Gesù vuole uomini liberi dagli attaccamenti.
Il vangelo di oggi ha rappresentato per i cristiani di ogni tempo una “spina nel fianco”. Si sono moltiplicate le interpretazione della frase del Maestro: “chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. La storia racconta di scontri, anche violenti, insieme ad esempi di radicale rinuncia. Per non dire della diatriba sulla coerenza del religioso povero di proprietà personali ma con la disponibilità d'uso di strutture ricche.
Nel contesto di una riflessione cristiana, appare chiaro che il criterio di fondo è dato dall'assoluto rappresentato dall'amore per Dio e per il prossimo. I beni e gli affetti familiari, e anche le ideologie, se assolutizzati sono di impedimento. Perciò occorre procedere ad un cambiamento di prospettiva: i beni e i legami familiari vengono dopo (dietro), cioè sono relativi alle esigenze poste dalla sequela di Cristo. Ciò richiede il coraggio di buttarsi nell'avventura, rinunciando ad appoggiare la propria esistenza su beni e persone, idee e progetti mondani, rinnegando ogni pretesa di autosufficienza, e vivendo da libero figlio di Dio e fratello di tutti, nella gioia del canto e del servizio.
A questo punto è necessario tornare ad un tema ricorrente di questo appuntamento settimanale. Quanto finora detto non può essere imposto dall'esterno o genericamente. Può solo essere il frutto di un interiore cambiamento, certamente graduale, di una trasformazione che scaturisce dal contatto intimo con il Maestro, con Colui che porta il fuoco rigeneratore dell'amore. Solo contagiati da questa energia si sarà capaci di rinnovare i contesti vitali. Oggi è l'umanità ad attendere un'immersione ( battesimo, in greco) nell'acqua rigeneratrice di una cultura nuova, umanizzante, personalizzante, fraterna.
La “rinuncia” (insieme al “distacco”) è un tema che attraversa tutte le tradizioni sapienziali e spirituali. Nel nostro quadro, essa si configura come rinuncia-per-amare, quindi per affermare la propria identità secondo un'antropologia che pone al centro la persona in relazione, in cui il “noi” non è mai in opposizione all'io autentico. Un “noi” che non può che avere i confini del mondo. In questo tempo, la rinuncia, per esempio, ha come obiettivo la condivisione con coloro che mancano del necessario e faticano a vivere il quotidiano, vedendo dinanzi il buio per sé e per i propri familiari. Abbiamo tante esperienze di rinuncia per amare, a cominciare dal genitore consapevole e dai veri amanti. La rinuncia può essere anche una via di prevenzione e contrasto del disagio esistenziale, favorendo lo svuotamento del troppo pieno di sé, del condizionamento di schemi mentali inadeguati e di abitudini malsane. Quanto importanti, anche solo dal punto di vista umano, risultano i cammini di consapevolezza e meditazione, centrati sul silenzio e l'ascolto interiore, sulla quiete, sul valore dell'istante presente, sull'essere presenti a se stessi...
Su questa via il cristiano sa (non solo crede: sa) che la via di rinuncia conduce ad una vita semplice, essenziale, fraterna. Cioè, liberamente gioiosa.
(4 settembre 2022 – XXIII Domenica Tempo Ordinario)
Nunzio Marotti
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