Dellea. Nel 1956, tornato a Portoferraio, riuscì a diventare un punto di riferimento politico e sociale conquistando meriti e prestigio anche come assessore comunale. Gestì per lustri l'edicola di Piazza Cavour impegnandosi anche nella Cgil e fu pure segretario della Confesercenti. Un uomo ricco di valori che ha ricevuto il Premio città di Portoferraio, nel 1992 e adesso nella sua casa di via della Regina, si gode panorami unici della città medicea e napoleonica. Abita con la figlia Antonella, dopo che lo hanno lasciato per sempre la moglie Gigliana e la sorella Anna.
GIOVANNI TRA ELBA A ROMA
"Babbo Pietro morì di polmonite nel 1934, a Roma. - narra Giovanni -Era un elettricista e mia madre Isolina faceva l'operaia in una fabbrica di coni per gelati. Dopo la grave perdita rimase nella città eterna per non perdere il lavoro e affidò me ai parenti Filippi e mia sorella ai Colella, a Portoferraio. La mia fu un'infanzia in piena libertà circondato da affetto e frequentai le elementari, ma allo studiare preferivo correre libero nei campi con gli amici, e facevo volare il mio aquilone costruito da me con carta colorata e stecche di canna”. Nel 1941 la madre recuperò i figli, temeva i bombardamenti della seconda guerra mondiale nell'isola. Giovanni allora frequentava l'avvivamento professionale. “Studiavo matematica e italiano con interesse.- dice – La docente di lettere Maria Bartolini mi seguiva con amore. Grande la commozione quando mi fece recitare la poesia di Giovanni Pascoli “L'aquilone”. Trattava del mio oggetto di giochi preferito. Avevo imparato la poesia a memoria e l'insegnante me la fece recitare davanti alla classe. Arrivato all'ultima strofa “...con la testa bionda, che poi che fredda giacque sul guanciale, ti pettinò co' bei capelli a onda, tua madre, adagio, per non farti male”, mi venne un groppo in gola e fuggii al mio banco in lacrime. L'insegnante mi raggiunse e mi calmò accarezzandomi. “A Roma, a 13 anni, iniziai a lavorare come apprendista da un barbiere. Insaponavo e affilavano i rasoi sul cuoio. Un giorno entrò in bottega un giovane, salutato da tutti i presenti. Aveva fretta e fu il mio primo cliente a cui dovetti fare la barba. Con delicatezza agii e fui fiero del risultato. Il giovanotto mi ringraziò e con la medesima fretta usci, senza pagare. Lo dissi al mio capo : "Sei piccolo – mi fece -non ti rendi conto che hai avuto la fortuna di fare la barba a Silvio Piola, il centravanti della nostra nazionale di calcio campione del mondo. A lui servizio omaggio”. E s'imbatté anche nella grande Lollobrigida, nel 1944, in quanto Giovanni per arrotondare frequentava Cinecittà come comparsa. Così incontrò Gina ai primi passi verso la gloria, che rilasciò al suo amico elbano una foto con dedica.
MOVIMENTI TRA ROMA, BARI E MILANO
A Roma, a 16 anni, Giovanni fu assunto come aiuto operaio alla Montecatini e importante fu la sua amicizia con Corrado Pagliei, un impiegato diplomato al classico che gli fece scoprire ogni aspetto della grande città, insegnandogli anche il latino. Con tale bagaglio culturale Giovanni riuscì poi a prendere la licenza media e così diventò impiegato. Ma arrivarono altre migrazioni per il nostro Dellea: fu trasferito alla filiale della Montecatini di Bari, dove la maggioranza degli impiegati erano diplomati o laureati. Ci fu da nominare un rappresentante sindacale ed essendo Giovanni stato già a Roma esponente della Filc Cgil, gli fu chiesto di candidarsi assieme ad un altro e vinse l'elezione. La direzione non digerì che un uomo di sinistra, comunista, avesse vinto. Ci su un replay delle elezioni ampliando i candidati. Ma Giovanni, dimostrando le sue abilità politiche, vinse di nuovo in modo ancora più schiacciante con 16 voti su venti dipendenti. “La situazione si irrigidì definitivamente - commenta -e mi scrissero una lettera mettendomi a disposizione, cioè fui allontanato dalla filiale e allora chiesi di tornare alla mia Portoferraio ma invece mi destinarono a Milano alla Farma Bezzi. Ero sotto osservazione, con qualifica di aiuto magazziniere, a patto che il mio lavoro fosse attuato in modo ineccepibile”. Temevano i dirigenti il giovane della Cgil. Ma Giovanni, sempre perfetto sul lavoro, proseguì il suo “giro d'Italia” e venne trasferito a Napoli, però questa volta come responsabile Capo magazziniere. “Nel frattempo mi ero sposato, a Pomarance, con Gigliana Rossi e mi fece da testimone l'amico romano Corrado. - prosegue - Ma dopo quattro mesi in Campania ero in difficoltà perché non trovavo una casa adeguata per vivere con la mia sposa. Non solo, mi ammalai di tifo con lunga assenza dal lavoro. Al mio rientro parlai col direttore del personale e concordammo la rescissione consensuale del contratto. Si avvicinava il mio rientro all'Elba. Fu un successo perché ottenni, grazie alle mie capacità acquisite nelle trattative sindacali, una liquidazione pari a un milione e mezzo di lire che riconosceva il mio grande impegno: equivaleva a quanto mi sarebbe spettato se fossi rimasto con loro fino all'età pensionabile”.
