Riassunto delle puntate precedenti. Un detective (scarso. Ma pagate per leggere 'sta roba? No. E allora chi pretendevate, Maigret?) sta indagando sulla presunta scomparsa e omicidio dell'elbano. Sospettati i parenti. Gli indiziati sono già in buon numero. Anzi, troppi.
Non farà piacere a questi due fratelli essere trattati insieme. Basti pensare che le loro case distano poche centinaia di metri, separate solo da un costone granitico. L'unica costruzione su di esso è il cimitero comune. Come a dire: ci possiamo vedere solo da morti.
Tuttavia, hanno molti caratteri comuni. E spiccano decisamente dal resto della famiglia. Tanto per cominciare, hanno vissuto uno splendido isolamento fino a buona parte del Novecento, ovvero la costruzione della strada litoranea che tocca le loro case. Questo isolamento li ha resi quasi un enigma per alcuni cugini, come quelli dell'Elba orientale. Un po' come il mitico zio d'America, parente di cui tutti parlano in famiglia, ma nessuno ne conosce l'esistenza. Ecco, i cugini orientali, fino a diversi anni fa, non sospettavano neanche l'esistenza dei nostri due eroi, ritenendo che al di là del monte Capanne vi fossero i confini del mondo. Se qualcuno avesse detto, al capoliverese o al riese per esempio, che il pomontinco e il chiessinco esistevano, ma avevano due teste e la coda, ci avrebbero probabilmente creduto.
Peraltro il discorso si può ribaltare alla stessa ottica del pomontinco e del chiessinco, che bastavano a se stessi. O se proprio era necessario, ricorrevano ai fratelli marcianese, marinese e campese. Ma doveva esserci estrema necessità, perché per andare a casa loro, o affrontavano le procelle del mare, o traversavano orridi e balze dell'asperrimo monte Capanne. Due imprese quasi titaniche. Ovviamente per voi, devoti del sacro altare a quattro ruote. Non certo per i nostri due eroi.
Ecco una buona dimostrazione di come il pomontinco e il chiessinco non abbiano in periglio l'ammaestramento degli ambienti, anche i più ostici. Il loro titolo nobiliare è quello di contadini, o meglio di vignajuoli. Fin qui non ci sarebbe niente di strano, nella famiglia elbana. Ma i due fratelli hanno raggiunto il sublime. I terrazzamenti delle vigne che hanno saputo realizzare sono qualcosa di più che un lavoro: sono un capolavoro. Le loro vallate sono scolpite fino all'inverosimile da saltini, canalette e sentieri. Un'opera superba, con pochi pari: il vostro affezionatissimo detective ha visto di meglio solo lungo i sentieri meno turistici delle Cinque Terre. Il pomontinco e il chiessinco non sono solo contadini, quindi, sono artisti della vigna.
O peggio, erano. Perchè anche a casa loro è entrato il turismo. E il glorioso titolo nobiliare è finito sepolto tra i ruderi dei magazzini agricoli. Tuttavia va detto che, anche nell'era turistica, il chiessinco e il pomontinco hanno mostrato un nuovo gusto all'impresa. Perché è facile spiccare in campo turistico se hai spiagge mirabolanti e coste superbe, come il campese e il capoliverese. Molto meno se hai una costa strapiombante, cale sassose e poco di notevole in casa. Eppure, pian piano, con grande costanza i nostri eroi si sono ritagliati un bel pezzo di clientela della famiglia, puntando sulla qualità e un'offerta che non snatura troppo le secolari caratteristiche delle loro case.
Da buoni posapiano quali sono, peculiarità anch'essa figlia del loro isolamento, hanno colto il passaggio da una vita umile di natura quasi arcaica a quella borghese di natura turistica, però senza strafare, senza una corsa tumultuosa dal niente al tutto, come ha fatto il parentame. Risultato? Turisticamente oggi non sono molto da meno rispetto ai cugini più altezzosi.
Il loro secolare isolamento ne ha caratterizzato anche la parlata. Un po' in tutta l'Elba occidentale essa risente fortemente del corso, ma qui da loro più che un'influenza è quasi una filiazione, con una caterva di vernacoli e toponimi tipici dell'isola dirimpetto. Se in senso generale è errato, come affermava Remigio Sabbadini, che l'elbano, fino all'Ottocento, poteva parlare col corso, comprendendosi benissimo, per il pomontinco e il chiessinco l'assioma calza alla perfezione. Ancora oggi la famiglia elbana cerca di accreditarsi, senza la benché minima idea di quel che si dica, come imparentata col corso, non considerando un particolare non infimo: il corso riconosce al massimo l'amicizia, ma per nessuna ragione la parentela. Ebbene, il chiessinco e il pomontinco potevano benissimo in passato farsi passare da corsi trapiantati all'Elba. Ma solo loro, mica il resto del parentame.
Certo, il loro idioma oggi si è molto omologato a quello della famiglia (e quindi fortemente corrotto dall'italiano dei mass media), ma il compilatore di questo identikit può testimoniare che vernacoli pomontinchi o chiessinchi, ancora correntemente espressi, sono totalmente incomprensibili ai cugini dell'Elba orientale. E viceversa. Anzi si potrebbe quasi dire che in una riunione di famiglia del passato, fino a buona parte dell'Ottocento, se non ci fosse stata una radice comune nell'italiano, i cugini dei due opposti versanti avrebbero avuto qualche difficoltà a comprendersi tra loro. E anche questo complica maledettamente la nostra trama sul ritrovamento della presunta vittima del delitto, l'elbano.
Conclusioni. Ai fini della nostra indagine sulla presunta scomparsa e omicidio dell'elbano, il chiessinco e il pomontinco sono nella parte bassa della lista dei sospetti, un po' per il loro tradizionale isolazionismo, un po' per la loro secolare vita tranquilla. Tuttavia, con il turismo, sono anch'essi ben addentro alle dinamiche di famiglia, e questo potrebbe renderli testimoni reticenti del delitto. Se non complici dell'insano gesto. Da tenere dunque sotto controllo.
Andrea Galassi
NDR: Aggiungiamo visti i diversi commenti già giunti, che tanto la Redazione, quanto il (bravissimo) autore dell'articolo, hanno perfetta contezza che la corretta definizione di un abitante di Chiessi e "chiessese" e non "chiessinco", quella di usare un termine sbagliato (si tenga conto del tono divertito del pezzo) applicando il suffisso "inco" (peraltro nobile poiché secondo alcuni di probabile derivazione da "incola" in latino abitante) era una voluta forzatura.