Mi chiamo Riccardo Osano, professore di Lettere in pensione. Ho insegnato quasi sempre nella Scuola Media di Portoferraio e, nei tre anni in cui dovevo seguire un gruppo classe a Tempo Prolungato, ho lavorato con i miei allievi per realizzare una ricerca normalmente legata all'isola d'Elba. Vorrei ora proporvi un'opera che riguarda ll contributo dato dagli elbani durante le guerre risorgimentali. Il lavoro è stato svolto nel triennio 2010-2013 dalla classe sezione A a Tempo Prolungato che meritano di essere nominati Greta Angiolella, Virginia Anselmi, Alessio Arnaldi, Martina Cocco, Alessio Corsi, Viola Costa, Nicola Croci, Natalia De Meo, Filippo Ferrari, Michael Gazzareni, Marco Giannoni, Shanaka Jayamanna, Bianca Landi, Marco Leoni, Silvia Muti, Giacomo Niccolai, Lorenzo Pieruzzini, Martina Pieruzzini, Susana Pollaro e Yaraslav Sukopar.
Preciso che l'uso di Internet è stato molto limitato ed i ragazzi hanno iniziato, con pazienza certosina, a consultare le riviste locali "Lo Scoglio" ed " Il Corriere Elbano" in mesi ed anni diversi e quindi testi di scrittori e storici locali, con solo due eccezioni, di cui ricordo i nomi: Luigi Di Pasquali, Ivo Gentini, Alfonso Preziosi, Sandro Foresi, Alessandro Canestrelli, Gianfranco Vanagolli, Aulo Gasparri, Amelio Far e Gin Radreli.
Prima di iniziare con le testimonianze trovate, è bene ricordare che in quell'epoca, fra il 1800 e il 1870, l'isola d'Elba era composta nella maggioranza da una popolazione analfabeta e dedita a lavori umili, isolati o all'estremo delle possibilità umane (vedi saline e miniera), ma, nonostante ciò, l'Elba non resta per nulla al di fuori delle vicende storiche nazionali e ciò è dovuto, secondo noi, alla sua posizione strategica per raggiungere punti nevralgici della lotta risorgimentale ed anche per la presenza, in tutto l'arcipelago, di centri penitenziari che ospitarono illustri uomini legati a diversi gruppi politici uniti dallo spirito patriottico e quindi, per il potere, "uomini pericolosi per l'ordine pubblico".
Nell'esporvi le vicende storiche non seguiremo un rigoroso rispetto temporale bensì privilegeremo le vicende che più hanno colpito gli alunni. Dopo una breve introduzione, parleremo di tre elbani che si distinsero in modo particolare nelle lotte risorgimentali, ma ne nomineremo molti altri, sempre elbani, che si scontrarono contro l'oscurantismo del governo toscano: Concluderemo narrando la storia della scuola all'Elba dal 1822 all'Unità d'Italia.
INTRODUZIONE
(Dall'Archivio di Stato di Firenze, Rapporti di Governo 1859 - busta n°2687, ins.55)
Rapporto del 22 agosto 1859
La notizia del voto pronunziato dall'Assemblea dei rappresentanti toscani al Piemonte sotto lo scettro di Vittorio Emanuele giunse ieri sera dopo le ore cinque per mezzo di un bastimento proveniente da Livorno latore di un dispaccio diretto al mezzano portoferraiese Sg. Cesare Mori, che subito lo rese di pubblica ragione. Esultarono tutti i cittadini a sì lieta novella. Una quantità di ragazzi dell'infimo volgo, con bandiere tricolore, si dette a percorrere le strade urlando a gola spiegata " Viva Vittorio Emanuele! Viva l'Italia! "....Il Signor Governatore non si opponeva a che la banda musicale cittadina eseguisse sulla piazza qualche sinfonia....le finestre di quasi tutte le case erano state illuminate....Tutto era passato tranquillamente quando la banda aveva cominciato a percorrere la città seguita e preceduta da moltissimi paesani e militari, le grida di gioia si cambiarono dapprima in fischi quando passavano dinanzi a qualche casa non illuminata : ed in seguito nella via del Carmine e a Porta a Terra, oltre a qualche grido di " Morte al generale Ferrari, Morte ai Codini ", si gettarono sassate contro le finestre ove non splendessero lumi....Sorpreso nell'atto di gettare una pietra il giovinetto dodicenne Giovanni Pappuccio fu arrestato e ritenuto in sequestro fino alle 11 pomeridiane....E' stato consegnato in carcere di custodia anche il giovane ventenne Giovanni Fabiani
Concludiamo questa introduzione con i risultati delle votazioni dell'11 e 12 marzo 1860 per decidere se la Toscana si unirà al Regno d'Italia o resterà un regno separato
PERSONAGGI ELBANI CHE SI SONO DISTINTI NELLE LOTTE RISORGIMENTALI
ALESSANDRO LUIGI BADARACCHI
La leggendaria spedizione dei Mille ebbe inizio la mattina del 6 maggio 1860 allorquando Garibaldi s'imbarcò davanti allo scoglio di Quarto. Fra i toscani, che erano una cinquantina, merita di essere ricordato il nostro conterraneo Alessandro Luigi Badaracchi. Egli fu l'unico fra gli elbani a partecipare all'impresa. Era nato a San Piero in Campo il 20 ottobre 1836. Aveva conseguito la patente di capitano di lungo corso e si era dato a navigare. Sebbene avesse raggiunto il grado di ufficiale, si era arruolato nel 1860 nelle file garibaldine. Egli partecipò attivamente e valorosamente all'intera campagna, da Marsala al Volturno. Dopo lo scioglimento dell'esercito garibaldino, finì per ritirarsi all'Elba nel suo paese natio dove morì il 1° gennaio 1917 poco più che ottantenne. Riposa nel cimitero del suo paese.
