Attendere. L'attesa di qualcuno o qualcosa è componente essenziale della nostra esistenza. Anche la natura attende che il seme sprofondi nella terra e cominci a svilupparsi secondo la propria specie. Nel vangelo di questa domenica, che dà inizio al tempo dell'Avvento (che è attesa del Natale) Gesù invita a stare svegli. Come tutti i maestri, l'uomo di Nazaret è consapevole che l'essere umano è in bilico fra la fedeltà al proprio essere, con le sue potenzialità, e l'appiattimento. Il tema del risveglio è costante degli insegnamenti spirituali. L'uomo è un essere chiamato a sviluppare le capacità corporee, mentali e spirituali. Contestualmente alla crescita di quest'ultima realtà, che rappresenta l'Io autentico, si modifica il pensare e l'agire. Nella profondità della dimensione dello spirito, comune ad ogni essere umano, è presente il divino (i cristiani lo chiamano Spirito Santo, quindi la Trinità) e, in qualche modo, tutta la realtà. Nell'interiorità abita la verità, che sempre gli uomini non dormienti cercano. L'uomo conoscendo Dio conosce se stesso, in un cammino progressivo, mai riducibile alla sola ragione. Svegliarsi gradualmente vuol dire aprire gli occhi sulla realtà, questa realtà (dove stiamo andando?) e lasciarsi trasformare per vivere secondo lo Spirito. Uno Spirito che è e agisce nel mondo, all'interno del quale sospinge il fedele, nella lotta (sempre rischiosa) per umanizzarlo. E' una scelta di libertà: svilupparsi secondo la propria specie, che è libertà.
Troppo è stata strumentalizzata la fede, in ogni parte del mondo, per usarla ideologicamente e condannare uomini – quanti cercatori sinceri della verità! - e culture diverse. E' una tentazione ricorrente. Ma chi percorre le vie e i sentieri di Dio e cammina nella luce del Signore (Isaia), chi indossa le armi della luce e si riveste di Cristo (Paolo), non può che credere alla profezia della pace (Isaia 2,1-5) e dedicare ad essa tutto se stesso. Il profeta Isaia parla di giorni in cui tutti i popoli si riuniranno e “spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra”.
Questa è la direzione verso cui procedere. In ogni ambito farne il faro del proprio pensare ed agire: disarmare il cuore e vivere relazioni nonviolente in famiglia, nei luoghi di formazione, sul lavoro, nelle chiese, nell'associazionismo, nell'economia, nella politica e nell'ecosistema.
Non è facile, anzi: vivere in questo modo può essere fonte di rinuncia e di derisione, al limite anche di violenza subita. Questo è stare nell'arca di Noè, non un rifugio sicuro che separa dagli altri (da considerare con disprezzo), ma nel fuoco della passione per l'umano che arde e spinge a farsi prossimo di chiunque, senza confini e condizioni.
Disarmare il cuore. La prova di tale disarmo non sono le parole. E tanto meno episodiche azioni. E' piuttosto uno stile che si manifesta nell'esprimere le proprie convinzioni e interpretazioni attraverso azioni costanti, con coraggio e forza, però mai, mai, con parole e gesti violenti nei confronti di chiunque. E' questo un modo per disimparare l'arte della guerra.
(27 novembre 2022 – I Domenica di Avvento)
Nunzio Marotti
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