Marianne Kipp è stata la ragione per la quale nel 1995 decisi di tornare a vivere sull’Elba.
Ero a Bologna, dove avevo completato i miei studi, lavoravo con un paio di compagnie di teatro e frequentavo la Scuola Popolare di Musica Ivan Ilich.
Fu in quell’ambito che alcune amiche e colleghe musiciste, che all’epoca avevano una formazione tutta al femminile, Fastilio, mi avvisarono che sarebbero venute in estate all’Elba a suonare a un festival di musica contemporanea.
Pensai che avessero sbagliato isola.
Quando mi passano informazioni più dettagliate scopro che l’organizzatrice del festival abita al Filetto, non lontano da San Piero, dove abito io.
Appena tornata all’Elba, per qualche giorno di vacanza, mi presento a Casa Scala al Filetto, e incontro per la prima volta Marianne Kipp e la sua compagna e futura moglie Elvira Korf.
Fu un colpo di fulmine; l’inizio di una fruttuosa collaborazione artistica durata una decina d’anni buoni, e di un’amicizia profonda che è ancora in essere.
Avere conosciuto Marianne (ed Elvira), e il suo progetto artistico mi fece pensare che era tempo che io tornassi a vivere e a lavorare, artisticamente, sull’isola.
Marianne è stata un’artista sensibile, eclettica e prolifera sia come pittrice che, soprattutto, come musicista.
Polistrumentista, suonava il violoncello, il basso elettrico e il contrabbasso; il sintetizzatore, la batteria ed ogni tipo di percussioni più o meno convenzionali: dal gong al glockenspiel, dalle ciotole d’acqua ai carillon, dai tamburi al vibrafono; ispirata e in ascolto, improvvisava da sola o con altri musicisti e performer, danzatori ed attrici.
La sua formazione e le sue numerose ispirazioni la inserivano a pieno titolo in quell’ambito della musica e dell’arte contemporanea, performativa e non, che vide in John Cage il padre costituente.
Il suo festival di musica improvvisata e contemporanea, Suoni & Sound, è stato un progetto assolutamente innovativo sul territorio elbano che per 15 anni ha portato sull’isola artiste ed artisti
dell’avanguardia musicale internazionale e italiana (Sybilla Giger, Michail Maierhof, Regula Wagner, Birgit Kiupel, Birgit Ulher, Aldridge Hansberry, Lou Mallozzi e moltissimi altri), creando, quando possibile, interazioni con performers locali.
Infatti le collaborazioni e gli scambi con artisti contemporanei dell’Elba, hanno annoverato tra gli altri Italo Bolano, Walter Puppo e Angela Galli, così come le allieve della scuola Elbadanza di Maria Paola Gori, Angela Iannì e Luca Polesi, solo per citarne alcuni.
Il chiostro dell’ex caserma De Laugier di Portoferraio, location principale del festival, diventava in quella occasione, un portale spazio-temporale, aperto sulla vastità del mondo multiculturale e su un presente futuristico di ancora inauditi suoni elettronici ed acustici, rumoristi e minimalisti.
Probabilmente in anticipo sui tempi e per palati decisamente fini, i concerti e le performance di Suoni & Sound non mancavano di stupire, talvolta sconcertare, spesso incuriosire e divertire i
coraggiosi spettatori.
Intanto Casa Scala, in località Filetto a Marina di Campo era un centro culturale informale. Gli artisti invitati al Festival vi venivano ospitati e quindi là si studiava, si creava e si provava.
La casa ospitava naturalmente lo studio d’artista di Marianne che regolarmente dava luogo ad eventi e performances, spesso in giardino.
Poi venne il Ritz: nel 2000 Marianne Kipp acquista un’ex night club, dismesso e fatiscente, nel centro storico di Portoferraio, e ne fa il suo studio. Con passione ed entusiasmo pulisce, restaura,
dipinge, allestisce, installa, ospita, espone; creando, come sempre, occasioni, incontri, creatività, relazioni artistiche ed umane.
Tre gli eventi più significativi tre mostre molto particolari.
La mostra delle scarpe: amici, conoscenti e vicini, erano stati invitati a portare nello studio scarpe usate, che l’artista usò per creare un percorso-cammino immaginifico ed evocativo, capace di suscitare suggestioni e riflessioni.
La mostra degli abiti da sposa, con un concept analogo: in questa occasione le signore del quartiere, le vicine e le amiche, tirarono fuori dalla naftalina abiti da sposa di varie epoche, loro, o delle loro madri e nonne.
Con questi abiti appesi, distesi, piegati, stropicciati, scuciti, sgualciti o perfettamente conservati, Marianne creò un ambiente fortemente suggestivo, sospeso tra nostalgia e visioni di una sorta di immaginario femminile atemporale.
Infine le Lettere Affogate: qui in mostra erano oggetti, opere, scritti, fotografie, lettere appunto, che conservavano “l’impronta di acqua e fango” lasciata dall’alluvione che nel settembre 2002
aveva devastato l’Elba e Casa Scala con quanto vi si trovava dentro.
Salvati gli strumenti musicali, molti dei dipinti e delle opere dell’artista avevano acquisito nuove forme e nuovi contenuti grazie all’azione distruttrice, modificatrice e quindi anche creatrice, dell’acqua.
Nei suoi anni elbani, prima di tornare a vivere nella nativa Amburgo nel 2008, Marianne ha partecipato a moltissimi spettacoli, concerti ed eventi artistici, contribuendo a deprovincializzare
l’ambiente culturale isolano, insegnando, animando, producendo, condividendo il suo sapere musicale, culturale e umano, la sua mente aperta, le sue intuizioni, la sua attenta sensibilità, la sua originalissima creatività.
Fuori dall’Elba la sua carriera artistica ha un prima e un dopo, brillanti di una luce sottile e raffinata, e di alcuni importanti riconoscimenti.
Il nostro sodalizio artistico è continuato anche a distanza ed io ho avuto ancora il privilegio di poter contare sulla musica di Marianne; insieme siamo state in tournèe improbabili per centri sociali e rassegne e festival di prestigio, abbiamo suonato sugli alberi e recitato con i piedi a mollo in piscina, in teatro e per i vicoli.
Adesso che è venuta a mancare, fatico a non provare nostalgia per quegli anni strepitosi, davvero illuminati dalla presenza ispiratrice di un’Artista coerente, coraggiosa, libera e sensibile, di una Maestra e di un’Amica.
Francesca Ria