Ancora siamo all' “occhio per occhio e dente per dente”. O, forse, anche prima, all'eccesso di reazione o di vendetta. E Cristo, nel vangelo, continua a dire di porgere l'altra guancia e di amare il nemico e, addirittura, di pregare per i propri persecutori.
Sta qui la giustizia straordinaria e sovrabbondante del Cristo. Qualcosa di impossibile agli uomini e di possibile a Dio. Come? Trasformando l'uomo che a Lui si apre, l'uomo che dal di fuori di sé rientra nel centro di se stesso. E' in questo centro che abita la divinità: l'Amore paterno-materno che è fondamento della realtà e tiene in vita tutte le cose. E' in questo centro che l'uomo si sperimenta figlio dell'Amore e appartenente a tutta la realtà, senza limiti e confini. Da questo centro emerge e agisce l'uomo fratello-sorella di tutti e di tutto. Quest'uomo sa che l'altro non è nemico e sa che, se da qualcuno è considerato nemico, il suo compito è di riportarlo, con la mitezza dell'amore nonviolento, al centro di sé affinché possa a sua volta riscoprire la propria autentica umanità, la figliolanza e fraternità-sororità.
In questo contesto di rivoluzione interiore, porgere l'altra guancia non vuol dire codarda sottomissione al male. Significa opposizione al male con armi diverse dal male, affinché il “malvagio” possa avere la possibilità di scegliere l'umano, cambiando mentalità (metanoia).
E' evidente che la lotta nonviolenta al male comporta il subire su di sé la violenza ma di non farla (sop-portare il male senza farlo, bloccando così “quella” specifica catena di violenza).
Solo chi è incamminato sperimentando l'amore autentico sa che questo è vero e possibile. Basta pensare alla sopportazione-pazienza eroica e resistente, per esempio, di figure genitoriali o educative o politiche. Per esse, l'amore porta a non identificare l'errante con l'errore, a vedere in chi sbaglia l'uomo che può riscoprire la sua umanità.
Ci si chiede se tutto questo possa valere anche sul piano sociopolitico.
La risposta non può essere negativa, se si prendono in considerazione esempi di applicazione della nonviolenza nei conflitti. Rinviando alla letteratura reperibile sul web, credo opportuno invitare a prendere (o riprendere) in mano i testi di Gandhi, per comprendere ciò che sta al fondo della sua vita e delle sue azioni, In questo modo, diventeranno familiari e fonte di ispirazione realtà espresse da termini come Satyagraha (forza della verità), ahimsa (nonviolenza), coscienza e moralità (che per lui è l'essenza della religione), noncollaborazione, disobbedienza civile... L'uomo, che condusse il popolo indiano alla liberazione nonviolenta dalla dipendenza inglese, da indù apprezzava il Discorso della montagna di Gesù, soprattutto l'opporsi al male con il bene. Ed ebbe, da questo punto di vista, ammirazione per Tolstoj (interessante il loro carteggio) dal quale ricavò la spinta a realizzare la nonviolenza anche nella vita sociale e politica. Mentre segnalo, tra gli italiani, il filosofo Aldo Capitini e l'educatore Danilo Dolci, mi chiedo perché non si sia scelto, specie dopo la seconda guerra mondiale, di investire almeno una parte delle risorse per spese militari nella ricerca per la difesa non armata... Ma su questo potrò tornare successivamente.
(19 febbraio 2023 – 7^ Domenica Tempo Ordinario)
PS – “Ricordate, tutti siamo un tutt'uno. È questa l'unica globalizzazione nella quale dobbiamo crescere. Siamo tutti assieme, su questa piccola terra, tutti uguali, gialli, neri, bianchi, musulmani, cristiani. Tutti uguali. Tutti con lo stesso cuore. Tutti con lo stesso amore verso i figli. Tutti con la stessa paura della morte. Dobbiamo smettere di pensare che ci siano dei nemici, diversi da noi. Sono tutti uomini, bambini, donne che soffrono come noi. Se non eliminiamo la violenza dalla nostra vita, saremo sempre più animali” (Tiziano Terzani)
Nunzio Marotti
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