Il vangelo di questa domenica è una lezione su come pregare. La scorsa settimana, osservando Maria sorella di Marta, si è parlato di meditazione-contemplazione, un modo per applicare l'invito di Gesù ad entrare nella camera e, chiusa la porta, rivolgere la preghiera al Padre che è nel segreto (cfr Mt 6,6).
Il testo del “Padre nostro” oggi è riportato nella versione di Luca più breve di quella di Matteo, maggiormente conosciuta. Ci troviamo davanti alla sintesi del vangelo.
Se pregare è rivolgersi a Dio, stare davanti a Lui, allora è importante sapere chi è Dio. L'immagine che abbiamo di Lui condiziona in modo decisivo la nostra preghiera e lo sguardo che abbiamo sui noi stessi e sugli altri. Al dio tappabuchi rivolgo una preghiera utilitaristica, chiedendogli di risolvere i problemi della vita che io sono incapace di risolvere. Una sorta di dio-protesi della mia volontà di potenza appannata. Al dio lontano rivolgo preghiere fredde e distaccate. Al dio terribile mi inginocchio oppresso da sensi di colpa, maniacalmente attento alla legge da non trasgredire, chiuso nella paura di sbagliare.
“Venga il tuo regno”. Il regno di Dio è Dio stesso. E' il compimento dei desideri del cuore umano, desideri autentici che spesso neppure conosciamo. Il vangelo è un'instancabile educazione dei desideri e, quindi, della preghiera. Il Dio di Gesù Cristo corrisponde al desiderio profondo dell'uomo di amare ed essere amato. Un desiderio infinito che solo un amore infinito può colmare (Agostino): il Dio Trinitario, relazioni d'amore, che per amore si dona fino in fondo all'uomo, mettendosi nelle sue mani.
“Il Padre darà lo Spirito Santo a chi lo chiederà”. Il chiedere nasce dal desiderare, perché si sperimenta una mancanza. La risposta di Dio supera ogni aspettativa: tra i suoi doni, il più grande è il dono di sé, la comunicazione della sua vita divina. Dio non va tanto per il sottile: vuole educarci alla giusta relazione con lui, ma da Padre ama tutti, anche chi è incerto o imperfetto nelle sue espressioni, perché guarda non le apparenze ma il cuore dell'uomo, suo figlio. Altrettanto vero è quanto esclamava Gregorio di Narek (poeta, monaco, mistico armeno, morto nel 1003): “Non è dei doni, ma del Donatore, che ho sempre la nostalgia”.
L'apertura e l'accoglienza continua del regno-Spirito di Dio, oltre a far danzare di gioia quest'ultimo, rende l'uomo capace di assumere lo stile relazionale di Gesù, figlio primogenito e fratello.
(24 luglio 2022 – XVII Domenica Tempo Ordinario)
PS - "Senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possono essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità" (papa Francesco)
Nunzio Marotti
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