Un documento d’archivio manoscritto nell’anno 1793 è stato depositato nella Cancelleria Civica di qull’epoca, protocollato diremmo oggi. E’ manoscritto e sottoscritto da Gio. Benedetto Grifi.
Di lui si sa ben poco se non che è sacerdote e consigliere nella magistratura civica di Portoferraio nel 1793 e che, nel 1755, da un documento contenuto nel “libbro dei partiti” della magistratura di cui sopra, era cappellano della compagnia del Corpus Domini.
La lettura di tale carta di archivio è fonte di conoscenza molto interessante perché fa sapere come nell’amministrazione pubblica della città di Portoferraio alla fine del settecento vi fossero delle “irregolarità introdottesi“: con queste parole testualmente si esprime il Grifi. (FOTO 1)
Don Grifi lo fa “…non dovendo l’uomo onesto, il buon cittadino tacere né dissimulare ne’ gravi danni che opprimono la sua patria…”.
Don Grifi afferma che tali irregolarità che si sono introdotte nella “magnifica comunità“ di Portoferraio sono contro il pubblico bene.
Ne parla non in veste di cappellano ma di uno dei consiglieri, cittadino, “umilissimo servo“, rivolgendosi alle “Signorie loro Molto Magnifiche” che sono gonfaloniere e priori, rappresentanti la magistratura comunitativa di Portoferraio così era chiamata l’amministrazione comunale di Portoferraio.
Fa istanza all’amministrazione comunale in un modo che lui stesso definisce “dichiarazione e protesta”: le carte sono infatti state ritrovate dallo scrivente catalogate in archivio come “istanze e negozi della comunità e del forno”.
“Dichiarazione e protesta”.
Questo modo di rivolgersi all’amministrazione pubblica diventa atto molto significativo tenuto conto dell’epoca in cui avviene e anche dal personaggio che lo scrive: un prete.
Non deve sfuggire che siamo nell’agosto 1793 in piena rivoluzione francese dove l’amministrato comincia a prendere coscienza di non essere più suddito ma cittadino, per cui la voce di don Grifi si alza non per caso sollevandosi contro abusi e privilegi.
Questi sono: uso improprio di denaro pubblico pagando l’amministrazione pubblica le spese straordinarie con il denaro della cassa per il forno, denaro che per legge è destinato solo a comprare grani e farine, con conseguenti imposizioni improprie di tasse alla comunità per supplire alla mancanza di tale denaro stornato.
Ma non si ferma qui e don Grifi protesta per le paghe dei Grascieri “che hanno percetto più del dovere”.
Inoltre per “supplire ai bisogni” evitando qualunque ulteriore imposizione sulla comunità indica che bisogna esigere le grosse somme di cui sono debitori verso la comunità diversi individui, che oggi forse chiameremmo ‘notabili’, e che don Grifi definisce con queste parole “i quali, per quanto porta la Fama si sono scambievolmente composti a loro talento, dovrebbero persuadersi i Sig.ri Rappresentanti pro tempore la Magnifica Comunità di non essere già i padroni spotici dei Pubblici Fondi ma di essere semplicemente tutori.”
Lo spedale “ancora assorbisce annualmente grosse somme e perciò non si sa intendere il perché si trascuri di riscuotere poche entrate lasciateli dai fedeli tanto più cha la comunità paga annualmente il legati a questo nostro Arciprete ed ai Padri di San Francesco”.
Sul forno comunale poi chiede perché l’amministrazione pubblica non risponde “stante diverse suppliche di zelanti cittadini venissero al magistrato richiesti circa ottanta schiarimenti riguardanti questo Forno Comunitativo“.
Don Grifi afferma che “fa vive queste sue rappresentanze alla Signorie Loro Molto Magnifiche affinchè non si possa in alcun tempo allegare ignoranza dei precitati inconvenienti“ ignoranza, cioè non conoscenza, che è stata addotta da coloro che hanno “forse fatto perdere la rispettabile somma di ventiquattro Mila Lire.”