ELBANO STANISLAO BECHI
Nacque a Portoferraio il 9 giugno 1828 da Alessio, di nobile famiglia fiorentina già colonnello di artiglieria nell'esercito napoleonico. Sin dall'età di 14 anni Bechi divenne cadetto d'artiglieria nell'esercito granducale. Con i battaglioni toscani si distinse a Curtatone a Montanera ed a Goito ( 29-30 maggio 1848 ), meritandosi la medaglia d'argento sul campo. Prese parte alla seconda guerra d'indipendenza quale ufficiale d'ordinanza del generale Laperouse. Con il grado di maggiore entrò nell'esercito italiano, ma un duello con il generale A. Danzini lo condusse davanti al tribunale militare e quindi a sei mesi di arresto. Nel 1863, sospinto dal vasto movimento di pubblica opinione a favore della Polonia, decise di dare il suo contributo all'insurrezione polacca con altri 62 garibaldini.Il comitato nazionale polacco gli riconobbe il grado di colonnello e giunse a Varsavia alla fine di agosto del 1863. I russi lo fecero prigioniero l'8 dicembre dello stesso anno.Processato seduta stante da una corte marziale, fu condannato alla fucilazione.Venne fucilato il 17 dicembre del 1863 e alla vedova con i suoi due figli fu conferita la cittadinanza polacca.
DIEGO ANGIOLETTI
Nato il 12 gennaio 1822 a Rio d'Elba, entrò nella scuola di artiglieria di Livorno donde uscì il 5 ottobre 1845 con il grado di sottotenente. Durante la guerra del 1848 combatté con le truppe toscane distinguendosi il 29 maggio a Curtatone e all'indomani a Goito. Il suo comportamento gli valse la promozione a capitano. Creatosi nel 1859 il nuovo governo provvisorio in Toscana, l'Angioletti, subito promosso tenente colonnello, organizzò il 5° reggimento della divisione toscana. Promosso colonnello, entrò nell'esercito italiano dove, nel 1860, divenne maggior generale con il comando della brigata Livorno. Fu poi aiutante in campo del re Vittorio Emanuele II. Nel 1864 accettò il Ministero della Marina che resse fino al giugno 1866. Nel 1870 l'Angioletti, dopo aver comandato le divisioni territoriali di Piacenza e di Napoli, assunse il comando di una delle cinque divisioni che, agli ordini di Cadorna, mossero alla liberazione di Roma. Svolse una vigorosa azione dimostrativa contro Porta San Giovanni e Porta San Sebastiano mentre, com'è noto, l'azione principale si sviluppò fra Porta Pia e Porta Salaria. Fu questa l'ultima impresa guerresca di Angioletti. L'8 ottobre 1865 venne nominato senatore. Collocato a riposo nel 1877, si ritirò in una sua villa nei pressi di Pisa e qui morì il 29 gennaio 1905.
ANEDDOTI LEGATI ALL'ELBA IN QUESTO PERIODO STORICO
1816 l'arrivo del primo battello a vapore all'Elba in quel momento la popolazione elbana contava 13.000 abitanti. Giunse nella rada di Portoferraio e può segnare simbolicamente l'inizio del declino della flotta velica elbana che contava allora 156 velieri.
