Il desiderio di vita porta a ricercare ciò che può appagarci, ciò che, in una parola, può renderci soddisfatti e felici. Si riconosce l'importanza dei beni, e molti ritengono che la vita dipenda dal loro possesso. Cresce, allora, la voglia di accumulare e l'attaccamento segna il vivere quotidiano. L'aggettivo “mio” diviene l'assoluto (nella parabola del vangelo di oggi: i miei raccolti, i miei magazzini, i miei beni, anima mia). Ma è evidente che nessuno è padrone della propria vita, che resta caratterizzata da limite e precarietà.
Per indicare l'umanizzante orientamento dell'esistenza, la rivelazione biblica mostra il Dio che si fa povero, che sceglie di essere dono per gli altri. Ha mostrato l'insufficienza dell'avidità e dell'egoismo che tolgono spazio a Dio e agli altri, chiudendo l'uomo in un abbraccio mortale con il proprio isolamento che si traduce in esclusione, talvolta estremamente violenta, degli altri. Occorre arricchirsi davanti a Dio, ricorda l'evangelista Luca, crescendo nella capacità di amare, rapportandosi ai beni nel giusto modo, cioè con libertà e costruendo fraternità. Perché la vera ricchezza è la condivisione.
La preoccupazione per i propri beni (da accumulare a garanzia del futuro) è oggi accentuata dall'incertezza del futuro stesso. Allo spauracchio della miseria (o inadeguatezza rispetto alle esigenze di attraenti stili di vita) si associa la istintiva paura per un contesto planetario ostile e invivibile. Questo alla luce della realtà che (anche noi occidentali) viviamo, dalla pandemia all'emergenza climatica alle guerre guerreggiate e alle crisi economico-finanziarie globali. Insomma, è il prevalere dell'insicurezza. E' qui che si avverte la forza delle parole di Gesù: “anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Anche se uno possiede beni...
Una storiella raccolta da De Mello dice: “C'era una volta un uomo intento a costruirsi la casa. Voleva che fosse la casa più bella, calda e accogliente del mondo. Vennero a chiedere il suo aiuto perché il mondo stava andando a fuoco. Ma a lui interessava la sua casa, non il mondo. Quando finalmente ebbe finito, scoprì che non c'era più un pianeta su cui posarla.”
E' tempo di riflettere, di ripensare ai modelli culturali, alle priorità, recuperando realtà escluse dal nostro orizzonte personale e sociale. Il treno sul quale siamo e che corre a velocità folle non ci garantisce. In ciascuno, nelle società e nelle culture, permane un vuoto che le cose non riescono a riempire e, perciò, si genera insoddisfazione e ricerca di nuove cose. La consapevolezza di questa condizione (circolo vizioso simile ad un criceto nella ruota) può rappresentare l'opportunità per mettere ordine nella propria vita, nell'essere e nelle priorità del proprio agire sociale. Forse, si tratta di capire cosa sia davvero essenziale, avventurandosi in un cammino sapienziale dove si possono incontrare tanti compagni di oggi e di ieri.
(31 luglio 2022 – XVIII Domenica Tempo Ordinario)
Nunzio Marotti
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