Termina “riserbandosi altresì di portare queste sue doglianze al Regio Trono per implorare il sovrano aiuto” e sottoscrive con firma chiara e leggibile la “dichiarazione e protesta”.
Questa la trascrizione integrale delle carte di archivio relative alla dichiarazione e protesta di don Grifi:
“Molto Magnifici Sig.ri Gonfaloniere e Priori
Rappresentanti il Magistrato Comunitativo di Portoferraio
Il molto Rev.ndo Sig.re Don Benedetto Grifi umilissimo servo delle Signorie Loro Molto Magnifiche si fa un dovere di esporle come non dovendo l’uomo onesto, il buon cittadino tacere né dissimulare nè gravi danni che opprimono la sua Patria si crede l’Oratore, come cittadino e come uno dei consiglieri di alzare la voce delle verità per manifestare parte delle irregolarità introdottesi nella comunità di Portoferraio e alle quali possono prontamente rispondere le Sig.rie Loro Molto Magnifiche se si lascerà da parte i privati riguardi e aderenze che male si convengono a chi rivestito di pubblico impiego deve corrispondere ai desideri di tutti e farsi carico solamente del pubblico bene lo che ha tutto il motivo di sperare dalla già sperimentata onestà delle Signorìe loro Magnifiche.
E primieramente: sono a ridurre a notizia l’abuso da un certo tempo introdotto di pagare delle spese straordinarie colla cassa del Forno destinata solo dalla legge per comprare grani, farine per la loro conservazione e manipolazione e non mai per cose le quali non vi hanno alcuna benché minima relazione e tanto più cresce lo scandalo quanto che è ormai notorio che ciò si fa per evitare l’intervento del consiglio minore e di altri che dovrebbero legittimamente intervenirvi e per scansare altresì di far presente lo stato attivo e passivo della comunità onde esaminare che tali spese straordinarie convengono o no alla circostanze con grave danno di questo pubblico. Di questa irregolarità dunque si protesta come cittadino e come primo consigliere poiché introducendosi questo abuso si defrauderebbero quei diritti di chi la legge ha rivestito il consiglio.
Presentendosi inoltre che la comunità o il forno comunicativo abbia preso o prenda denari a cambio e così seguitando possa correre il pericolo di una imposizione per supplire ai necessari bisogni del pubblico gravosa per se stessa e molto più dolorosa in un’annata penuriosa e critica per i poveri.
Supplico e prego le Sig.rie loro molto magnifiche al volere riservare al possibile gli aggravi e spese inutili principiando dalla paga dei Grascieri potendo le Sig.rie loro Molto Magnifiche supplire spontaneamente per onore e zelo al pubblico bene oppure incumbenzare altri benemeriti cittadini o alcuni altri del minor consiglio che si farebbero un pregio di servir gratis la loro patria come fanno i Presidenti delle grasce sebbene aggravati di maggiori fatiche ed incommodi. Ne sembra certamente plausibile il contegno tenuto dai loro antecessori nell’aggravare la comunità di tre paghe, quanti erano i soggetti vogliosi di percepirla: che perciò giacchè non sono stati neanche legittimamente eletti i grascieri e gli antecessori si pagarono per un’intero anno doppo d’aver servito solo 20 mesi, potrà chi ha agito fin’ora farsi pagar dai passati grascieri, che hanno percetto più del dovere e frattanto il molto magnifico gonfaloniere potrebbe proporre nel consiglio qui radunato l’abolizione di queste paghe riserbandosi di proporre in particolar magistrato la scelta di quei soggetti i quali senza interesse si addosserebbero molto volentieri un sì tenue carico.
