Pisa, perduta la Sardegna e ritiratasi da importanti mercati del Mediterraneo, cerca di consolidare la funzione di ‘porto della Toscana’; il Portus Pisanus, sulle cui strutture Cosimo fonderà la Città di Livorno nella metà del XVI secolo. L’antica Repubblica marinara si trova in una posizione sempre più svantaggiata nei confronti della potenza commerciale e finanziaria di Firenze e delle altre città toscane passate dalla parte Guelfa.
L’abbraccio mortale con le vicine città nemiche segna l’inizio di una serie di tragiche vicende per le quali Pisa finisce col soccombere. Un triste tramonto per una città che ha percorso per secoli il Mediterraneo per gli scambi commerciali, scientifici e culturali con le grandi civiltà arabe e musulmane, nel reciproco rispetto delle regole stabilite nei trattati; altrettanto importante è lo scambio culturale, artistico e commerciale con l’impero di Bisanzio. Una fine cui la Repubblica Marinara non si rassegna e mai china la testa respingendo la conquista fiorentina del 1494 con una guerra di popolo.
Legata alle vicende politiche della Repubblica marinara, l’Elba passa al dominio del principe di Piombino, il cui primo Signore è Gherardo d’Appiano o Appiani. Con questo fatto politico, l’Elba escedefinitivamente dall’orbita di Pisa.
La debole compagine della signoria Appiani già nel 1401 subisce le attenzioni di Genova, che tenta in più riprese di conquistarla; l’Appiani rimedia alla delicata situazione politico-militare pagando un forte riscatto alla città di San Siro.
Nel 1405, a Gherardo succede il giovane figlio Jacopo, sotto la reggenza della madre Paola Colonna.
Morto prematuramente l’Appiani, segue il governo del genero della Reggente, l’Orsini. Orsini, uomo d’armi e avveduto non trascura di presidiare militarmente e di disporre di una milizia elbana a difesa delle sue coste, dei suoi porti e delle sue piccole comunità.
Trascorso un certo periodo di tranquillità, nel 1442, una considerevole flotta si affaccia sui mari dell’Arcipelago, saccheggiando e mettendo a ferro e fuoco l’intera Elba distruggendo Ferraia, località citata nelle fonti pisane, come sede amministrativa del ‘Doganiere della vena del ferro’, Le Trane e Montemersale. La natura questa volta è benigna con gli isolani poiché sono le condizioni meteorologiche ad aiutarli. Mentre le fortezze elbane sono assediate e il grosso della banda corsara è concentrato attorno al castello del Volterraio, le condizioni del mare favoriscono gli isolani poiché una notevole burrasca distrugge la gran parte della flotta nemica, poi quando le condizioni del mare migliorano, permettono ai rinforzi navali di arrivare da Piombino. Per i corsari di turco-barbareschi è una disfatta poiché da assedianti si ritrovano circondati dalle truppe della signoria aiutate da altri militari in soccorso e sono costrette alla fuga.
Tutto il XV secolo è costellato di periodi pacifici alternati a momenti in cui l’isola è sottoposta a varie minacce. Una flottiglia genovese e aragonese, impegnata nella guerra da corsa nel Tirreno, tenta uno sbarco nella zona orientale, ma è duramente respinta dalla coraggiosa e risoluta resistenza delle truppe e degli abitanti. La Signoria restaura il castello del Volterraio, mette mano al ripristino di tutti i luoghi fortificati e fa edificare il castello del Giogo, a difesa delle miniere ferrifere, alle spalle delle comunità Riesi e luogo strategico dal quale si può controllare l’intero arco di mare dell’Elba orientale fino alla punta di Talamone.
Segue un altro periodo di tranquillità, ma agli inizi del XVI secolo, si affacciano sull’Elba e sul territorio della costa tirrenica le pretese del duca Valentino, figlio di Alessandro VI, Papa Borgia. La creazione di un suo stato personale spinge il giovane duca a conquistare le città e i possedimenti degli Appiani. Nel 1501 pone assedio alla Cittadella di Piombino e, conquistati i bastioni, completa la conquista dell’Elba e delle altre isole dell’Arcipelago. Nel breve volgere di due anni il principato di Cesare Borgia crolla e il Guicciardini scrive: “(...) aveva la terra di Piombino pigliato l’armi e, benché i Senesi si sforzano di occuparla, vi tornò col favore dei Fiorentini, il vecchio signore.”
Jacopo IV riprende possesso di Piombino e dell’Elba e, benché Firenze abbia inviato il più abile dei suoi ambasciatori, Niccolò Machiavelli, l’Appiani non accetta la proposta d’alleanza fiorentina e si assicura una nuova coalizione con la Corona di Spagna e col Vicereame di Napoli che gli garantiscono un solido presidio navale e terrestre di fronte alla continua minaccia dei Genovesi, dei Francesi con i loro più pericolosi alleati, le orde piratesche di Barberia.
L’Appiano è, investitura confermata anche dall’imperatore Massimiliano I d’Asburgo. Questa fedeltà alla Spagna che vede l’Elba e Piombino approdi per le proprie navi, sulla rotta verso l'Italia meridionale, gli procura il titolo di governatore generale delle armi di sua maestà cattolica in Toscana.
Nel 1511 l'Appiani muore e gli succede Jacopo V.
Alessandro Canestrelli
Nella foto:
Bozzetto con il profilo del Principato di Piombino (per l’inserimento del Volto di personaggio)
Torre d’avvistamento di Rio Marina