti. E' così che Gesù si mantiene fedele alla scelta fondamentale di solidarietà con gli uomini, vissuta lasciandosi guidare dall'obbedienza alla Parola del Padre.
Questo vale anche per i cristiani. E obbedire a Dio talvolta significa disobbedire agli uomini. L'obbedienza, infatti, non è una virtù di per sé (don Milani), non lo è quando contraddice la coscienza (per gli smemorati, i curiosi, i cercatori riporto nel PS le parole dell'ultimo Concilio).
Siano le comunità cristiane luogo di formazione delle coscienze al Vangelo (conformazione alla persona di Cristo, cioè conversione a lui) e alla Costituzione (in sinergia con quelle civili, la famiglia e la scuola innanzitutto). Lo siano anche le liturgie (a volte l'unico collegamento di tanti con la chiesa per messe, battesimi, comunioni e cresime, matrimoni, funerali), consapevoli del monito del vescovo Tonino Bello, uomo di pace e nonviolenza, che entrò disarmato nella Sarajevo bombardata e sotto il tiro dei cecchini: “Spesse volte nelle nostre liturgie si ha la percezione nettissima che l'unico a mancare è Gesù Cristo. Rubricismo, tanto. Ritualismo, a non finire. Moralismo, a volte insopportabile. Fede, zero. Incontro con Lui, opaco. Abbandono all'onda della sua grazia, quasi zero”.
(6 marzo 2022 – 1a domenica Quaresima)
PS - “Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa questo, evita quest'altro. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell'amore di Dio e del prossimo. Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità numerosi problemi morali, che sorgono tanto nella vita privata quanto in quella sociale. Quanto più, dunque, prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità. Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità. Ma ciò non si può dire quando l'uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato.” (Gaudium et spes, n.16)
Nunzio Marotti
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