1818 All'esordio del movimento democratico all'Elba nel marzo di quell'anno la polizia dispiegò un'articolata azione repressiva che si tradusse nel carcere per Vincenzo Vantini, Giuseppe Manganaro, Diego Scotto di Longone, Massimiliano Barsotti di Portoferraio e di un certo Dussan,francese. Erano accusati di "segreta intelligenza" con emissari del governo di Washington finalizzata alla sostituzione sull'isola della bandiera livornese con quella a stelle e strisce. In carcere il Vantini fu riconosciuto come il leader del gruppo. Tutti riguadagnarono la libertà, scagionati da una totale mancanza di prove, ma ben presto furono accusati di aver preso contatti con due sconosciuti polacchi presso la fortezza di Portoferraio e nella miniera di Rio e nello stesso periodo furono perquisiti, a Capoliveri, gli alloggi di due sergenti della locale compagnia dei cannonieri guardacoste, entrambi di origine elbana. Poco dopo Zenone Vantini, figlio del su nominato Vincenzo diventa emissario di Mazzini per una delicata missione a Bologna. Si parlò addirittura di un colpo di mano, con finanziamenti provenienti da Livorno e con a capo sempre il Vantini. Il progetto prevedeva uno sbarco di notte al luogo detto Le Ghiaie sotto al forte e di entrarvi subito e di prenderne possesso anche con l'ausilio di due compagnie del forte pronte alla ribellione. In seguito furono altri tre elbani sotto l'attenzione della polizia : Giacomo Anselmi di Marciana, Giovanni Damiani di Rio Marina e Giovanni Battista Gemelli di Rio nell'Elba, tutti giovanissimi, studenti universitari i primi due e avvocato il terzo. Ad essi si aggiunsero volti nuovi provenienti dal "volgo" quali contadini, piccoli commercianti, un artigiano ed un marinaio anch'essi accusati di un disegno insurrezionale.
1821 Re Carlo Alberto all'Elba In questo anno va rticordato l'arrivo di Re Carlo Alberto, allora principe di Carignano, che, a causa dei moti in Piemonte, si era allontanato da essa. Per ricordare il suo breve soggiorno fu data alla via del palazzo in cui soggiornò, il suo nome, ma ben presto tornò quello precedente di via del Carmine.
22 giugno 1832 Dispaccio dell'auditore vic. Angelo Fabbrini al governatore dell'Elba Gaetano Bertini ..... Risulta alla polizia che i capi della "comitiva" fossero il Manganaro di anni 35....esercente in Portoferraio di professione procuratore....,Il Sisco di anni 45 senza mestiere od indirizzo alcuno....Enrico Muraour, di anni 60 di professione fornaio, Giovanni Battista Moraour, di anni 36, agente consolare per la nazione francese e due fratelli Provenzali.....Si facevano anche i nomi di Cristino Damiani, tabaccaio, Jacopo Ciorino, maestro dei lavori delle RR.Saline, Giovanni Battista Bernardoni, contadino, Santi Mazzei, marinaio ed in fine Leopoldo Cei, venditore di liquori. Il gruppo sta ora fermo e pronto " per attendere il segnale della rivolta "......Si pretende che abbiano un buon numero di schioppi nascosti all'Acqua Bona, sotto la custodia dei noti fratelli Provenzali per servirsene alla circostanza.
1848 "La Predica del Venerdì Santo" Già da gennaio torna nelle carceri di Forte Stella l'avvocato Francesco Domenico Guerrazzi ed in questa occasione scrisse " La Predica del Venerdì Santo" per poi ottenere la libertà a fine marzo.
2 settembre 1849 Giuseppe Garibaldi sostò a Cavo ed una lapide ricorda questo avvenimento.
Fra il 1849 ed il 1859 Le prigioni dell'arcipelago toscano In questo periodo funzionarono " a pieno ritmo" le seguenti prigioni : a Portoferraio (Forte Falcone), a Pianosa, nell'isolotto di Palmaiola e quello di Montecristo.
Fine 1849 La caffetteria "Il giglio" in piazza d'Arme luogo di ritrovo dei "rivoluzionari" Il Governatore dell'Elba riferiva che, in particolare, il dott.Gandolfi e Gemelli, Ninetto Foresi, certo Strina detto Conte Mezzetta, Audifrè, Bellini e Lupi, padroni di bastimento, il maestro di scuola Angelo Foresi, Cesare Senna, il prete Cerboni, il dott. Papuccio, il custode di cancelleria Perini (pOi suicidatosi) e Gonfalonieri Mibelli " si riunivano in questo luogo ogni sera " osando cantare inni patriottici passandosi bollettini giunti da Livorno contro il Gran Ducato".
