L’arsenale delle Galeazze insieme con quello di Livorno e Pisa era luogo dove non solo si costruivano ma si riparavano le galeazze che avevano ricevuto danni.
Le galeazze erano navi da guerra più grandi delle galee, a propulsione mista: remo e vela.
Nell’arsenale delle galeazze a Portoferraio trovavano il luogo per essere ricoverate e riparate.
Le funi che sì grande importanza hanno per la navigazione venivano intrecciate e lavorate nel Vicolo dei Funai lungo il bastione adiacente a via dell’Amore.
Ne parla nel 1729 il governatore della città Vincenzo Coresi del Bruno:
“MEMORIE
Sopra le Galeazze di S.A.R. che erano in Portoferraio
Memorie delle due galeazze di quando si tirorno dentro questi Arsenali, e prima
….A dì 3 novembre 1638 venne la galera S. Cosimo la quale vi stiede mesi tre,
A dì 6 detto fu principiato il lavoro in notare tutto legname d’un Arsenale e zappato terra per affondarlo dal quale s’argusse che i detti arsenali fossero di già fatti
A dì 26 detto restorono disalberate le due galeazze
A dì 8 gennaio 1638 ab inc.ne restò tirata in terra e posta a suo luogo la galeazza Capitana
A dì 26 detto restò tirata e posta a suo luogo la Galeazza Padrona…..”
(pg 154-155 di “Zibaldone di memorie “Manoscritto. 1729. Vincenzo Coresi del Bruno. Copia dattiloscritta conservata nella bliblioteca comune Portoferraio)
Aurelio Scetti galeotto fiorentino dal 1565 al 1567 ha lasciato un disegno dove descrive la darsena di Portoferraio con le galee.
Amelio Fara scrive “…Nel 1561 il Camerini compila il progetto di due corpi di fabbrica per l’arsenale .Nel maggio è in attesa di procedere alle opere di scavo e fondazione dei pilastri. Nel giugno si dà l’ordine di iniziare a cavare e fondamenti dè pilastri delli arsenali. In ottobre si è ancora in attesa di inuziare i pilastri e il lavoro subsce un arresto definitivo presumibilmente per la mancanza di fondi…
Nel 1571 Buontalenti deve essersi ispirato al progetto camerinesco nello studiare la struttura dell’arsenale da costruirsi a Portoferraio pensando anche di applicarla all’arsenale di Pisa ,L’arsenale di Portoferraio risulta comunque terminato nei suoi due corpi ,secondo il progetto elaborato dal Buontalenti,all’inizio del 1575… “
(Cfr pg 19-20 di “Portoferraio.Architettura e urbanistica 1548-1877. A. Fara ,Tipolito Subalpina srl.Torino.1997)
In questi arsenali di S.A.R. in Portoferraio lavoravano i forzati alla catena.
Ce lo fa vedere con molta evidenza e chiarezza un disegno di Fabroni intitolato “Nel Arsenale di Portoferraio“ dove si riconoscono lavoranti forzati alla catena che sono schiavi musulmani turchi in quanto rasati col ciuffetto di capelli, in alcuni si vede anche la catena alla caviglia.
E’ un disegno ricco di particolari sui quali il Fabroni vuole richiamare l’attenzione: fa infatti capire che si tratta di forzati alla catena perché mostra sempre la catena con l’anello ad una caviglia della gamba, inoltre i vestiti, la testa rasata di alcuni col ciuffetto dimostra che si tratta di forzati turchi resi schiavi al remo della galera.
IGNAZIO FABRONI (1642-1693) descrive la vita dei forzati alle galee con disegni (in tutto 842) disposti in uno codice legato in pergamena col titolo “Album di ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687 del cavaliere Ignazio Fabroni “La raccolta di immagini è conservata presso la biblioteca nazionale Centrale di Firenze nel fondo Rossi Cassigoli e costituisce fonte di grande interesse per la conoscenza che apre a chi osserva tali disegni poiché descrivono gli aspetti più vari della vita che veniva condotta sulle navi dell’ordine di S. Stefano.
Il Fabroni realizza i disegni soffermandosi sui rematori musulmani,sui cavalieri di S.Stefano che come lui prestavano servizio militare a bordo, su alcune patologie osservate presenti nella ciurma, sulle differenze strutturali tra le varie imbarcazioni, sul paesaggio e sulle architetture di monumenti di alcune località toccate durante la navigazione.
Il tratto del suo disegno è efficace ed il colore, generalmente seppia, accresce il pregio visivo rendendo amabili le scene in cui le varie figure spiccano con i loro abiti,le loro acconciature, i loro volti, offrendo così una visione della vita quotidiana di cavalieri, soldati, schiavi, contadini, abitanti.
Il Fabroni, pistoiese, è cavaliere dell’ordine di S. Stefano istituto da Cosimo I de Medici nel 1561. Questo è un nuovo ordine militare-religioso che ricorda un po’ quello estinto dei templari.
L’ordine dei cavalieri di S. Stefano è voluto da Cosimo, da lui fondato il 1 ottobre 1561 e approvato dal pontefice Pio IV per tener libero il mare dai pirati barbareschi musulmani e proteggere il commercio marittimo specialmente in quel tratto di mare che si stende da Livorno all’isola d’Elba davanti alla costa toscana.
A Cosimo, l’idea di decidere l’istituzione di questo nuovo ordine nacque in seguito ad un episodio bellico accaduto nel 1560.
