La valle di S. Martino e sue vallecole, è circondata da numerosi rilievi che la isolano dal resto del territorio dell’Elba centrale, costituendo un ambiente interessante con caratteristiche sue particolari dal punto di vista climatologico e geolitologico.
Sotto l’aspetto climatologico è una delle zone più piovose dell’isola, con indice di evapotraspirazione tra i più bassi dell’intero territorio isolano dove perciò le acque di precipitazione meteorica evaporano meno e pertanto un clima favorevole ad una fitta e rigogliosa vegetazione dove è possibile trovare piante endemiche ed una fauna di uccelli nidificanti.
Per quanto sopra affermato leggi pg 47-50 di “Studio sulla morfologia, geologia, mineralogia e climatologia del promontorio dell’Enfola e della valle di S. Martino” Roberto Nannoni. Supplemento della rivista italiana di studi napoleonici Giardini editore 1985; pg 51-60 di “Piante endemiche dell’arcipelago toscano. Saggio introduttivo” Carlo del Prete, Fabio Garbari. Idem come sopra; pg 63-76 di “Le comunità di uccelli nidificanti di due ambienti a macchia mediterranea dell’isola d’Elba” Marco Lambertini, Enrico Meschini. Idem come sopra.
Per un approfondimento dell’aspetto climatico ambientale dell’Elba leggi “Bilancio idroclimatico e classificazioni climatiche“ capitolo 3.1.3 di “Carta geomorfologica dell’arcipelago toscano”
https://www.academia.edu/23101625/Carta_Geomorfologica_dellArcipelago_Toscano_Geomorphological_Map_of_the_Tuscan_Archipelago?email_work_card=title
Il basso indice di evapotraspirazione comporta un ambiente climatico più umido come dimostrato dalla imponente vegetazione di canne (arundo donax) presente un po’ ovunque nella valle di S. Martino e sue vallecole.
La vegetazione di canne è particolarmente rigogliosa lungo i margini dei fossi. (Foto di copertina)
Condizioni ottime per la vita animale e vegetale.
Se questo è l’ambiente climatologico odierno della valle di San Martino lo era anche nell’età della pietra?
La valle di San Martino era rigogliosa di vegetazione anche nel paleolitico medio (75.000-35000 anni aC) e superiore(35000-10000 anni aC)?
La risposta sembra essere positiva perché la zona di S. Martino con sue vallecole e colline circostanti è luogo tra i più ricchi per ritrovamento di giacimenti di utensili dell’attività umana riferibile alle culture e industrie preistoriche dell’età della pietra riconducibili al paleolitico medio e superiore.
In queste età della pietra l’attività umana è legata alla caccia della selvaggina: l’uomo paleolitico va a caccia per mangiare e sopravvivere, lo dimostrano i manufatti rinvenuti.
Gli esseri umani viventi nel paleolitico inferiore,medio e superiore appartengono al genere “Homo”, paleoantropo conosciuto sotto il nome Neanderthal.
Vivono nomadi senza fissa dimora perché nutrendosi di animali inseguono la selvaggina nei luoghi dove essa si trova.
Sono le condizioni climatiche che regolano il tipo di selvaggina e i suoi spostamenti sul territorio.
E’ infatti il clima che regola lo sviluppo della vegetazione di cui si nutre la selvaggina.
A partire dal pliocene (circa 3 milioni di anni fa) ripetute variazioni climatiche sconvolsero ciclicamente l’Elba determinando l’alternarsi di fasi glaciali ed interglaciali e di conseguenza molteplici cambiamenti geomorfologici. Ad essi sono intimamente connessi l’evoluzione e le migrazioni di una nuova specie di esseri viventi che stava cominciando a dominare il pianeta: gli appartenenti al genere “Homo”.
L’arcipelago toscano acquista e perde ripetutamente parte delle sue isole finchè non si superò l’ultima glaciazione del Wurm (circa 10000 anni fa) quando l’Elba e l’arcipelago assumono una configurazione sostanzialmente simile a quelle attuale.
Il Wurm fu la quarta glaciazione del pleistocene, la prima epoca del quaternario: ebbe inizio circa 120.000 anni fa (interglaciale Riss-Wurm) e terminò circa 12.000 anni fa (intergliaciale Wurm IV-Dryas I antico). Durante il Wurm su tutto il pianeta si verificò un abbassamento generale della temperatura e un'ulteriore espansione dei ghiacciai nell'attuale zona temperata.
Durante questa glaciazione i livelli dei mari si abbassarono di oltre 120 m.
Alla fine di questa glaciazione, seguì un periodo tardiglaciale, in cui la temperatura e le precipitazioni raggiunsero gradualmente i valori attuali (inizio olocene 11.000 anni fa).
Nel Wurm le glaciazioni si estendono e coprono gran parte dell’Europa centro settentrionale: il fiume Wurm,da cui prende nome queste era glaciale, segna approssimativamente l'avanzamento massimo del ghiacciaio in questo periodo glaciale particolare.
L’ Europa meridionale, Italia compresa, non erano sottoposte a glaciazione ma per il fatto che gran parte delle acque era trasformata in ghiaccio, il livello del mare si era ritirato oltre 100 metri rispetto a quello attuale, per cui le coste dell’Europa meridionale e dell’Italia erano molto differenti da quelle di oggi.
