Quando al remo ebbe a sostituirsi la vela e il motore, alla pena forzata alla voga della galera subentrò la pena del lavoro forzato pubblico svolto per la comunità.
Bagno si disse quel luogo rinserrato a serraglio dove si tenevano chiusi i condannati.
Nell’epoca della navigazione con remo, la pena era espiata all’interno di questi bagni penali durante l’inverno quando la galera non navigava. Nella stagione estiva, quando si riprendeva a navigare, il bagno penale era usato se la galera sostava in porti dove questo era presente.
Come luogo di espiazione della pena esistevano anche carceri, ad esempio quello dello Stinche a Firenze. L’esilio, il confino erano altri modi di espiazione della pena.
Alla esecuzione della pena con lavori pubblici forzati veniva affidato il compito di rendere pubblica la reità del condannato non solo con la durezza del lavoro ma anche con una serie di segnali esterni: la catena, la scritta appesa al collo indicante il delitto compiuto, i piedi nudi e il vestito di colore e foggia diversi a seconda del reato.
I forzati alla catena a Portoferraio sono stati impiegati quale manodopera per l’edilizia pubblica, la costruzione di navi, il terrapiazzamento di bastioni, il dragaggio della darsena, la pulizia di strade pubbliche.
In questo modo hanno contribuito alla nascita e alla espansione della città di Cosimo. Erano tenuti alla catena nel bagno e di qui prelevati e condotti dovunque fossero richiesti sempre sotto il controllo delle guardie.
Da parte del serenissimo principe v’era l’ordine di tener di cura la persona del forzato.
Lo si evince da quanto Cosimo I scrive al Commissario Angelo Guicciardini.
Il 7 marzo 1553 da Pianosa vengono evacuati dei forzati che sono reduci dal naufragio di alcune galere francesi e così scrive Cosimo al Guicciardini “…quelli forzati franzesi che sono o saranno condotti costì farete rivestire di panni grossi acciò si difendino dal freddo e tenghisi buona cura che non si fughino. Li altri che sono italiani o spagnoli farete condurre in terra ferma avertendo però bene che tra loro non fussi persona da conto…)
(Archivio mediceo. Filza 29, c. 301. Archivio di stata di Firenze)
E ancora:
“…che li schiavi che saranno presi non debbino essere in nessun modo spogliati,per essere i loro vestimenti buoni quel tale che lo spoglierà sia obbligato a rivestirlo immediatamente con li suoi propri,perché lassandolo nudo il povero schiavo viene a patir troppo ammalandosi et morendo segue con danno degli armatori e del resto di soldati”
(Cfr. Rospigliosi in pg 79 “Galere granducali e usi marittimi.Schiavi e forzati”Centro grafico elbano. 1998)
I forzati schiavi potevano lavorare solo per lo stato e cioè per Sua Altezza essendo Sua Altezza lo stato.
Questo è infatti l’ordine espresso dal granduca nel 1600 al commissario delle galere “Sia a custodia del Commissario tutte le ciurme, delle quali abbia a tenere un ruolo,né possa dar libertà a nessuno senza lettera o rescritto di S.A. con notare nel ruolo stesso il giorno della sua libertà e la grazia ottenuta et non gli si possa far travagliare in altro che in servizio di S.A. né schiavo alcuno possa star per le case in servizio di altri, né manco si risparmi alcuno, sia che si voglia che vada al travaglio, né per favori, né prezzo né per amicitia”
(Cfr. Rospigliosi in pg 79 “idem come sopra”)
Nel 1552 era organizzata la “militia marittima di Toscana “disciplinata secondo Capitolazioni (quindici) in cui vengono in dettaglio elencati i compiti del capitano e dei suoi sottoposti.
Le Capitolazioni insieme al Consolato del mare di Barcellona, riguardante le regole di uso comune per la navigazione e le negoziazioni marittime, dettano norme di navigazione marittima seguite al tempo.
