Nessuno potrà convincere un cristiano del valore positivo di realtà come individualismo, separatismo, nazionalismo, omologazione, pensiero unico, competizione senza regole, legge del più forte, indifferenza, non prendersi cura, dominio assoluto e possesso continuo... E l'elenco potrebbe continuare.
L'uomo è essere sociale, esistente a immagine della Trinità, di un Dio che è comunità, mistero grande ma che un po' si apre penetrando l'esperienza umana, unità nella distinzione (don Tonino Bello parlava di convivialità delle differenze, che applicava anche alla pace).
La salvezza dell'umano sta nel credere nella fraternità, nell'amore, nelle relazioni rispettose e di cura. Tutto questo si trova compendiato nella persona di Gesù, nelle sue azioni, opere e parole.
Lo stato del pianeta è la controprova che puntare sui controvalori condanna al fallimento. Per Gesù non c'è Dio che condanna (vangelo di questa domenica), anzi ha fatto di tutto per mostrarlo nella concretezza della storia umana: qui si sperimenta l'inferno come conseguenza delle nostre azioni personali e comunitarie negative. Dio non condanna, perché è amante vero e, quindi, rispetta la libertà dell'uomo, sempre, anche quando gli si oppone. L'uomo pertanto sulla terra può contribuire alle situazioni infernali (disumane) oppure a “ciò che inferno non è” (Calvino).
Cristo è stato uomo, al modo di servo e vittima di chi non crede alla fraternità; ha fatto di tutto, fino al perdono degli assassini, per affermare la forza e l'invincibilità dell'amore. E lo ha fatto per solo amore, perché tiene ad ognuno come fratello e desidera il bene dell'altro (questo è amare, l'opposto è egoismo).
Ecco allora la spinta a cambiare vita, a trasformare l'acqua (tristezza) in vino (gioia) attraverso la cura dell'amore, a diventare compagni di viaggio di chi è sulla strada, con le sole armi del vero amante: il rispetto, la nonviolenza, il farsi carico del male subìto contraccambiando con il bene (il cui vertice è il perdono).
La religione deve misurarsi con la centralità del bene dell'uomo. La sua bontà e utilità sta nel rinnovarsi continuamente per non venir meno a questo criterio. Il rischio di ogni religione è lasciarsi asservire ai poteri che dominano l'umano. Soprattutto quando assume il ruolo di difesa dell'identità contrapposta ad altre. In questo senso fa pensare la recente decisione del presidente Putin di restituire alla chiesa russa ortodossa la celebre icona della Trinità di Rublev (XV sec.). Quella che è considerata “l'icona delle icone” viene infatti trasferita dalla galleria Tretjakov alla cattedrale di Mosca di Cristo Salvatore e, successivamente, al Monastero della Trinità di San Sergio. Un modo per rivendicare la propria identità nello stretto legame fra religione e cultura russa, che, in un momento di estrema tensione con il mondo occidentale, assume un potente significato politico.
(4 giugno 2023 – Domenica della Trinità)
Nunzio Marotti
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