In questa sede analizzerò la situazione viaria e la cultura degli spostamenti per l'impatto che esse hanno sull'isola, non per la questione del traffico. Tema, questo, certamente serio, ma che può essere affrontato con intelligenti piani della mobilità e razionalizzazione dell'assetto stradale. Questioni, che, incredibile a dirsi, talvolta la politica locale riesce a risolvere. Ciò che è in questione invece è drammaticamente trascurato e prevede un cambio di paradigma.
Innanzitutto vediamo come siamo arrivati a una rete stradale così significativa per un'isola tutto sommato piccola. E in maniera fulminea, praticamente in meno di un secolo.
Fino alla fine del Settecento le strade carrozzabili all'Elba erano praticamente assenti, per diverse ragioni. La prima è la geografia dell'isola, in gran parte costituita da alture dai fianchi ripidi e solcati da innumerevoli valli: aprire una strada era dunque un lavoro difficilissimo. La seconda ragione è sociale. Nell'isola non esisteva un'alta borghesia, e men che meno un'aristocrazia: quindi non esistevano carrozze. Al massimo i piccoli borghesi potevano possedere carrozzelle, buone per brevi percorsi urbani o di campagna in piana. Inoltre le società paesane isolane erano molto chiuse, quasi autarchiche, con pochi scambi e poco significativi. Un capoliverese medio, per dire un elbano come un altro, nasceva e moriva nel suo paese, spesso senza neanche esser mai stato in tutta la sua vita a Portoferraio.
Erano pochi quelli che curavano commerci con altri paesi, e quindi non era necessario l'uso di grossi mezzi per il trasporto di tante persone e merci capienti. E quindi non erano necessarie strade per grossi mezzi. Se i trasporti erano voluminosi, si ricorreva all'attrezzatissima marineria locale, che poteva contare su una significativa disponibilità di navigli di diverse stazze. E quindi a quella straordinaria via che era il mare.
Fu all'inizio dell'Ottocento, sotto il governo francese, che l'isola entrò nella modernità, e i suoi problemi furono affrontati in un'ottica generale. E ovviamente c'era quello di un sistema di collegamenti più efficace tra i vari centri. La prima strada a essere realizzata è molto probabilmente quella tra Portoferraio e Porto Azzurro, il cui tracciato è quello dell'attuale provinciale, a parte un tratto nella zona delle Grotte. C'era forse una ragione più militare che sociale per la realizzazione di questo tracciato: univa infatti le due piazzeforti dell'isola, strategicamente basilari per i francesi. La sua veloce apertura fu favorita anche dalle condizioni geografiche: per tre quarti passa su terreni pianeggianti.
Fu con Napoleone che si ebbe un'accelerata nella progettazione delle strade, che però non corrispose a un'effettiva realizzazione, a causa del suo breve soggiorno. Il Bonaparte mise in priorità i lavori a quelle carrozzabili che più lo interessavano, come la strada per la sua villa di San Martino.
Nel mezzo secolo di governo granducale i lavori andarono molto a rilento. Infatti le strade erano a carico delle magre casse dei comuni elbani. Non potendo finanziare i lavori, era difficile trovare manodopera, presumibilmente poco attratta da miseri cottimi. Ma c'era un problema ben più grosso.
L'apertura di strade comportava pesanti espropri di terreni, come ben si era reso conto lo stesso Napoleone. Con un patrimonio fondiario estremamente polverizzato in piccoli appezzamenti, comportava che alcune famiglie potevano essere private di significative porzioni di proprietà, se non addirittura particelle intere. E terra espropriata significava vigneti e orti persi, ovvero spesso le uniche fonti di sostentamento per la famiglia. Si può capire perché per un elbano dell'Ottocento una strada non era vista come un progresso, ma come una sciagura.
Fu con il governo italiano, quando i lavori furono a carico del nuovo stato, che i progetti napoleonici furono ripresi e portati a compimento. Alla fine dell'Ottocento tutti i paesi più importanti dell'isola erano ormai serviti da carrozzabili. Nel secolo successivo proseguirono i lavori, riuscendo a collegare anche diverse frazioni: è il caso di Lacona, unita a Portoferraio, tramite una strada di valico a Colle Reciso, e raccordata al tronco Portoferraio-Porto Azzurro nella zona della Valdana, con un bel tracciato costiero. Inoltre, soprattutto negli anni '30, alcune strade, come la Parata e quella del crinale centrale tra Acquabona e Literno, furono aperte e pavimentate in macadam dal genio militare, nel quadro della fortificazione costiera dell'isola, voluta dal fascismo.
Nella prima metà del Novecento fu possibile attivare anche un servizio di autocorriere (chiamate postali, perché facevano anche il trasporto dei sacchi postali), segno che la situazione viaria era già ottimale. Certo, oggi fa ridere pensare al tempo che si impiegava allora per percorrere anche solo una quarantina di chilometri: ho testimonianze di anziani che per spostamenti tra Capoliveri e Marciana Marina, o viceversa, erano costretti a passare la notte in una locanda della destinazione d'arrivo, per poi ritornare a casa il giorno dopo. Alcuni mi raccontavano che paradossalmente un giovane ben allenato poteva raggiungere in bici molte più destinazioni, e tornare a casa in giornata, di chi usava una corriera.
Ma sarà il dopoguerra a segnare la viabilità dell'isola. In meglio e in peggio, come vedremo nella seconda parte del capitolo.