Nel 1555 la flotta granducale toscana comprendeva le galere la Capitania, la Padrona, la Toscana, la Fiorenza, la Giovanbattista già detta “Capitana di commessione”
(Cfr C. Rospigliosi in pg 14”Galere e usi marittimi” Centro grafico elbano.1998)
In quell’anno i forzati a bordo di queste galere erano in tutto 554.gli schiavi 243:
Nel periodo invernale, in cui era impossibile la navigazione,i forzati venivano trasferiti nel bagno penale e utilizzati nei lavori a terra
(Cfr. Rospigliosi in pg 112 “Galee granducali e usi marittimi. Galere, sciabecchi e tartane nella rada di Portoferraio” idem come sopra)
Nel 1566, spinto dal bisogno di rematori il duca Cosimo cerca di invogliare all’imbarco come ciurma sulle galere e ordina che “qualunque persona incorsa in pena capitale o della forca salvo per ribellione o assassinio, havesse servito sulle galere per due anni sarebbe stata assolta dalla predetta pena “Il beneficio è inoltre esteso a “qualunque fussi in pregiuditio della galera e relegato in essa in perpetuo oppure condemnato in amputatione di membri”
Dopo la battaglia di Lepanto (1571) tale penuria di rematori è superata: la schiera dei forzati alla catena si allarga con gli schiavi musulmani di guerra.I più robusti erano posti alla catena del remo gli altri potevano costituire una rendita se riscattati ma tutti erano impiegati come manodopera una volta sbarcati dalla galera e rinchiusi nel bagno.
La procedura del riscatto degli schiavi avveniva infatti dietro pagamento di una somma di denaro.
Per la liberazione di schiavi cristiani in mano ai musulmani, il pagamento del riscatto veniva eseguito dal duca con esborso di suo denaro se erano popolani indigenti. Facevano da intermediazione istituzioni religiose o privati. Sorse anche la Cassa di Redenzione che esborsava denaro : le “limosine per li schiavi”.
Nel 1753 si ha notizia che anche all’Elba c’era una cassa di redenzione per gli schiavi a Campo, Poggio, Marciana, Rio.
All’inizio del 1575 risulta terminato,in Portoferraio, nei suoi due corpi l’Arsenale delle Galeazze ad opera di Bernardo Buontalenti architetto militare che dirige l’edificazione di Cosmopoli succeduto al Camerini, deceduto nel 1570. L’ubicazione dell’Arsenale, forse anche la sua struttura, era stata stabilita dal Camerini vicino ai magazzini dell’area della Linguella. Qui venivano costruite e riparate le galee granducali con l’impiego di manodopera costituita dalla ciurma della galera (forzati, schiavi e benevoglie).
Le guardie essendo insufficienti, non potevano impedire fughe e ribellioni.
A Portoferraio i forzati che fuggivano trovavano spesso rifugio sconfinando negli stati vicini del principato di Piombino o di Longone. E’ dai documenti di archivio dove si raccontano queste fughe e ribellioni che veniamo a conoscere che i forzati erano impiegati come manodopera.
Da Pisa il 24 giugno 1574 il granduca viene informato della fuga di due “schiavi” dall’Arsenale e della complicità di tanti che non controllano a dovere e dello “scandolo” che potrebbe scoppiare.
(Cfr Lucia Paoli “Schiavi e forzati in fuga da Portoferraio” in “Lo Scoglio”n 107, pagina 22,2016)
La fuga dei forzati trova anche la complicità delle guardie:
(idem come sopra)
L’Auzino (agozino), a differenza di quanto possa far credere la parola, è un membro dell’equipaggio della galera a cui è affidato l’onere di tener sempre fornita la galera di tutte le cose necessarie per la navigazione (armi munizioni, vestiario, legna, acqua)e controllare che la ciurma si mantenesse pulita: “L’Auzzino habbi cura de forzati et schiavi et di tutti quelli che saranno alla catena et così di tutti e ferramenti ramadure tendaletti bandiere stiame barilari corde d’archibusi et ogni altra cosa concernente il suo ufficio”.
(Cfr “Galere granducali e usi marittimi” C Rospigliosi .pg 37 . Centro grafico elbano 1998)
Perr quanto riguarda gli schiavi musulmani col titolo di Rais che erano stati catturati le disposizioni erano particolarmente severe “Li Aguzzini non possino sferrar mai ne lassar uscir di Galera alcuno Rais ma li tenghino due catene e li rivegghino due o tre volte al giorno sotto pena di due tratti di fune“
(Cfr C. Rospigliosi Idem come sopra pg 39)
Marcello Camici
Nelle immagini tratte dall'“Album di ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687 del cavaliere Ignazio Fabroni” Biblioteca nazionale. Firenze
Copertina: Puliture di ciurme in galera. Carta 33
Capitano Carlo di Portoferraio. Consiglieri. Carta 60 .
Stiavj che si fanno la barba. Carta 12
Forzato col cappotto. Carta 109
Stiavi si rapano. Carta 120
Altre puliture di ciurma. Carta 120