Nella seconda metà del XIV secolo, gli abitanti di Grassula e di Rio chiedono nuovamente che fossero loro concesse alcune franchigie e immunità, attraverso forme di dilazione del pagamento delle ‘gravezze’; altrimenti non sarebbe rimasta altra scelta che quella di abbandonare l’isola. Il Consiglio degli Anziani si riunisce per deliberare sulle condizioni economiche dell’Elba, divenute assai gravi e per cercare di arginare un’emigrazione dall’isola sempre più preoccupante.
Il contrasto con Pisa era dovuto al fatto che gli Elbani della parte orientale dell’isola, consci della straordinaria ricchezza del suolo e della relativa industria siderurgica, avrebbero potuto vivere con una certa agiatezza; invece quei tesori minerari vanno a esclusivo vantaggio della Repubblica, particolarmente bisognosa di finanziamenti per sostenere i vari fronti di guerra in cui è impegnata.
Inoltre quelle Comunità si lamentavano anche dei ‘negozianti’ che, anticipando i fondi economici per ottenere i diritti di sfruttamento delle miniere, ricavano alti profitti dalla vendita e dalle lavorazioni del minerale. A conferma di questo, in un documento degli ‘Acta Henrici Septimi’, risulta che il Comune di Pisa incamerasse un reddito annuale netto di cinquantamila fiorini d’oro dalle miniere dell’isola, né questo era l’unico cespite di entrata, infatti, ugualmente importante è l’ammontare delle gabelle e degli appalti riguardanti il commercio del vino che si produceva in quantità considerevoli.
Anche nella parte non mineraria dell’isola, i problemi per gli abitanti risiedono nel male secolare della ‘pochezza’ del suolo per gli usi agricoli e nella ‘malasanità’ dell’aria in molti luoghi, a ciò si aggiunge la pesante imposizione fiscale. Gli abitanti del castello di ‘Montemersale’ si appellano alle autorità per l’ottenimento di larghe concessioni affinché si agevolasse lo stabilirsi di nuovi abitanti, “(...) tanto era infelice il paese per il clima e per il suolo”; ancora nel 1377 gli abitanti di Poggio e Marciana chiedono esenzioni, perché vivevano in luogo definito ‘silvestre e sterile’.
In quest’epoca gli isolani che non lavorano nelle miniere o nella marineria legata al trasporto del minerale, erano dediti all’agricoltura e alla pastorizia e molti di essi esercitavano altre forme di lavoro legate al mare, come la pesca, la raccolta del corallo assieme al gran numero di cavatori di granito delle zone occidentali.
L’insalubrità dell’aria, specialmente nelle zone vicine alla costa, dove soggiornano le milizie pisane rappresenta un grave pericolo: dalle denunce al Comune di Pisa, risulta che il soggiorno all’Elba è sgradito; inoltre ‘(…) non esserci un medico e mancante, inoltre, “(...) de aliis necessariis ad medicinas”.
Tutto questo si aggrava pesantemente per il passaggio della peste nel 1348, che comporta conseguenze assai gravi. In quello stesso anno, in una lettera degli abitanti di Rio e Grassula, indirizzata agli Anziani, si trova scritto che, a causa della pestilenza, quasi tutti sono morti: “Cum civitas Pisarum sit suis abitatoribus tam artificibus quam opificibus quam mercatoribus quam etiam aliis alia negotia gerentibus diminuita propter pestiferam mortem”.
Abitanti, artigiani, cavatori, marinai e commercianti sono deceduti in conseguenza della peste e la popolazione dell’isola si riduce a sole cinquecento ‘homines’, un terzo degli abitanti registrati pochi anni prima. Dopo il passaggio della ‘morte nera’, questa è la situazione demografica: “Comune Capolivri habet circam centum sexaginta; Comune Campi habet homines quinquaginta (...)”, Campo cinquanta, Pomonte quaranta, Marciana e Giove assieme novanta; per detrazione risultano per Rio e Grassula centosessanta. Il totale di cinquecento ‘homines’, capofamiglia, essendo quattro il numero medio di un nucleo familiare rappresenta quindi una popolazione di circa duemila abitanti.
La fine del dominio pisano sull’Elba la lasciamo descrivere a Ranieri Sardo nella sua Cronaca di Pisa, presente a quella vicenda che la descrive così: “Ma attendi e nota! Lo dì di Carnasciale, a dì 12 febraio 1399 (…) llo dicto Misser Gherardo d’Appiano à chavato (ottenuto) 200 migliaia di fiorini et à chavato per privilegio d’impero lo chastello di Piombino, lo chastello di Scharlino, lo Castello di Chanpiglia e tucta l’isola dell’Elba chon ciò che usava et possiede tucto”.
L’Elba esce definitivamente dall’orbita di Pisa e nasce il principato di Piombino sotto la dinastia degli Appiano.
Portus Pisanus, bassorilievo sulla Torre Campanaria di Pisa, detta Pendente
Alessandro Canestrelli