Così scrive Emanuele Foresi “ …Compiuti questi atti che altro non rilevano il suo ingegno, cercò sempre più di incoraggiare il commercio marittimo o nella stessa maniera armarsi tenendo purgate le coste toscane dalle infestazioni, specialmente quel tratto di mare che si estende da Livorno all’isola d’Elba; conoscendo che le sole galere pagate dallo stato non avrebbero potuto eseguir tanto, a motivo che i Turchi erano soliti presentarvisi come successe nel 5 settembre del 1560 quando tre galere partite dall’Elba sotto gli ordini di Pietro Macchiavelli fiorentino ,nelle acque di Monte Argentale, furono assalite da 16 galeotte turche comandate da un certo Menrè Corso rinegato.
La zuffa fu tremenda ma di fronte alla maggiore forza del nemico le galere toscane doverono abbandonare la battaglia e darsi alla fuga, decise istituire un ordine militare ad imitazione dei cavalieri templari già estinti, il quale dovesse tenere lontani i Barbareschi dai mari dell’Etruria; e per eternare la memoria dei felici successi delle sue armi in terra per due volte segnalatesi negli anni avanti il giorno 2 Agosto invocò pel nuovo ordine militare la protezione del Santo martire Stefano papa,la cui festa si solennizza dalla chiesa cattolica in detto giorno.
Il Duca Cosimo raccomandò quest’ordine ed egli stesso si fece Gran Maestro, dando ai componenti vari privilegi, obbligandoli a militare contro gli infedeli portando sul petto e pendente dal collo una croce simile a quella dei cavalieri di Malta; nella forma stessa, ma di colore vermiglio ornata intorno d’oro. Ed avendo intenzione di destinare per loro residenza e seggio la città di Portoferraio, a tale effetto fece erigere nel 1562 una chiesa ed un convento sotto il titolo l’Invocazione di San Salvatore…. “
(Cfr pg 76 di “Storia antica e moderna dell’isola dell’Elba” E. Foresi. Parte Seconda .Portoferraio Tipografia Elbana 1884)
Il Fabroni è imbarcato nella primavera del 1664 come cavaliere sulla galera S. Cosimo della flotta granducale stefaniana dopo aver ottenuto la vestizione dell’Abito “per giustizia”.
Con un abito bianco e davanti una croce rossa solca i mari del Mediterraneo.
La marina stefaniana dopo essersi servita per circa un quarantennio del porto di Cosmopoli - Portoferraio con la creazione del porto di Livorno trovò una nuova base navale. Ogni anno le galere uscivano dal porto di Livorno con il compito di svolgere il solito viaggio di corso annuale, chiamato la “caravana”, per combattere e catturare le navi pirate barbaresche. Era questa un’attività che le galere effettuavano durante la buona stagione di solito da maggio a settembre. Sia alla partenza che nel viaggio di ritorno verso Livorno una sosta obbligata delle galere era l’Elba, isola nella quale l’Ordine aveva arsenali e poteva contare sull’ospitalità del Lazzeretto in caso di problemi sanitari.
Il Fabroni ha lasciato un disegno del porto di Livorno dove sostava con la sua galera: una veduta “longo il molo”dove annota il fanale di Livorno (lettera C) e, dietro il fanale, sulla sinistra annota i monti di Portoferraio (lettera A), sulla destra annota la Capraia (lettera B)
Il 16 agosto del 1673 il Fabroni, imbarcato come cavaliere sulla galera di S. Cosimo, è fermo all’Elba e con un disegno descrive quello che vede. La data è scritta nella nota sul disegno “Veduta di Portoferraio. 16 agosto 1673. Del Gran Duca di Toscana” Il disegno è ricco di particolari della darsena con la Linguella e la sua torre, il padiglione delle galeazze con i due corpi dell’arsenale omonimo, il forte Stella, la porta a mare, i mulini a vento, parte del fronte di terra delle fortezze che prospetta sulla darsena.
Nella descrizione del porto ci tiene a far sapere che appartiene al granduca di Toscana.
Durante questa sosta all’Elba Fabroni lascia altri disegni del lazzeretto verso il quale mostra schiere di soldati che salgono per la quarantena. E’attratto anche dalla gente del borgo e ritrae alcune figure femminili della Portoferraio del 1673: signore in gruppo intente a recitare il rosario, con in collo un neonato, sedute su una seggiola circondate da animali domestici, intente a fare la maglia, una bambina.
Marcello Camici
Nelle immagini:
Foto di copertina: GM TERRENI (1739-1811). Dipinto olio su tela. Prospettiva della città di porto e fortezze di Portoferraio del ser.mo Granduca di Toscana
GM TERRENI (1739-1811). Idem come sopra. Particolare relativo all’area della Linguella e della Galeazze
Aurelio Scetti. Disegno. Darsena di Portoferraio con le galee Grifagna e Pisana ormeggiate al molo, mentre la Capitania, la Vittoria e la Firenze sono in partenza.Biblioteca Nazionale Marciana. Venezia
Dal “Album di ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687 del cavaliere Ignazio Fabroni”Biblioteca nazionale. Firenze
I. Fabroni. NEL ARSENALE DI PORTOFERRAIO. Carta 125 recto, particolare.
I. Fabroni. LONGO IL MOLO. VISTA DEL FANALE DI LIVORNO. A-PORTOFERRAIO, B-LA CAPRAIA, C-FANALE. Carta 157 recto, particolare.
I. Fabroni. VEDUTA DI PORTOFERRAIO. 16 AGOSTO 1673. DEL GRAN DUCA DI TOSCANA Carta 89 recto, particolare.
I. Fabroni.DONNE DI PORTOFERRAIO Carta 127, recto, particolare