Vi ringrazio per la vicinanza, non sono un tipo da social, ma questo ad Umberto glielo devo, un ricordo di lei che nella mia infanzia non c'era, di questa storia o di altre mai raccontate da lei, ma mi ricordo che da piccolo il mi' babbo Renzino il Pumata non era presente, o solo in sporadici periodi, fra una navigazione e l'altra: a quei tempi gli imbarchi potevano durare più di un anno, in posti che solo l'immaginazione di un bambino potevano essere stupendi, ma non erano viaggi di crociera, ma a bordo di navi mercantili, lente nei loro viaggi e spesso in mari con condizioni proibitive.
Con la mi' mamma passavo invernate intere, soli io e lei, spesso a mangiare pastina in brodo con un formaggino sciolto dentro, aspettavo sempre che arrivasse la domenica, per preparare insieme a lei della pasta ripiena, fatta tipo ravioli secchi, ma aperti a metà, a forma rotonda frattazzata, da incollare fra i due pezzi con del rosso d'uovo.
Il ripieno era composto da bietola, tanta bietola, un poco di ricotta, ancor meno di formaggio e uova. Ma erano buonissimi, come lei, conditi con un poco di ragù di carne comprato da Spellacapretti.
La sera della domenica mi preparava le frittelle, fatte di acqua e farina, a volte ci si metteva mischiato nell'impasto dei pinoli, privati della loro dura armatura lignea rigorosamente rotti con due mazzacani, a mo' di incudine e martello, quindi si friggevano le frittelle in olio di semi e dopo inzuppate nello zucchero.
Con l'avvento delle vacanze estive mi mandava dalla mi'zia Anna a Capraia, mi accompagnava al moletto e si aspettava che il Capo Bianco si fermasse fuori il porto, con gli occhi gonfi di tristezza mi guardava fino a che a bordo di un barcone mi accostavo a questa nave finché delle braccia mi tiravano su a bordo.
Non capivo a quei tempi il perché mi lasciava partire da solo, non volevo separarmi da lei dopo un'invernata passata davanti a una cucinetta a legna, soli io e lei, ad aspettare che finisse carosello, visto da una televisione in bianco e nero regalata dalla su' cugina Adilia.
Andava a lavorare tutto il giorno al ristorante da Sauro, sopra il cantinone del Catta, per mettere da parte qualche cosa per l'inverno, a quei tempi lunghi e freddi, e ora, da questo tuo bel racconto caro Umberto, sono felice che passavo l'estate lontano da lei.
Un grazie di cuore a tutti voi,che gli avete voluto bene, ma specialmente a chi l'ha accudita come se fosse la su' mamma in questi ultimi mesi,passati nel letto, e peggio ancora, senza la sua sigaretta, ma con una nuora con un cuore immenso, mia moglie Chiemi.
Agostino