Fine 1849 Ideologie diverse unite dall'amor patrio è veramente particolare l'unità che si creò, in particolare a Portoferraio, fra personaggi con idee apparentemente antagoniste. Troviamo infatti repubblicani, socialisti, monarchico-costituzionali e pure anarchici. Particolarmente controllati dal Governo dell'Elba, troviamo lo speziale dell'ospedale militare Sg. Pazzaglia, l'architetto Arrighi, il caporale di Sanità Vincenzo Allori, l'orefice Ceccarelli detto "Baccalaretto", Domenico Papuccio, Giovanni Zelmi e Ferdinando Strina, tutti residenti a Portoferraio. Un gruppo di elbani, appoggiati da ribelli livornesi, eressero, per la seconda volta, l'Albero della Libertà simbolo della Rivoluzione francese ed alcuni di loro, avvisati da impiegati dell'ufficio governativo, fuggirono in Corsica per non essere arrestati. Si ricordano come partecipi dell'impresa Tito Battaglia, il dottor Domenico Papuccio, Giuseppe Foresi, Leopoldo Cei, Cristino Damiani, Vincenzo Allori, N. Bellini, il fornaio "Baccalaretto", Omero Corsi, Pasquale Capecchio, Angiolo e Vincenzo Foresi. Vennero invece arrestati Enea Pazzaglia, l'avv. Filippo Pellegrini ed il dott. Giovanni Damiani. Fu invece esentato dalla prigionia Don Alessandro, ma si avvertirono i suoi superiori della sua riprovevole condotta.. Non mancò una retata di arresti nel marcianese : il prete Domenico Sardi, Lorenzo Mannucci, Vincenzo Tagliaferro, Marco Bianchi ed Anselmo Tancredi mentre riesce a fuggire in continente il capoliverese Ferdinando Lacchini. Invece Giovanni Mibelli tenta di tornare dal suo esilio, ma appena scende dalla nave viene arrestato. Ulisse e Cesare Foresi con Cesare Audiffred sono costretti al domicilio coatto a Pianosa, ma in un secondo tempo trasferiti alla prigione di Forte Falcone. La preoccupazione del governo si indirizzò quindi verso chi portava da Genova, Civitavecchia e Corsica opuscoli e giornali clandestini. I sospettati furono ben 47, quasi tutti elbani e fra essi anche quattro sacerdoti : Don Fabio Cerboni e Don Giuseppe Damiani di Portoferraio, Don Alessandro Damiani di Rio Marina, Don Domenico Sardi di Marciana Marina.
Da un articolo de "Lo Zibaldino" di Aulo Gasparri del 12 agosto 1994
Gasparri racconta che nel 1984, nel cimitero della Misericordia di Portoferraio, scoprì, nascoste da folta vegetazione, molte antiche lapidi ed alcune di esse riguardavano proprio personaggi del periodo risorgimentale. Fra queste quelle del " volontario garibaldino" Conte Luigi Pullè, Francesco Damiani " soldato della Prima Guerra di Indipendenza d'Italia ",Edoardo Fazzini "tenente d'artiglieria, valoroso nelle patrie battaglia contro il brigantaggio", Pietro Carlini " regio impiegato che nel 1848 combattè per l'indipendenza d'Italia ", Aldebrando Audifred che " combattè per la Patria con Garibaldi nel 1866 ", Elbano Gasperi " con affetto dei cittadini all'eroe di Curtatone ". Vi trovò pure la tomba di Bartolomeo Pistelli, amico del Guerrazzi che fu imprigionato più volte a Portoferraio. C'è anche la tomba di Cristino Damiani anche lui ricordato per l'amicizia con il Guerrazzi.
Concludiamo la sintesi di questo lavoro trattando un argomento che i miei ex allievi lessero con grande stupore.
