Il paleolitico superiore è la terza e ultima suddivisione del paleolitico così come esso è concepito in Europa, Africa e Asia. Si estende, approssimativamente, fra i 30 000 anni fa e i 11 000 anni fa, facendolo terminare prima dell'avvento dell'agricoltura. Corrisponde a parte del Pleistocene superiore, comprendente parte del periodo glaciale di Würm. In questo periodo si diffonde in Europa l'odierno Homo sapiens.
Rispetto al paleolitico inferiore le genti del paleolitico superiore imparano ad usare la pietra con la produzione di una maggiore e grande varietà di tipi di manufatti. C’è inoltre un notevole evidente affinamento nella tecnica della lavorazione.
In molte zone dell’Elba sono state ritrovate tracce di industria litica appartenente al paleolitico superiore. Nella valle di San Martino con sue vallecole circostanti sono state rinvenute tracce di genti appartenenti al paleolitico superiore: dalle Tre Acque a Santa Lucia al Serrone delle Cime.
A scriverlo è Antonio Maria Radmilli:
“…A circa 33 mila anni orsono, come è noto, si fa risalire la comparsa in Europa dell’homo sapiens del paleolitico superiore, e le testimonianze più antiche della sua presenza in Italia si trovano nelle grotte dei ‘Balzi Rossi’ in Liguria e in alcune grotte della Puglie. Anche queste popolazioni come in precedenza le popolazioni neandertaliane seguirono la zona pianeggiante antistante la Liguria, ridotta oramai alla larghezza di 5-6 chilometri, corrispondenti alla curva di livello -50 e arrivarono così in Toscana. I resti più antichi risalgono a quella particolare cultura che si fa risalire tra i 27-24 mila anni orsono denominata aurignaciana, della quale abbiamo tracce pure nell’isola d’Elba, e precisamente nelle località Lacona, Capo Bove, S. Martino e Serrone delle Cime. Esiste poi un insieme di industrie trovate a Cala Giovanna, Longone della Polveriera, a Caubbio, a Laconella, a Capo di Fonza, ad Acquabona, a Santa Lucia, a tre Acque, a Procchio e Campo Forcioni, le quali vengono attribuite a quella particolare cultura italiana che si è affermata fra i 18 e 10 mila anni da oggi e che va sotto il nome di epigravettiano italiano…”
(Cfr. pg 29 di “I rapporti dell’isola d’Elba con il continente nei tempi preistorici” Antonio Maria Radmilli. Rivista italiana di studi napoleonici, N.32 Anno XII, 1.1975)
Queste parole di AM Radmilli evidenziano come le località di S. Martino con colline circostanti e vallecole quali Serrone delle Cime, Santa Lucia, Tre Acque siano tra quelle che più contribuiscono con giacimenti a rappresentare il paleolitico superiore all’isola d’Elba. In questi giacimenti sono presenti manufatti di pietra attribuibili per tipologia di manufatto e tecnica di lavorazione non più alla cultura dell’industria litica musteriana dell’homo sapiens neandertaliensis ma alla cultura aurignaziana-gravettiana dovuta alla diffusione dell’homo sapiens nel continente europeo.
A questo proposito così scrive Michelangelo Zecchini:
“ ...L’affinamento intellettuale dell’homo sapiens del paleolitico superiore ci è mostrato dal grande progresso tecnico di cui è espressione diretta la molteplicità di strumenti inventati o perfezionati per far fronte a nuove esigenze. Lo stadio culturale del paleolitico superiore è caratterizzato nell’industria litica dalla forte percentuale di lame che i cacciatori ottenevano con una nuova tecnica di lavorazione del nucleo e di manufatti da esse ricavati. Inoltre essi cominciarono ad utilizzare l’osso che, levigato, dava resistenti punteruoli, ami, rudimenti per la pesca, affilati pugnali a mano. Quello che c’è poi di molto significativo è la vasta gamma tipologica: oltre ai vari tipi di grattatoi e di raschiatoi usati per grattare e raschiare le pelli l’uomo elbano del paleolitico superiore si serviva di coltellini per tagliare le carni, di alcune varietà di punte,di lame con incavi adatti a sagomare le assicelle di legno, di lame e punte con peduncolo per l’ammanicatura che fungevano da armi di offesa, di bulini, cioè strumenti con un angolo diedro taglientissimi e molto resistenti con i quali incideva il legno, osso e perfino pietre (le incisioni rupestri di tante caverne italiane e straniere sono dovute a tali tipi di utensili). E’ interessante far presente che mentre i gruppi del paleolitico medio usavano esclusivamente il diaspro, quelli del paleolitico superiore avevano imparato a cercare e a utilizzare i ciottoli silicei abbondanti in prossimità delle spiagge e le liste di selce che potevano trovare nelle formazioni calcaree dell’Elba orientale…”
(Cfr pg 17-18 di “L’Elba dei tempi mitici” M Zecchini ,Pacini editore,Pisa 1970)
Insomma, i cacciatori paleolitici che calcavano la valle di S. Martino e sue colline circostanti con vallecole e pianori hanno lasciato reperti litici riferibili al ciclo aurignaziano evoluto e a quello gravetto-epigravettiano evoluto.
