Scrive Gian Mario Gentini: Un curioso aneddoto, peraltro poco noto, fu raccontato da Mario Foresi su una rivista di novanta anni fa. L'episodio precedette l'occupazione dell'isola di Pianosa da parte di Napoleone. Da ciò si deduce che anche durante il suo breve esilio elbano, l'imperatore non aveva deposta la volontà ed il gusto
della conquista territoriale.
Era il 19 maggio 1814, giorno dell'Ascensione.
Il veterano d'Arcole di San Piero, di Mario Foresi
Napoleone era giunto col Drouot, con Kobler e col Campbell (i commissari delle potenze alleate) a cavallo per la via di Procchio assai di buon'ora in sul luogo d'imbarco (Campo); ma la speronara (la "Carolina", comandata da un Galanti, vecchio e onorato marinaro di Marciana) non era pronta a salpare, né lo sarebbe stata prima del pomeriggio. Nell'attesa, in quella marina composta allora di qualche capanna addossata al piè della torre, il Monarca si annoiava e impazientiva. Non si sa come né da chi gli fosse fatto in quel momento sapere che nel vicino villaggio di San Piero abitava un vecchio soldato delle campagne d'Italia, che ad Arcole aveva perduto una gamba e gli occhi. Napoleone mostrò il desiderio di visitare il castello e il veterano, non fosse altro che per ammazzare il tempo.
Infatti, fece una breve colazione, risalì a cavallo e col seguito giunse al¬la porta del vecchio castello, già tutto gremito di curiosi, perché qualcuno era certamente corso ad avvertire della imminente visita imperiale.
Il veterano mutilato, tenente Bolletti, aveva avuto cosi il tempo di indossare la sua divisa, e quando Napoleone entrò nella umile casa di lui, Anna Maria, bella ragazza di ventitre anni, gli si prostrò dinanzi presso alla soglia con un inchino veramente settecentesco.
Più per la commozione che.per la rigidità della gamba di legno, a motivo della quale stentava ad alzarsi senza aiuto, il vecchio soldato non si mosse: quando senti e intuì che l'imperatore e i suoi entravano nella stanza, gridò:
— Viva il generale Bonaparte! Viva l'Eroe del ponte d'Arcole - ma con suoni così interrotti da parere che qualcuno lo serrasse alla gola.
Poi si tranquillò in una specie di accasciamento, cogli occhi umili come un fanciullo sgridato.
Richiesto dall'imperatore, la ragazza rispose in vece dello zio, il quale a momenti pareva confermare col capo e co' singhiozzi.
Un camerata, un amico, un fratello di armi e di reggimento, colpito da una palla al petto, moribondo sul campo di Lodi, prima che il superstite chiudesse gli occhi, gli aveva raccomandato una figlia già orfana di madre, lasciata presso certi parenti nel paesello natale di San Piero nell'isola d'Elba.
Ad Arcole, lo zio stesso perdé la gamba e la vista. Tuttavia, in tale stato, a guerra finita, raccolse quanto possedeva, e zoppo, pellegrinò fino all'Elba; cieco, rintracciò la bambina, la adottò per nipote e si stabili a San Piero.
Napoleone aveva sortito una me-moria prodigiosa: l'esilio poi gli intensificò codesta virtù.
Sempre più lucidi si presentavano e netti alla sua mente, non appena evocati, i ricordi: "... le mobili tende e i percossi valli, e il lampo dei manipoli, e l'onda dei cavalli, e il concitato imperio, e il celere obbedir".
Si rammentò a un tratto di un sergente Bolletti. Rivide quell'Orazio Coclite del ponte d'Arcole.
Egli stesso, il Generalissimo, passava a cavallo dinanzi ad una piccola chiesa il di-mani della battaglia, e scorse il valo-roso soldato, già quasi cieco, adagiato sulla gradinata, cui si amputava la gamba. Il Bolletti fumava durante l'operazione; avvertito del passo del Bonaparte, si tolse la pipa di bocca e salutò. Gli legavano appunto le arterie ed ei malediceva forte alla caligine degli occhi che gli impedivano di scorgere il Vincitore. Il quale volle sapere il suo nome, e gli disse allontanandosi: "Adìeu mon brave..!"