Un altro mezzo per supplire ai bisogni imminenti e per schivare qualunque imposizione sarebbe quello di esigere ed incassare le grosse somme delle quali vanno debitori diversi individui i quali per quanto porta la fama si sono scambievolmente composti a loro talento; doverebbero persuadersi i Sig.ri rappresentanti pro tempore la magnifica comunità di non essere già i padroni spotici dei pubblici fondi ma di essere semplicemente tutori solamente e curatori della comunità la quale si equipara a tutti glie effetti ai pupilli e per conseguenza non essere in loro autorità di praticare verso di debitori quell’agevolezza e corentezza che forse non si userebbe nei propri affari ed è tanto maggiore il danno quanto che questa arbitraria composizione rendono i crediti infruttiferi in confronto de gravi cambi che pagar deve la pubblica cassa e non assicurata per mezzo di idonei mallevadori con sicuro pericolo di perderli in caso di una disgrazia ed è troppo fresca la piaga di ventiquattro mila lire che la comunità soffre il disborso e con rischio di perdere attesa la negligenza dei rappresentanti o altri mascherando il vero (...) un tal debito, piaga dolorosa che o più presto o più tardi dovrà forse ripararsi dai poveri innocenti possessori.
Lo spedale ancora assorbisce annualmente grosse somme e perciò non si sa se intendere il perché si trascuri di riscuotere poche entrate lasciateli dalla pietà dei fedeli tanto più che la comunità paga annualmente i legati a questo nostro Sig.re Arciprete ed ai Padri di San Francesco, poco ci vuole ad averne lo schiarimento che a lasciar correre altro maggior tempo potrebbe rendersi litigioso e poi collo spauracchio di una lite obbligare la Comunità ad un perpetuo silenzio con grave danno al pubblico: sarebbe questo il tempo di rimediare il male con impostare immediatamente il debito arretrato nel nuovo nel nuovo Dazaiolo da consegnarsi al Camarlingo e se si trovasse ostacolo alla riscossione farne una piccola lite, quale non difficoltà l’oratore sostenere a proprie spese colla protesta di non voler essere rimborsato, se non a causa vinta, perché non si sospenda il corso della verità i timori.
E’ finalmente notorio che stante diverse suppliche di zelanti cittadini venissero al magistrato richiesti circa ottanta schiarimenti riguardanti questo Forno Comunitativo senza averne per altro saputo l’esito dei medesimi che perciò le Signorie loro Molto Magnifiche potranno chiedere copia dei medesimi domandare se loro sia stato risposto e se in che maniera potere vedere se sia stato pienamente pensato a riparare l’inconvenienti e così dare soddisfazione al pubblico in cose che riguardano il pubblico medesimo altrimenti colla segretezza si fa temere che invece di pensare al pubblico si pensi ai propri interessi.
Il Comparente finalmente fa vive queste sue rappresentanze alla Signorie loro Molto Magnifiche, affinche non si possa in alcun tempo allegare ignoranza dei precitati inconvenienti come giustamente si scusano quelli che ignorando hanno fatto forse perdere alla comunità la rispettabile somma di ventiquattro mila lire e perché possino apprestare ai medesimi un pronto riparo altrimenti si protestò e si protesta contro le Signorie loro molto magnifiche di tutti i danni che per tale negligenza sarà per risentire in ogni tempo la comunità di Portoferraio, riservandosi altresì di portare queste sue lagnanze al Regio Trono per implorare il Sovrano Aiuto e suggerire i semplici mezzi che senza dispendio e aggravio possano portare perpetuo riparo Lascio la presente dichiarazione e protesta riceversi in questa Cancelleria Comunitativa a perpetua memoria con darsi al Comparente Copia autentica della medesima al più presto che si renda possibile che così si protestò e si protesta. In omni Salva
Sacerdote Gio Benedetto Grifi Manoscrittore
A dì 30 agosto 1793
Marcello Camici
Nelle foto
“Dichiarazione e protesta” manoscritta da don Benedetto Grifi. Prima carta e ultima carta con firma e data.
Filza “Istanze e negozi della comunità e forno dall’anno 1793 al 1795.” Senza numero di pagina. Già c29-29. Carteggio magistrale. Archivio della comunità di Portoferraio 1554-1800. Archivio storico comune Portoferraio.