FINALMENTE ALL'ELBA
“Nel 1956 tornai nella mia Portoferraio - narra ancora - insieme a mia moglie e rilevammo l'edicola di giornali in Piazza Cavour, quella di sinistra venendo dalla Calata a Mare, e fu definita proprio l'edicola di sinistra in senso politico, di fronte a me c'era quella detta di destra, gestita dal noto scrittore locale Luigi De Pasquali. Nel 1958 nacque nostra figlia Antonella e la svolta di vita valida nella mia terra si consolidava, mi sentivo libero, diversamente dai 28 anni precedenti fatti di spostamenti e contrasti con i dirigenti. Conoscevo gran parte dei miei concittadini e gestii l'edicola per quasi 60 anni, aiutato da mia moglie e mia figlia, fino al 2015 ”. Giovanni presto fu eletto nel consiglio comunale locale e replicò nel 1976, sempre in liste di centro-sinistra, comunisti e socialisti. “Divenni assessore al commercio, decoro urbano e sanità. - specifica - Dal '56 al 1980 fui volontario alla Camera del Lavoro della Cgil, diretta dal compagno Falchi, poi gli successe Vezio Colli nel 1980 e facevo parte della segreteria. In precedenza, nel 1972, la Confesercenti di Livorno mi incaricò di agire sull'Elba. Accettai occupando un ufficio di via della Fonderia e con me c'erano gli impiegati Gabriella Solari, Donatella Ridi, Paola Carmignani Loriano Ridi, Rossella Toma e Lucia Salvi. La Confesercenti riuscii a farla diffondere su tutta l'isola con l'adesione di vari commercianti, sostenuto dagli amici e compagni ambulanti. Risolvevo molti problemi e trattavo con Arnaldo Pieri rappresentante della Confcommercio. Anche gli artigiani si rivolgevano a me per le loro contabilità, per cui la Cna di Livorno protestò. Nel 1980 lasciai la Confesercenti a Mauro Magnani e Angelo Zini, attuale sindaco di Portoferraio. Ormai l'associazione si era affermata nell'isola. Domenico Chiari, dello Spi Cgil dell'Elba, nel 1980 mi affidò quel sindacato pensionati e feci il segretario riorganizzando anche le Leghe in ogni comune dell'isola e pure a Capraia. Lo Spi si sviluppò, anche con l'aiuto dell'Inca di Anna Galli, raggiungendo 1500 iscritti. Nel 1991 lasciai a Sauro Giusti e iniziai a gestire l'Auser, altra associazione di servizi per anziani e fui presidente dal 1991 al 2015.
ANEDDOTI SULL'EDICOLA
“L'edicola dunque funzionò dal 1956 al 2015 in piazza, proseguita da me anche in via Carducci – dice Antonella, la figlia di Giovanni-- Ricordo che nel 1990 veniva, in estate, a prendere il giornale da noi Giorgio Armani, molto gentile e più volte anche Giovanni Spadolini presidente del Consiglio italiano”. “Venne a trovarmi anche il mio ex capo ufficio della Montecatini di Roma, nel 1968 Felice Chilanti -aggiunge Giovanni -noto giornalista, direttore di Paese Sera, partigiano; poi Italo Viglianesi segretario generale della Uil, socialista democratico e 4 volte ministro. Anche l'amico Corrado venne di nuovo da me”. E con Ghilanti ci fu l'episodio della radiolina. Il Dellea aveva una radiolina da cui non si separava mai. Sentiva le notizie durante la permanenza all'edicola. Ghilanti alle otto di quella mattina del '68 si fermò di nuovo a chiacchierare con l'amico elbano e ascoltavano il notiziario. Ma ecco una edizione straordinaria. Fu riferito che i carri armati dell'Unione Sovietica avevano invaso Praga. Il giornalista diventò furibondo, acchiappò la radiolina e la gettò con tutta la forza contro il selciato di Piazza Cavour. Poi se ne andò sdegnato. Il prezioso oggetto si spaccò di mille pezzi e Giovanni raccolte i cocci. La preziosa radiolina ormai non esisteva più e con lei era andato in frantumi pure il mito di Stalin e dell'Urss. Oggi il chiosco di piazza Cavor è ancora al solito posto, ma niente giornali, vende cibo per turisti. E paiono passati i tempi intensi di passione politica, vissuti dal Dellea.
Stefano Bramanti