L’Esiliato pensò istantaneamente tutto ciò, e provò una segreta punta di rimorso per l’ingrata negligenza che ormai non avrebbe potuto più riparare.
— “Très bien!” — mormorò egli sulla faccia del veterano.
Ma era visibilmente preoccupato; e guardando traverso la porta a una terrazzetta che si apriva nell'altra stanza, osservò al Campbell: — “Ca doit ètre superbe.”
E vi si diresse. Al veterano tornò la voce per gridare più chiaramente:
— “Evviva il Generalissimo! Morrò contento, dopo una sì fausta occasione d’indossare la mia divisa e dì aver fatto mettere alla ragazza il suo vestito di mussolina delle solennità”.
Sulla terrazza, l’Imperatore fece un cenno ad Anna Maria che era rimasta dietro a tutti, e poiché ella si fu accostata riverente, le disse sottovoce, ma un pò concitato:
— “Luogotenente? davvero? Io ricordo un sergente Bolletti... ”
— ‘‘Maestà - sospirò, arrossendo, prostrandosi e giungendo le mani, Anna Maria - sono nelle vostre mani. ”
— “Spiegatevi, ragazza” - insisté Napoleone.
— “Il modesto patrimonio, precipuamente costituito dai risparmi del soldato, si esauriva; la pensione di sergente era scarsa; inoltre il cordoglio logorava mio zio, perché, pensava lui, si erano così ingratamente dimenticati i suoi servigi. Avanzammo una supplica che certo da questo scoglio e per il tramite gerarchico non giunse ai piedi di Vostra Maestà. I mesi, gli anni trascorsero, il vecchio deperiva. Ricorsi a uno stratagemma. Riuscii a vendere il mio vestito di mussola e ad acquistare a Portoferraio una vecchia tunica di tenente. Così un giorno tornai a casa col brevetto, una carta qualunque, s’intende, e perfino con la divisa: un omaggio ai suoi meriti. Il povero soldato tornò alla vita. Sire, io vi scongiuro umilmente di non deludere questo misero vecchio.”.
L’Imperatore tese istintivamente la mano alla gonnella della ragazza e con due dita palpò la stoffa di molina. Poi soggiunse:
— “Infatti, anche il distintivo della tunica è di cotone. E dove avete trovato, “mademoiselle”, la pensione di tenente?”
— “Dal mio indefesso lavoro, sire. ” Napoleone si affacciò a guardare la meravigliosa distesa delle piagge granitiche di San Piero, e il golfo di Campo che apriva al largo i suoi promontori. Poi volgendosi ad Anna Maria:
— “Alzatevi, ragazza - le disse - vostro zio riceverà un vero brevetto di luogotenente che vi sciolga dalla pietosa menzogna; e spero che presto ve ne sarà pagata esattamente la pensione.”
Egli ebbe certo in quel momento il lampo del suo prossimo ritorno in Francia.
Riattraversò la stanza dove il veterano ancora seduto, nuovamente commosso, salutò col nodo alla gola.
— “Adieu, mon brave” - ripetè Napoleone, come il giorno dopo la battaglia di Arcole: e usci per rimontare a cavallo e discendere alla “Carolina”, non curando di osservare la strana fortificazione eretta senza fondamenta sul vivo granito che costituisce ancora le strade del paesello.
Sì, l’anno successivo, una mattina del febbraio, l’aquila spiccò il nuovo volo dalla rupe per Parigi trionfalmente..
Ma nel fortunale della breve resurrezione, la memoria del sergente Bolletti si perdè, e non passò molto tempo che la dolce Anna Maria, la impenitente simulatrice, piangeva al cimitero alpestre, sulla tomba dello zio adottivo, dell’Orazio Coclite del Ponte di Arcole....