Talvolta le formulazioni dottrinali, le norme cultuali, le accentuazioni morali, anziché favorire ostacolano l'esperienza divina. Questo accade quando le religioni assolutizzano le forme, con la (inconsapevole) pretesa di de-finire il Mistero o addirittura di possederlo.
Il vangelo di questa domenica riprende il tema della sconvolgente presenza divina nell'uomo.
Con la morte-risurrezione, Gesù non abbandona la realtà creata, ma garantisce una presenza rinnovata e più profonda: “Se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” (Gv 14,23).
Si tratta di una presenza che impregna tutto l'essere dell'uomo. In colui che ad essa si apre, l'azione divina opera trasformazione, infondendo ed espandendo energie d'amore (sintesi dell'ascoltare e del seguire la Parola) che rendono la vita pienamente umana. Del resto, il santo è uomo/donna che nell'ordinarietà dell'esistenza sviluppa le potenzialità umane nelle relazioni (riporto nel PS quanto papa Francesco scrive dell'omonimo santo d'Assisi).
Fra credenti, capita di constatare la difficoltà di mostrarsi gioiosi. Non si sta parlando di una gioia “costruita”, di facciata, di apparenza. Ci si riferisce piuttosto alla gioia di Cristo che dona e desidera che sia piena in chi l'accoglie (cfr Gv 15,11). Probabilmente, il nostro volto “quaresimale” è conseguenza di una trascuratezza: si ignora o non si cura l'esperienza di risurrezione (lo Spirito) che è il lascito-dono gratuito di Gesù. Se conoscessimo per esperienza, non solo per ragionamento logico, la presenza divina viva e operante in noi e il nostro essere nel divino, allora potremmo vivere quanto le parole di G. Vannucci qui invocano, appunto, come dono: “La tua luce scenda in noi, o Signore,come pace e gioia./ Aiutaci a esser uomini di pace,o Signore. / Se in noi non è pace non daremo pace,se in noi non è ordine, non creeremo ordine./ (…) Il nostro passaggio sia segno di vita e di bellezza, come il volo delle colombe che segna di candore l’azzurro. / Insegnaci che noi apparteniamo agli altri,che la felicità degli altri sia l’unico nostro pensiero, o Signore. / Le nostre labbra cantino il nuovo canto del cuore da Te liberato, o Signore”.
(22 maggio 2022 – 6 Domenica di Pasqua)
PS - “Egli [san Francesco] manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore” (Laudato Si', 10).
Nunzio Marotti
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