Su queste coste il clima freddo, mediamente intorno a 7/8° C, facilta la nascita di boschi e piante che facilmente ancora oggi vegetano nel clima alpino a quote elevate come il mugo, il pino silvestre, le betulle, l’abete mentre sono gli animali che meglio si adattano a questo clima che circolano e vivono in tale ambiente rigido quali orso, capriolo, cervo.
Ventimila anni fa, in pieno Wurm, la zona di S. Martino faceva parte di un ambiente a clima rigido di questo tipo, diremmo oggi ‘alpino’.
Come tutta l’Elba, la valle poteva essere raggiunta, senza attraversare il mare, da animali che migravano alla ricerca di cibo.
I cacciatori paleolitici, i paleantropi, li seguivano per cacciarli.
La zona di S. Martino con tutte le sue colline sovrastava a quei tempi un’ampia vallata la quale, per il ritiro del livello del mare, si continuava in territori che iniziavano dove oggi comincia il fondale marino, sulle linee di riva del mare, arrivando fino alle attuali coste di Piombino, attraverso il canale, dove le linee batimetriche di profondità del mare non superano i quaranta metri specie lungo la dorsale sottomarina est-nord del canale.
Una ampia vallata oggi sommersa dal mare.
Sui pianori delle colline che contornano oggi la valle di S. Martino, declinanti da un lato verso Lacona e, in quello opposto, verso la Biodola, dominanti le ampie vallate che si erano costituite per il ritiro delle acque marine, si stanziarono cacciatori paleolitici che provenivano a piedi attraversando quello che oggi è il canale di Piombino.
Nella zona di S. Martino e adiacenti, come ad esempio quella di Lacona incontrarono infatti insieme alla selvaggina un luogo ed un terreno che forniva loro la pietra adatta per essere lavorata per utensili utili alla caccia: punte, raschiatoi, grattatoi, lame, nuclei ed un bacino idrografico probabilmente ricco in acqua dolce.
La roccia, la pietra che trovano i cacciatori paleolitici nella zona di S. Martino è quella facilmente visibile ancora oggi che affiora lungo la strada provinciale che conduce alla villa di Napoleone nei pressi di Castiglione S. Martino.
Vaste placche di porfidi intrusi nelle formazioni argilloso-calcaree di depositi alluvionali antichi e terreni detritici recenti derivanti dall’erosione dei colli sovrastanti.
E’ questo il complesso definito in geologia unità del Flysch Paleogenico, Unità del Fysch Creataceo (Ex Complesso V, calcari marnosi e marne grigio-scure alternati con argilloscisti grigi e arenarie più o meno calcarifere).
Roberto Nannoni così descrive i porfidi che affiorano a S. Martino: ” …. sono alquanto porfirici con grossi cristalli di ortose idiomorfi, quarzo e molta tormalina, che talvolta può raggiungere l’elevato tenore del 10%. Il plagioclasio è più abbondante dell’ortose ed il tenore in silice più basso; la roccia risulta quindi un porfido granodioritico”
(Cfr. pg 46 di “Studio sulla morfologia, geologia, mineralogia e climatologia del promontorio dell’Enfola e della valle di S. Martino” Roberto Nannoni. Supplemento della rivista italiana di studi napoleonici Giardini editore 1985).
Questo porfido con queste caratteristiche è stato chiamato “porfido di S. Martino” e la sua genesi risale a circa 7,4-7,2 milioni di anni fa.
Marcello Camici
Foto di copertina - Valle di S. Martino. Vallecola delle Tre Acque. Sentiero abbandonato che corre tra una fitta e ricca vegetazione di canne lungo il fosso delle Tre Acque.
Foto 2 - Dal Serrone delle Cime veduta della valle di S. Martino e colline circostanti: collina di S. Lucia, monte Orello e Moncione. Tutti luoghi dove sono stati rinvenuti giacimenti paleolitici. Serrone delle Cime giacimento paleolitico, localizzazione: carta d’Italia I.G.M., Foglio 126, II NO, 42°47’55’’ lat, N., 2°10’26’’ long. W.
Foto 3 - Carta geomorfologica Italiana durante l’ultimo periodo glaciale. Da Antonioli, Silenzi 2007
Foto 4 - Ricostruzione paleografica della costa tirrenica ed insulare nel pleistocene superiore - 75000-15000 anni fa - nel periodo climatico glaciale Wurm III corrispondente alla industria litica umana del paleolitico medio e superiore. Ripreso da “Elba. Territorio e civiltà di un’isola” Ramiro Rosolani, Mario Ferrari. RS Editore 2001
Foto 5 - Lacona. Reperto paleolitico. Fosso del Pino, giacimento paleolitico. Ripreso da “Elba. Territorio e civiltà di un’isola” Ramiro Rosolani, Mario Ferrari. RS Editore 2001
Foto 6 - Valle di S. Martino. Affioramento di porfido - granodiorite - intruso in formazioni argilloso - calcaree visibile lungo la strada provinciale per la villa napoleonica davanti alla collina di Castiglione S. Martino. Genesi circa sette milioni di anni fa.