LA SCUOLA ALL'ELBA DAL 1822 ALL'UNITA' D'ITALIA
Partiamo dal 1822 per sottolineare l'importanza innovativa, per quel periodo, a livello metodologico di insegnamento del maestro Vincenzo Bigeschi. A quel tempo il clero controllava quasi completamente l'istruzione elementare che era poi l'unica esistente all'Elba. I maestri, a parte due laici, erano tutti sacerdoti. Fra questi però spicca la figura del maestro sopra indicato. Aveva, per la verità, solo otto allievi ( la maggioranza dei genitori trattenevano sovente i propri figli a casa per farli lavorare nei campi ), comunque egli pensò ad una struttura didattica ben congeniata. Nella Prima si insegnava " la retorica " che puntava soprattutto sulla conoscenza della lingua italiana a livello orale mentre nella Seconda si puntava di più sulla grammatica . Ricordiamo che gli otto allievi erano tutti maschi mentre solo le femmine di " buona famiglia " studiavano, ma sempre a casa e che per diventare maestro era sufficiente una prova molto formale e si controllava soprattutto la sua " moralità" . Precisiamo che un maestro, per la paga che prendeva, aveva bisogno di fare un secondo lavoro per sopravvivere. Arriva poi il maestro Angiolo Foresi con un nuovo metodo di istruzione chiamato " mutuo insegnamento " che consisteva nel fatto che Foresi utilizzava gli alunni più grandi ed abili per spiegare ai più piccoli i rudimenti della lettura e della scrittura sommando due aspetti positivi : superare la carenza di maestri ed instaurare un clima di mutuo soccorso e di solidarietà fra gli allievi. Inoltre aggiunse materie come la Matematica, la Storia e la Geografia riempiendo la scuola di ben 60 allievi appartenenti a tutte le classi sociali. I conterranei del " maestro Angiolino ", così veniva soprannominato, tiravano sovente fuori di tasca il denaro necessario per il materiale scolastico. Per premiare la sua solerzia la cittadinanza, nel 1829, raccolse spontaneamente 25 zecchini sempre per il buon funzionamento della scuola . Nel 1830 la Chiesa torna a prendere il sopravvento sui maestri laici. Verso il 1827 a Portoferraio esistevano solo tre scuole che poi si ridussero a due per " leggere, scrivere e bella grafia ". Ora erano i Comuni a finanziare i maestri che venivano mal pagati e che dovevano insegnare in edifici fatiscenti o addirittura i maestri accoglievano gli alunni nella propria casa. Solo nel 1837 tornò ad esistere una terza scuola ed ora i maestri nominati erano tre. Il primo maestro insegnava la lingua latina e la retorica, il secondo Grammatica italiana, Storia e Geografia mentre il terzo poneva le basi per saper leggere, scrivere e far di conto. Le ore di lezione passarono da quattro a cinque e fu introdotta, il giovedì, dalle 9 alle 12 una lezione di nautica. Per l'ammissione alla Prima elementare si richiedeva un attestato del Parroco che comprovasse i sei anni di età, un certificato medico di avvenuta vaccinazione vaiolosa ed un'obbligazione verbale dei genitori che si impegnavano a fornire ai figli carta, libri e mandarli a scuola vestiti in modo decoroso. Ricordiamo che allora la maggioranza dei bambini viveva lontano dagli edifici scolastici per cui non frequentavano alcun tipo di scuola. Nel 1862 vivevano in città 3.920 persone e 1.617 in campagna e ciò vuol dire che un terzo della popolazione non usufruiva di alcun insegnamento scolastico. Nel 1852 nascono le scuole private con 218 alunni guidati da maestri e 185 alunni guidati da maestre. Le maestre sopperivano all'istruzione delle femmine che nella scuola pubblica era inesistente. Solo le maestre potevano insegnare sia ai maschi che alle femmine. Tre scuole private erano situate presso la Salita dell'Ospedale, altre tre a Porta Terra, due in via della Fonderia ed altre due in Piazza Cavour. Allora, per ottenere il diploma di maestra, erano sufficienti 6 mesi di apprendistato presso una scuola. Per concludere arriviamo al 1873 quando da poco Roma è diventata capitale d'Italia. A Portoferraio le scuole esistenti erano :Scuola Comunale Tecnica con 16 alunni, Scuola Ginnasiale con un solo alunno ovviamente maschio, Scuola Elementare maschile con alunni 135 e tre maestri, Scuola Elementare femminile con 85 alunne e due maestre, Scuola Elementare comunale della campagna con 59 alunni ed un maestro, Scuola Elementare di campagna a Magazzini con 56 alunni e due maestri. Le scuole private a Portoferraio erano frequentate da 480 allievi con 11 maestri e 7 maestre.
Concludiamo in "bellezza" con le parole del Canonico Traditi sempre in data 1873
"E' da deplorarsi che esistano pure in città una scuola maschile della Setta Valdese ed una sempre Valdese per le femmine dove è vietato l'insegnamento delle Dottrine Cristiane che è pure trascurato nelle scuole private dirette da uomini".
Mi auguro che queste pagine abbiano attirato la vostra attenzione e vi rimando ad un lavoro svolto da altri miei allievi riguardo alla storia delle numerose edicole religiose presenti, al di fuori delle chiese, e dentro ai confini del comune di Portoferraio che, secondo me, hanno un loro fascino particolare.
Riccardo Osano