Dopo i cosiddetti Capitoli di Londra (1557) con i quali il re Filippo di Spagna restituiva l'Isola d'Elba, tranne Portoferraio, a Jacopo VI d'Appiano, si trattò di concretizzare quanto deciso attraverso la delimitazione del territorio portoferraiese, rimasto a Cosimo I.
La trattativa fu lunga e complessa: Jacopo VI e Cosimo I tentavano di tirare a sé la più parte di territorio possibile. Il duca fiorentino dovette rinunciare alle sue pretese su Nisporto, mentre Jacopo VI dovette lasciargli il Volterraio. Con la mediazione del rappresentante della corona spagnola, Juan Antonio d'Anchora, fu deciso che il limite di Portoferraio doveva coincidere col crinale dei rilievi che circondano quasi completamente il porto mediceo, non applicando quasi mai, per difetto, la misura delle due miglia di territorio (enunciata nell'accordo di Londra) da assegnare alla città portuale. D'altra parte l'Appiani aveva inizialmente e inutilmente preteso che quelle due miglia (3480 metri) venissero calcolate a partire dal Forte Stella, in modo che al duca toccasse un territorio costituito prevalentemente da mare!
Questa trattativa parve concludersi una ventina di anni dopo con un rogito notarile (1) in cui i commissari addetti alla delimitazione del territorio portoferraiese entravano nel dettaglio e indicavano dove dovevano essere piantati i cippi in pietra, o termini, che indicavano il confine.
Se ritorno su questo argomento, già affrontato in articoli precedenti, è solo per approfondire la figura di uno dei due commissari addetti alla terminazione (cioè alla posa dei termini), quello di parte fiorentina, la cui personalità e il ruolo che rivestiva presso il granduca, furono di cruciale importanza.
Si tratta dell'ingegnere Bernardo Puccini. Egli fu allievo del primo architetto di Cosmopoli, Giovan Battista Belluzzi, detto il Sanmarino, da cui ereditò i suoi studi di ingegneria militare col compito, affidatogli da Cosimo, di completarli e pubblicarli. Il Puccini era una persona di cultura sia scientifica che umanistica, frequentatore delle dotte riunioni in villa, dove si discuteva di argomenti scientifici e letterari, dove facilmente si potevano incontrare personaggi come Benedetto Varchi, Bernardo Buontalenti, Egnazio Danti. Era l'architetto prediletto da Francesco I, sin da quando nel 1558 gli aveva dedicato, quando era ancora diciassettenne, un ristretto del suo trattato di architettura militare (2). Fu impiegato in cantieri militari a Lucignano e in alcuni centri della Valdichiana. Successivamente fu inviato a Barga per dirimere una complicata questione di confini. Un trattato realizzato fra il 1570 e il 1571 lo “incoronò” come uno dei massimi esperti di misurazione del granducato. E' il trattato del “Modo di misurar con la vista”, che contiene la descrizione di un nuovo strumento di misurazione da lui ideato, in grado di misurare distanze, altezze e profondità, nonché utilizzabile per levare piante di città e fortezze (3). Con l'incarico di Provveditore generale della fabbrica degli Uffizzi (1561) il Puccini dimostrò la sua abilità nella conduzione del cantiere ma anche la sua intransigenza e la poca o punta inclinazione ai compromessi.
Quando Francesco I lo nominò commissario alla terminazione di Cosmopoli aveva certamente presente il suo curriculum, ma anche il suo carattere difficilmente accomodabile. Egli fu inviato a Portoferraio con un duplice incarico: oltre alla posa dei termini doveva controllare l'operato dell'allora architetto della fabbrica portoferraiese, Bonaiuto Lorini, successo a Bernardo Buontalenti, operato che non convinceva affatto il granduca. Il Puccini criticò duramente quanto il Lorini aveva realizzato, cercando di porvi rimedio, fino a che il granduca non gli ordinò di dargli il benservito e di rispedirlo a Firenze.
Ma veniamo alle questioni confinarie. Il punto cruciale era quello del termine più a sud, quello che doveva esser piantato senza riferimenti fisici del territorio ma “semplicemente” misurando la distanza delle due miglia iniziando dal mare del golfo di Portoferraio. In quel punto l'isola rischiava di esser tagliata in due dal territorio assegnato a Portoferraio, poiché il termine cadeva proprio sulla riva opposta, nella cala del Felciaio. Stando a una lettera di Jacopo VI al granduca (4) la definizione del confine fu dai due commissari fatta inizialmente a tavolino. Jacopo VI scrive che il Puccini aveva ammesso di aver proposto delle cose “che se havesse saputo come stava il paese l'avrebbe dette altramente”. Ma nonostante questa ammissione, l'ingegnere granducale non recedeva dalla sua posizione. Tanto più che il granduca gli aveva scritto in precedenza di porre i termini “con più vantaggio nostro che potete” (5). Poiché seguendo alla lettera il contratto si poteva “procedere malamente”, l'Appiani aveva proposto di recedere dalla distanza delle due miglia “dove fosse poco paese”, recuperando il territorio perso in altra parte del confine, ricevendo la disponibilità del granduca.
Ma procediamo con ordine. Il Puccini arriva sull'isola il 4 aprile 1575 (6). Nessuno si presenta per dar inizio alla posa dei termini. L'ingegnere se ne rammarica col granduca, ma gli comunica che ha già fatto realizzare direttamente sul posto i cippi che dovranno esser piantati sul confine (7).
