A questo punto, dopo questa breve storia, molto movimentata, della siderurgia italiana occorre fare un esame dei dati mondiali e nazionale odierni ed affrontare le problematiche inerenti la produzione delle ferroleghe.
Il maggior produttore di acciaio al mondo è la Cina con 1018 milioni di tonnellate all’anno; segue a grande distanza l’India con 125,3 milioni di tonnellate (dati 2022).
L’Italia è a 21,1 milioni di tonnellate (2023) ed è la seconda in Europa dopo la Germania. Per 11,69 mlnt sono semilavorati lunghi ( tondo, vergella, barre e travi), 9,55 mlnt sono semilavorati piatti (coils e lamiere).
Un contributo importante lo danno le “acciaierie del nord”, una serie di medie e grandi aziende che lavorano con forni elettrici e rottami di ferro per ottenere acciai speciali e non, con vari procedimenti. Tra le varie: il gruppo Riva (Cuneo, Varese ed Europa), Feralpi, Duferco , Alfa acciai, Ferriera Valsabbia ( Brescia) , Gruppo Marcegaglia (Mantova), Danieli (Udine) , Arvedi (Cremona,Trieste).
Secondo polo è Terni (AST) che , andata via la Thyssen Krupp è entrata nell’orbita di Arvedi e del Governo che sta elaborando un protocollo per un piano industriale come per Piombino che è il terzo polo dove opera Jsw ed è sotto l’interesse di Danieli e Metinvest.
Il quarto polo Acciaierie d’Italia (ADI) come si è visto è oggetto di controversia tra Invitalia e Arcelor Mittal ed è l’unico sito ( il più grande) che attualmente opera con altoforni.
Dopo questo rapido esame, penso si possano fare una serie di considerazioni:
- Produrre acciaio inquina; è illusorio avere acciaio “green” come viene propagandato. Come ogni attività umana lascia una traccia nell’ambiente. Si tratta di vedere quanto produrne e di migliorare l’impatto sulla natura con processi virtuosi.
- Come si è visto, per ottenere acciaio dal minerale di ferro occorrono due processi fondamentali: la riduzione del minerale (ossido) ed il riscaldamento fino alla fusione.
Nell’altoforno ambedue sono realizzati con il coke che va prodotto, ma il tutto è fonte di notevole inquinamento.
- Il riciclo del ferro come rottame evita la riduzione e la fusione è realizzata in opportuni forni elettrici. Ma l’elettricità va prodotta! Come?
- Nel ciclo integrale (dal minerale) bisogna anche ridurre l’ossido di ferro (magnetite, ematite..) e il processo viene denominato DRI (direct reduced iron) e realizzato facendo passare ,in opportuni reattori, del gas riducente come ad esempio l’idrogeno. Ma l’idrogeno va prodotto! Come?
Naturalmente il materiale ridotto va poi convogliato in forni elettrici (vedi sopra).
Dopo queste considerazioni ecco i conti della serva! Bilanci di energia ed “EROEI” (energy returned on energy invested) o come si dice se il gioco vale la candela!
Nulla è gratis. Siamo disposti ad avere un ambiente non perfettamente naturale, per avere i prodotti dei quali ci serviamo nella nostra civiltà?
Questo è il dilemma!
Giampaolo Zecchini