L'episodio è conosciuto come la “risurrezione” di Lazzaro. Al centro del vangelo di oggi c'è l'affermazione del Cristo: Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me non muore.
Marta, una sorella di Lazzaro, crede nella risurrezione dei morti alla fine dei tempi (del mondo), ma avrebbe desiderato un intervento di Gesù fin da ora. Il dialogo con Gesù apre a un orizzonte più ampio: la vita eterna non è quella che inizia dopo la morte, ma è possibilità offerta oggi. Dire vita eterna è riferirsi alla vita bella e buona, di una qualità capace di superare le morti che attraversano l'esistenza, compresa quella biologica. Questa vita è la vita dell'amore, delle relazioni autentiche, dello spendersi per gli altri e per il creato. Marta comprende che questa vita è possibile per chi crede in Cristo, cioè aderisce alla sua persona e al suo messaggio, vivendo in lui (chiunque crede e vive in me non morirà in eterno) la relazione di fiducia con il Padre e di dono con i fratelli. Così la vera risurrezione è di Marta che, dicendo io credo, fa esperienza di risurrezione del morto che è dentro di lei. Insomma, chi vive come Gesù, fa memoria di lui, perde la vita per lui (i fratelli più piccoli) e non fa esperienza della morte. Tutto questo ci responsabilizza nei confronti della vita attuale che si snoda nello spazio e nel tempo, qui e ora.
E se volgiamo lo sguardo al mondo del nostro tempo ovunque scorgiamo segni della cultura di morte. In esso siamo chiamati a comunicare vita, a condividere il pane materiale e la speranza, ad accogliere prima di giudicare, a spezzare le catene di schiavitù psicologica, culturale, economica, politica e militare. Qui, il seguace di Cristo, si troverà accanto a chi vive il messaggio di fraternità pur non aderendo esplicitamente al Fratello di tutti e di ognuno. Perché il cristiano (come ogni altro credente) sa che lo Spirito di Dio è libero e agisce oltre ogni confine. E' Spirito di rinnovamento e trasformazione, di evoluzione delle coscienze che non si accontentano della superficie dell'esistenza ma scendono nelle profondità del proprio spirito, ove attingono energie di vita e di creatività, ove percepiscono l'unione con ogni realtà dell'universo.
E mi sembra bello, su questa linea, richiamare il brano del profeta Ezechiele (prima lettura nella forma lunga). C'è la visione di una pianura piena di ossa inaridite, morte. Esse rappresentano il popolo di Dio esiliato ed esistenzialmente morto che ripete: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. Ma sopra di esse soffia lo spirito ed esse rivivono: è un popolo grande, in piedi, rinnovato, pronto a riprendere il cammino. Un popolo che tornerà ad abitare la terra dei padri, ritroverà l'unione, non seguirà gli idoli (con i loro abomini e con tutte le loro iniquità) e stringerà un'alleanza di pace con Dio.
(26 marzo 2023 – 5^ Domenica Quaresima)
PS - “La vita che Dio ci dona non è tanto la vita fisica, ma è soprattutto la vita interiore, che richiede del tempo per poterla sviluppare, vivere e sentire; per poterla dilatare e manifestare. Questo tempo necessario è il silenzio” (Arturo Paoli)
Nunzio Marotti
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