Infonde speranza il vangelo di questa domenica. E mette in cammino.
In un quadro drammatico, l'attenzione converge sul breve dialogo fra due condannati a morte, due rifiuti della società. Uno è Gesù, condannato dal potere religioso-ebraico e da quello politico-romano, e l'altro è un malfattore.
Attorno ci sono altri personaggi: il popolo che guarda lo spettacolo, i capi e i soldati che lo deridono, un malfattore che lo insulta. E' un contesto di violenza a vari livelli.
Al centro della scena c'è l'uomo che ha vissuto nella relazione fedele con il Dio liberatore degli uomini e ha fatto del progetto di fraternità la causa di vita. E al malfattore offre una parola di speranza e di consolazione, che nasce dal profondo del suo essere che è misericordia. Lo prende con sé, lo accoglie, non lo abbandona, gli dice: condividiamo la condanna degli uomini e condivideremo anche l'esperienza di una morte che si spalanca sulla vita.
Anche se contrasta con il buon senso e la logica mondana, nel carcerato-condannato a morte intravediamo la possibilità di un riscatto per ognuno di noi, fratelli dell'ingiustamente Condannato, in quel tempo e continuamente nella storia.
Quella umana è una storia di violenza (esercitata o minacciata, e comunque sempre alimentata), di condanne da parte di ogni forma di potere. Violenza anche in nome di Dio o, meglio, di ciò che si considera tale (denaro, dominio, famiglia/e, gruppo, nazione, ideologia, religione...). Si moltiplicano i grandi e piccoli giudici, implacabili e intolleranti, a difesa di strutture e realtà storiche in fase terminale ma trattenute con le unghie e i denti per paura di perdere vantaggi.
Gesù ha indicato la via della misericordia. Una via che è rispetto, comprensione, dialogo, servizio, cura, liberazione. E' la via della nonviolenza, possibile a tutti, anche a chi non ha niente o è debole. E' la via che ci libera dal ritenere che vi siano uomini che valgono più di altri. E' la via che considera tutti su un piano di parità (dignità) nelle differenze.
Come richiamato più volte in questa rubrica settimanale, è necessario un lavoro personale, interiore, nel silenzio e nel nascondimento, per accedere all'umanità che ci abita e che siamo, che ci accomuna ad ogni essere vivente e ci lega ad ogni realtà dell'universo. E' qui la sorgente della pace e della gioia, che si diffonde e contagia altri, organizzazioni e strutture, dando vita a una vera trasformazione e ad un accrescimento di umanità. Per questa via, più non appare scandaloso la misericordia fino al perdono, anche reciproco perché – in un mondo interdipendente – ciascuno di noi, a cominciare dal sottoscritto, è in qualche misura corresponsabile di male e disumanità. E chi lo nega ostinatamente fa professione di superiorità (almeno morale), quindi giudica e condanna, alimentando la storia di violenza.
“Oggi sarai con me”, dice Gesù al malfattore che si apre a lui. E ai cristiani dice: adesso, siete con me? Dunque, è lui il nostro Re, con la sua logica misericordiosa, oppure siamo sudditi di altri re, di altre e opposte logiche?
(20 novembre 2022 – XXXIV Domenica Tempo Ordinario)
Nunzio Marotti
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