Il primo (compreso tra 34000 e 27000 mila aC) deriva il suo nome dal sito Aurignac in Francia, il secondo (compreso tra 20000 e 16000 aC) deriva il suo nome dal sito La Gravette in Dordogna.
Ancora Michelangelo Zecchini su queste culture rinvenute all’Elba così scrive:
“….Risulta attestata con maggiore certezza una fase piena dell’aurignaziano ‘ classico’ con le tipiche lame e con grattatoi circolari, a muso, a spalla, a fronte regolare ma sempre con il caratteristico ritocco lamellare. Sono alcune le stazioni (Lacona, Caubbio, S. Martino, Campo all’Aia, Serrone delle Cime, Biodola) che documentano la sosta temporanea di cacciatori aurignaziani intorno ai 30 mila anni fa o poco dopo. La loro geografia è inivoca in quanto si tratta sempre di terrazzi o spianate in prossimità di vallecole o torrenti, cioè le zone ancora oggi più adatte per una vita di caccia. Il rimanente corposo complesso di strumenti litici di tipo paleolitico superiore rinvenuti in ben venti stazioni di superfice situate in ogni angolo dell’isola, allo stato attuale, con il solo parametro dell’analisi tipologica, possono essere inquadrate ne ciclo gravetto-epigravettiano. Al gravettiano evoluto, in uno stadio già avanzato (23-20 mila anni da oggi) rimandano i gradi bulini o grattatoi lunghi tipo S. Martino, nonché con maggiore decisione, le punte “La Font Robert” raccolte soprattutto a S. Martino e a S.Lucia. Altrettanto indiziata è la presenza di un orizzonte dell’epigravettiaano antico/evoluto a cran (forse compreso fra i 18 e i 15 mila anni fa) grazie agli strumenti a cran –talvolta di perfetta esecuzione e comunque molto curati nel ritocco- emersi a S. Lucia, S. Martino, Lacona, Capoliveri …”
(Cfr pg 38-40 di “Isola d’Elba. Le origini” M. Zecchini .Edizioni S. Marco Litotipo.Lucca 2001)
E’ probabile che Homo sapiens e homo neanderthaliensis abbiano convissuto, almeno all’inizio,per qualche migliaio di anni, come hanno dimostrato recentissime ricerche archeologiche https://www.lindipendente.online/2022/10/26/neanderthal-e-sapiens-vissero-assieme-per-almeno-1400-anni-poi-cose-successo/
Per le condizioni climatiche particolarmente favorevoli alla caccia, all’isola d’Elba nella valle di S. Martino Neanderthal e homo sapiens hanno forse convissuto?
Sembrano attestarlo i reperti “antistorici” stessi ritrovati da Raffaello Foresi.
E’ infine da rammentare che le genti del paleolitico arrivano all’Elba a piedi quando per i cambiamenti climatici legati al raffreddamento glaciale wurmiano il livello del mare si era retratto anche a più di cento metri rispetto ad oggi.
A loro faranno seguito genti che avevano imparato a navigare e con un livello culturale superiore nella litotecnica, aprendo all’èra della pietra nuova: il neolitico.
Marcello Camici
Foto di copertina - Cima colle Ceppete. Sentiero per andare al Serrone delle Cime. Sullo sfondo colle S. Lucia e colle Reciso
Foto 2 - Strumenti litici del paleolitico superiore.Marciana Marina. Da Zecchini “Isola d’Elba. Le origini” S. marco litotipo Lucca 2001
Foto 3 - Cfr.Tavola 1 di “L’età della pietra all’isola d’Elba”. Antonietta Gori. Archivio per l’antropologia e la etnologia Vol LIV, 1924,fasc. 1-4