Finalmente il commissario delegato alla terminazione dall'Appiani si incontra col Puccini. Si tratta di Costantino Salvi, che non è un personaggio qualunque ma è nientedimeno che il Governatore Generale dello Stato di Piombino. L'operazione può iniziare: è l'11 maggio 1575. I due commissari collocano sei dei nove termini previsti, ma il 27 maggio si fermano davanti al termine n.5, quello del confine sud (8). Il Salvi non condivide il metodo di misurazione del Puccini ma non propone soluzioni alternative. Per sbloccare la situazione a settembre l'Appiani scrive più volte al granduca ricordandogli in primis che nel caso che il confine avesse diviso in due l'isola, egli si era detto disponibile a lasciare una strada libera, e di ordinare al Puccini “che in ciò avesse considerazione , la quale esso dicea non poter havere” (9). Il Puccini dunque non cedeva di un millimetro rispetto a quanto proposto inizialmente, forte evidentemente dell'appoggio granducale. Il granduca conciliante a parole, in realtà non voleva accondiscendere alla proposta dell'Appiani e trovava nel Puccini un servo fedele. L'Appiani propose ancora di affiancare ai due commissari una terza persona, in grado di dirimere la questione. E infine di rimuovere il Puccini dal suo incarico e mandarvi una “persona più accomodata” (10). Da parte sua aveva già provveduto a rimuovere il Salvi, sostituito dal capitano Baldassare Ballotta - che un tempo era stato al suo servizio ma che ora risulta essere in forza dell'esercito granducale - affiancato da un notaio “non cavilloso” (11).
Il granduca, che aveva ceduto territorio in tutti gli altri punti del confine, non voleva cederlo nel tratto sud, neanche con l'impegno dell'Appiani di farglielo recuperare da un'altra parte. Viene il dubbio che il granduca volesse in ogni modo dividere l'Elba, in modo tale da poter controllare gli spostamenti da una parte all'altra del territorio appianeo.
La trattativa, nonostante le proposte dell'Appiani e le false rassicurazioni del granduca, si era bloccata. Il 20 ottobre 1575 Bernardo Puccini si ammala colpito da una “febbre malignissima” e muore dopo poco. Ha 53 anni. A nulla erano serviti i salassi a cui era stato sottoposto dal medico Baccelli (12) e nemmeno l'applicazione dell'”olio da veleni” preparato personalmente dal granduca e generosamente dispensato ai medici toscani. Non voglio imputare alle dispute confinarie la malattia e la morte del Puccini, ma certamente le lunghe controversie, dovute al suo carattere ligio e irremovibile, non favorirono certo il suo stato di salute.
La morte aveva colpito a Portoferraio in precedenza il suo collega Giovanni Camerini, il costruttore di Cosmopoli, deceduto nella notte fra il 5 e il 6 maggio 1570. Fu seppellito sull'isola ma della sua tomba si son perse le tracce (13). Prima ancora fu il Tribolo a morire colpito da una forte febbre appena sbarcato dalla galera che l'aveva riportato in continente dopo che era stato sull'isola a scegliere il granito per realizzare la grande tazza di Boboli (14).
Giova ricordare che il termine n.5 fu piantato dal successore del Puccini ad una distanza tale dal mare da consentire il libero passaggio di uomini e merci da una parte all'altra dell'isola (15). Misurando oggi la distanza del termine n.5 dal mare del golfo portoferriese, essa risulta di due miglia precise. Il Puccini si era dunque sbagliato? Nessun documento, per quanto se ne sa, entra nel merito.
Fabrizio Fiaschi
Nella foto: Bernardo Puccini – Strumento per misurare, dal suo trattato “Modo di misurar con la vista”.
Gran parte delle informazioni sulla vita di Bernardo Puccini sono state tratte da: D. Lamberini, “Il principe difeso. Vita e opere di Bernardo Puccini”, Firenze 1990.
NOTE:
1. Rogito del notaio Francesco Giordani, 28 gennaio 1574 (ASFi, Confini, 27 fasc. 2) . Tutte le date qui riportate sono allo stile fiorentino, per cui l'anno iniziava il 25 marzo.
2. BNCF, Magliabechiano, XIX, 18.
3. BNCF, Fondo nazionale, II.-.282, fasc. 15.
4. ASFi, Miscellanea medicea, 28, ins. 28.
5. ASFi, Mediceo del principato, 244, c.107.
6. ASFi, Mediceo del principato, 672, cc.200r-200v.
7. ASFi, Mediceo del principato, 672, cc.201r-201v.
8. ASFi, Confini, 27, fasc. 2.
9. ASFi, Mediceo del principato, 677, c. 394. 9 settembre 1575.
10. ASFi, Mediceo del principato, 677, c. 394. 12 settembre 1575.
11. ASFi, Confini, 27, fasc. 2.
12. ASFi, Mediceo del principato 678, c. 226.
13. M. d'Ajala, “Giovanni Camerini celebre ingegnere militare del secolo XVI”, in Archivio Storico Italiano, serie terza, tomo XIV, anno 1871.
14. Vita di Niccolò detto il Tribolo, scultore e architetto”, in “Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architetti scritte da Giorgio Vasari”, Milano 1811, vol. undicesimo.
15. La complessa operazione di definizione del confine fu riassunta nel 1704 in una relazione del giudice portoferraiese Giovan Battista Adami. La relazione è riportata in appendice in: F. Fiaschi, ”Capitano Antonio Sarri. L'Isola del'Elba. Un manoscritto del XVIII secolo”, Capoliveri 2019.